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Ester Gugliotta da Roccalumera, forte e tenace come Frida e la Sicilia

Classe 1994 cantante e attrice, segue il suo “filo di Arianna”: «L’arte, concentrato di amore e bellezza». In “Donne fuori dall’ombra” ha interpretato la grande Kahlo: «Esperienza esaltante»

«Non mi stancherò mai di tornare a Roccalumera, nella spiaggia di fronte casa, il luogo dove l’amore non è solo un’idea. Come dice Dorothy nel mago di Oz, “There is no place like home”». Ester Gugliotta, classe 1994, cantante, cantautrice e attrice, diplomata al laboratorio di arti sceniche di Massimiliano Bruno, ha brillato anche per aver impersonato Frida, l'artista che ha reso la sua vita e la sua opera un’icona della lotta coniugata al femminile.
Come nasce la tua passione per la musica e per la recitazione?
«In realtà tutto nasce molto tardi, durante gli ultimi anni di liceo quando già avevo altri piani per il futuro. Un professore di filosofia che teneva un laboratorio musicale pomeridiano mi aveva sentita cantare sottovoce e mi convinse a iscrivermi. Io, che tendevo a nascondere la mia voce così scura, anche per colpa dei commenti di mio fratello che non apprezzava per niente il mio timbro, a fine percorso mi trovai a dover cantare solista davanti a tutta la scuola. E un altro professore di latino e greco che teneva il laboratorio teatrale della scuola mi affidò prima il ruolo di Baccante e poi quello principale di Lisistrata. Recitare nel piccolo teatro greco di Palazzolo Acreide fu magico, come se tutta l'arte che abbiamo respirato nel corso dei millenni mi inondasse di energia. Da allora ho proseguito le strade della recitazione e della musica in maniera quasi slegata tra loro. Solo adesso iniziano a intrecciarsi e tutti gli amori che hanno sempre fatto parte della mia vita iniziano a danzare insieme».

Nell'ultimo anno hai lavorato come attrice con Massimiliano Vado in “Incendies” (dove hai cantato anche in arabo), con Alessandra Fallucchi in “Donne fuori dall'ombra” (dove hai interpretato Frida Kahlo e cantato in spagnolo) e con Maurizio Lops in “L'opera da 3 soldi” (cantando in tedesco e italiano). Cosa ti resta di queste esperienze?
«Lavorare con registi così diversi è sempre stimolante. C'è chi ha un'idea chiara della messinscena e chi, invece, si affida molto anche all'ispirazione del momento, alla sinergia con gli attori e alle proposte di quest'ultimi. Quello che mi porto dietro è in primis la capacità di adattamento che ho sviluppato, poi l'amore per il teatro che in tutti loro emerge con decisione, la voglia di sorprendere e il desiderio di non essere mai scontati. Mi porto dietro la passione e la fantasia. Due elementi importanti per la ricetta di un buon teatro».

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