Un viaggio al di là del tempo e dello spazio tra ricordi di famiglia e grazie ricevute, fede e devozione, curiosità e senso di appartenenza, scandito dai passi battuti sul selciato bagnato dall’acqua e dal sudore della fronte, mentre gli ultimi raggi di sole salutano il giorno di Ferragosto accarezzato da una piacevole brezza. Quante storie celate tra i volti e gli sguardi di chi, in mezzo a quelle corde, ha riscoperto la bellezza di sentirsi popolo in cammino condividendo con gli altri un tratto di strada faticosa ma bella. Il viaggio a ritroso fra i fotogrammi di vita di questa lunga giornata inizia pochi minuti dopo l’arrivo della Vara in piazza Duomo: una ragazza inginocchiata ai piedi del Crocifisso in Cattedrale, con le mani giunte e i piedi “segnati” dalla fatica; seduta accanto a lei la madre. Portano entrambe il nome di Maria per la grande devozione alla Madonna: «Sono cresciuta in mezzo a quelle corde, avevo 17 anni la prima volta che l’ho tirata» racconta, ricordando quando ancora bambina seguiva papà Francesco e il fratello Domenico. Custodito sotto la canotta bianca, appoggiato sul cuore, un gomitolo di corda ricevuta - come da rito - al termine della processione. «Ne vuoi un pezzo?», dice sorridendo la ragazza, mentre la madre mostra un filo di quella canapa avvolta al braccio sinistro: «Lo indosso sempre e quando si spezza ne avvolgo un altro!».
Poco distante da lì incontriamo Kajenthan, un 28enne indiano che, a Messina da tre anni dove vive e lavora. Quello con la Vara è un appuntamento fisso al quale gli è costato rinunciare a causa della pandemia. Il suo credo è induista ma «Dio è sempre uno», afferma sereno e sorridente: è per questo che, dopo aver ricevuto una grazia, ha deciso di «stare fra le corde» ed è «orgoglioso di indossare la divisa bianca con la fascia azzurra in vita» che ogni anno ripone fra i suoi oggetti più cari.
Tra le devozioni di famiglia c’è quella dei fratelli Giovanni con il figlio Luca, Cosimo e Grazia: a pochi minuti dal primo strappo il ricordo va a papà Cosimo - per 44 anni fra gli storici tiratori “lato mare” - scomparso nel 2019 dopo l’ultima Vara. «Siamo qui per lui» raccontano, mostrando commossi la foto stampata sulle magliette bianche e azzurre.
C’è anche chi, da piccolo frequentatore assieme ai nonni, è diventato tiratore con il desiderio di «conciliare fede e passione», proprio come Walter 32 anni. Il suo posto è sempre stato sotto il cippo lato mare; in un lembo della treccia bianca, rossa e azzurra che porta legata alla fronte, ha segnato - dal 2009 ad oggi - gli anni nei quali ha partecipato alla processione. Fra gli esordienti c’è Gaetano, coinvolto dal cognato Beniamino che è alla sua 21ma “tirata”: «Da bambino nonna mi portava con lei dietro la Vara e io le tenevo le scarpe» racconta, rivelando che «per lei andare a piedi scalzi è sempre stato il più grande segno di devozione». Per molti messinesi che vivono e lavorano all’estero quello del 15 agosto è un appuntamento irrinunciabile grazie al quale possono ricongiungersi ai familiari: Marilia e Giovanni sono giunti da Freising in Germania, assieme ai piccoli Salvatore e Paola, nata durante la pandemia, che per la prima volta assiste con occhi incantati alla festa messinese.
C’è poi chi, appassionato di tradizioni popolari e fotografia come i coniugi Sonia e Filippo, alle spiagge affollate di Falcone in provincia, ha preferito il Ferragosto in città. Tra i volti della festa, scorgiamo quelli gioiosi di un gruppo di novizie dell’ordine delle Ancelle Riparatrici originarie del Congo e della Costa D’Avorio: a fare da cicerone suor Enrichetta, anche lei congolese ma a Messina da alcuni anni. «Le tradizioni religiose africane sono diverse da queste, sebbene anche lì il culto e la devozione alla Madonna sia molto sentito».
A chiudere questa lunga carrellata, Elisa e Antonio: lei circa 20 anni fa era tra le piccole che sfilavano ai piedi della Vara, mentre lui per 5 anni è stato fra i tiratori; oggi, assieme alla piccola Sveva, vi partecipano da devoti, affidando alla Vergine la creatura che Elisa porta in grembo.
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