Messina devota a S. Antonio, migliaia di fedeli alla processione: una storia lunga 91 anni FOTO | VIDEO
Messina città ricca di storia e tradizione, fede e religiosità, ma soprattutto città antoniana: lo ha dimostrato l’imponente presenza dei fedeli messinesi, calabresi e pugliesi che ieri sera hanno reso omaggio a Sant’Antonio di Padova, uno dei più amati al mondo. Un “fiume” di gioia che ha pervaso tutti, grandi e piccini, i quali dopo due anni di attesa hanno accompagnato con grande commozione l’uscita del Carro trionfale di S. Antonio con il busto reliquiario, segno tangibile della devozione che lega Padova alla città dello Stretto in nome di una devozione che i padri rogazionisti hanno sempre mantenuto viva. «Il nostro S. Antonio torna a sfilare per le strade della città e noi siamo qui numerosi per rendergli omaggio, segno della speranza che si riaccende», ha detto il rettore della Basilica di S. Antonio padre Mario Magro dal palco allestito in via S. Cecilia; qui, assieme al segretario della Congregazione per le Chiese Orientali mons. Giorgio Demetrio Gallaro, amministratore apostolico di Piana degli Albanesi che ha presieduto la solenne celebrazione, ha pregato per la città e con la città. A “salutare” la statua del Santo dei miracoli - posto su un mappamondo allestito sul carro alto sette metri donato dopo il 1946 dalla Marina Militare, addobbato con i gigli bianchi, attorniato e scortato dai paggetti antoniani e dai bambini dell’istituto - le alunne e gli alunni dell’Istituto comprensivo Spirito Santo diretto da suor Annalisa De Cataldo, che hanno intonato l’inno “Salve, o Santo” accompagnati dalla docente Rosa Villari. «Che Messina torni a spiccare il volo dopo la sofferenza e i disagi causati dalla pandemia»: questo l’augurio che padre Magro ha voluto rivolgere al sindaco Federico Basile il quale, a pochissime ore dal suo insediamento, è venuto a rendere omaggio a S. Antonio, così come aveva auspicato qualche giorno fa: «È il mio primo atto ufficiale ma sono qui soprattutto da fedele, per condividere con i miei concittadini una devozione che sento particolarmente forte», ha dichiarato. Ieri sera dopo la processione, coordinata dal corpo di Polizia municipale e dalle forze dell’ordine, con la generosa collaborazione dei volontari della basilica e delle associazioni di Protezione civile coordinate dal Nucleo diocesano Caritas, si è svolta ieri sera anche la tradizionale Notte Bianca giunta alla sua nona edizione, una festa di popolo caratterizzata da colori e suoni particolarmente vivaci, che il rettore ha voluto come “segno tangibile di rinascita”: i fuochi d’artificio, l’accensione delle luminarie musicali in via S. Cecilia, la sfilata della banda “Amici della musica” di Larderia, la classica infiorata di mosaici artistici realizzati dai maestri dell’associazione Paradisea di Camaro Superiore, la performance in basilica della soprano Francesca Morabito accompagnata all’organo e al violino dai fratelli Nazzareno e Cettina De Benedetto, i trombettieri e gli artisti di strada. La manifestazione, che solitamente anticipava il giorno prima la processione del Carro, l’ultima domenica di giugno, si era già fermata nel 2018 per la morte dei fratellini Messina morti nel rogo della loro abitazione di via dei Mille; quell’anno il percorso della processione venne modificato per una sosta sotto casa dei piccoli Filippo e Raniero.
Una storia lunga 91 anni
28 giugno 1931 - 16 giugno 2022: una devozione popolare quella del Carro Trionfale lunga 91 anni, che coincide la fede a uno dei santi più amati al mondo, il miracoloso S. Antonio di Padova. La spettacolare struttura sulla quale viene posta la sua statua, ogni anno viene portata in processione la domenica successiva alla festa liturgica del 13 giugno. Grazie all’impegno e alla disponibilità di padre Mario Magro, da 3 anni presidente del Collegamento Nazionale dei Santuari e rettore della Basilica rogazionista da 13, la festa di S. Antonio è divenuta nel tempo uno dei più importanti momenti religiosi di Messina, che attrae non solo i devoti della città ma anche quelli provenienti dalla Sicilia, dalla vicina Calabria e da altre città del meridione. La prima “macchina votiva” ideata nel 1931 da Adolfo Romano e incoraggiata dall’allora arcivescovo Angelo Pajno, fu realizzata in occasione dei festeggiamenti per il settimo centenario della morte del Santo. Era una struttura in legno “trainata da sei buoi coperti di rosse gualdrappe e festosamente inghirlandati”, si legge nelle cronache redatte dai rogazionisti. “Da un artistico braciere si sprigionavano le fiamme, simbolo dell’ardente carità del Santo. La devozione del Pane era rappresentata da numerosi manipoli di grano sapientemente distribuiti e intrecciati peri i vari gradini del carro; sull’ultimo, i 12 orfanelli con i gigli in mano. Il carro, adorno di fiori, erbe, palme e bandiere, era illuminato da 150 lampadine pluricolori; in alto dominava l’angelica figura del santo sorridente col Bambinello in braccio”. 60mila persone parteciparono a quel corteo descritto come “onde di popolo fitte e brulicanti che si dilungavano a perdita d’occhio sulle vie immense”. Una tradizione che s’interruppe a causa della guerra fino al 1946, anno in cui venne realizzato il Carro donato dalla Marina Militare, che ancora oggi possiamo ammirare. La macchina viene sovrastata da un grande mappamondo abbellito da centinaia di fiori e attorniato da 15 bambini con la divisa da marinaretto, segno della predilezione del Santo per i piccoli. Si deve a S. Annibale Maria Di Francia la diffusione del culto a Sant’Antonio nel XX secolo, seconda solo a quella di Padova, dinanzi a un’oleografia venerata nel Quartiere Avignone. Un incontro straordinario, nato dopo la miracolosa guarigione dal colera del Canonico messinese, fondatore della Basilica Santuario e degli Orfanotrofi Antoniani. Fu padre Annibale a istituire alcune pratiche di devozione legate a S. Antonio come il Pane per gli Orfanelli (diffuso oggi in tutto il mondo), i tredici martedì, la festa della Sacra Lingua (il 15 febbraio) e la consacrazione dei bambini ai sacratissimi Cuori di Gesù e Maria per le mani di S. Antonio e dei Santi Angeli Custodi (il 15 agosto). Il 13 giugno 1907 fu portata in processione la prima statua donata dalla nobile romana Caterina Menghi Spada, benedetta dall’allora arcivescovo Letterio D’Arrigo Remondini, destinata alla chiesa dello Spirito Santo annessa all’Orfanotrofio femminile. A seguito delle alterne vicende legate al sisma del 1908, agli incendi degli anni successivi e alle varie ricostruzioni tra cui quella della chiesa baracca con l’Orfanotrofio maschile donata da Pio X e collocata nel Quartiere Avignone, il 12 settembre del 1910 la nobile romana fece dono di una seconda statua che fu poi collocata nel tempio attuale, edificato dal 1921 al 1926.