Nel logo una Trinacria. Nel nome e nella sostanza “Lo Stretto" che rivive e batte forte a Reinach, in Svizzera, grazie alla maestria di due giovani messinesi: Vincenzo Napolitano e Federica Tomasello. E, a pensarci bene, sembra che la loro unione affettiva e poi lavorativa fosse già scritta e studiata a tavolino. Come in un film in cui gli ingredienti magici sono le radici e l'amore spasmodico verso la propria terra. Mentre Cupido stava lì a guardare, dietro un angolo, con le sue magiche frecce, aspettando che i tempi fossero maturi. Ma bisogna procedere per gradi per capire il perché.
Gli esordi
«Avevo 22 anni quando feci la valigia – racconta Vincenzo – e devo dire che allora i racconti di chi aveva fatto un'esperienza fuori, in Germania o in Svizzera, mi avevano incuriosito e mi hanno dato la spinta. Per anni ho fatto tanta gavetta, lavorando prima come pizzaiolo, con una famiglia di Salerno che mi ha accolto benissimo nella zona Sud-Ovest della Germania e poi ho avuto la fortuna di lavorare nel 2015, quindi dopo sette anni da emigrato e varie esperienze, con il mio attuale socio Andrea Giovanni Orselli. Lui è nato e cresciuto in Svizzera e apprezzava molto quello che facevo e proponevo nel suo grande ristorante: non solo pizze, ma anche arancini e focaccia. Delizie che fanno venire l'acquolina in bocca e aguzzare anche idee imprenditoriali entusiasmanti perché un bel giorno mi propose di dare vita a un' oasi, una rosticceria - pizzeria, che richiamasse Messina. La mia città. Era il 2018». Vincenzo, però, aveva già un bagaglio importante che pesava come garanzia di qualità: suo papà Giovanni, infatti, per anni ha gestito un panificio, in via dei Mille e suo zio, Lillo Vinci, ha popolato le cronache per aver conquistato la medaglia d’argento al concorso “Miglior panettone del mondo 2020”.
L'incontro con Federica
«Posso dire che alla fine, nonostante gli anni all'Istituto alberghiero, ho imparato grazie alla vecchia scuola – continua Vincenzo – ma mio zio ha avuto un altro merito facendomi conoscere Federica, nel periodo della pandemia, che collaborava con lui. E praticamente le ho tolto una valida impiegata per regalarle una nipote, considerando che tra poco convoleremo a nozze. E sorrido pensando che tutto nacque perché persi un volo, come mi ricorda spesso ridendo la mia metà». E proprio Federica conteneva altri tesori immateriali, perché lei è la nipote di Lillo Pantaleo, un mito indiscusso e indimenticato per generazioni di "vecchi" mauroliciani che prima del fatidico suono della campanella riempivano lo zaino di prelibatezze dolciarie facendo spazio tra quaderni e i dizionari di greco e latino. «Sono cresciuta con la famiglia Vinci – precisa Federica – e con loro ho lavorato ben 4 anni. Ma nonno, scomparso da poco, ha lasciato una traccia indelebile. Di lui ricordo la grande umiltà del lavoro di artigiano e la voglia spasmodica di voler trasmettere le specialità enogastronomiche anche all'estero. E poi mi ha insegnato che dietro ogni prodotto realizzato vi è racchiuso tanto sacrificio».
La tradizione continua
Vincenzo e Federica adesso portano avanti la tradizione messinese e la fanno conoscere con orgoglio. E i complimenti sono sentiti e numerosi: «Ora siamo ben amalgamati – ripetono in coro – e insieme riusciamo a proporre sia il dolce che il salato. La granita che proponiamo con l'immancabile brioche con il “tuppo” all'inizio qui non sapevano nemmeno cosa fosse. Poi gli abbiamo spiegato che è ottima a colazione, ma anche come spezzafame. La gastronomia ovviamente spopola e ai nostri ospiti spieghiamo pure come si mangia l'arancino, ma la cosa che ci rende davvero orgogliosi è che si cerchi espressamente la birra dello Stretto». La coppia, tuttavia, non nasconde che gli manca terribilmente lo Stretto, ma entrambi con piglio deciso rimarcano che sono entusiasti di portare alto il nome di Messina: «Nella nostra città probabilmente non avremmo avuto le stesse possibilità e per questo siamo contenti di quello che stiamo portando con sacrifici avanti. Ma non ci fermiamo qui perché speriamo in futuro di far brillare ancora di più il nome “Lo Stretto”, inaugurando altri locali in Svizzera cominciando da Zurigo». Un sogno che per i ragazzi e soprattutto per Vincenzo, primo ad emigrare, diventa una necessità perché girando molto si è reso conto che pochissimi sono i messinesi che riescono a innestare la propria tradizione culinaria all'estero. Quella vera. Che ci rende fieri e orgogliosi.