«Non è detto che bisogna nascere o morire nello stesso posto. E se fossi nato a Roma piuttosto che a Messina avrei avuto la stessa volontà perché il mondo è grande e bisogna conoscerlo. E vi confido che molte delle mie esperienze le ho fatte con la mia amata panda, unica compagna di viaggio a cui ho dedicato una bellissima serenata». Da Messina alla sede tedesca dell'Esa di Darmstadt il passo della realizzazione è stato voluto per il quarantanovenne Giancarlo Alessi, ingegnere elettronico e messinese “buddace”, come lui stesso ama definirsi scherzando e riprendendo un appellativo che i messinesi conoscono bene e che non gli appartiene in verità considerando il suo background. E il professionista siciliano non voleva vivacchiare e accontentarsi di quello che sarebbe arrivato. «Ho studiato ingegneria elettronica a Messina, allora una facoltà nuova di zecca, – racconta – ma devo dire che sono stato sempre affascinato da luoghi e culture diverse e già giovanissimo sentivo che la mia città, che comunque amo, mi stava strettissima. Così dopo i canonici cinque anni ho conseguito un ulteriore titolo alla Budapest University of Technologies and Economics ma ancor prima devo dire che ho fatto davvero di tutto. L'Erasmus allora era davvero agli albori, ma nonostante ciò, riuscì a farlo, mettendo nel bagaglio anche altre esperienze estere andandomele proprio a cercare perché tantissima era la voglia di fare. Perfino la mia tesi mi portò a Monaco e quando chiamai la mia relatrice per raccontarglielo scoppiò anche lei in una fragorosa risata».
Curriculum al Cern
Giancarlo era un giovane deciso e dopo la laurea capì ancora di più che voleva lavorare in un ambiente internazionale che lo affascinasse dal punto di vista scientifico: «Inizialmente decisi, come consiglio di fare a tutti i ragazzi, di puntare in alto. E inviai il mio curriculum al Cern, all’Agenzia spaziale europea, e comunque ad istituti di ricerca blasonati a livello europeo. E ricordo ancora come se fosse ieri il momento in cui arrivò la chiamata da parte dell’Esa. Era settembre e mi trovavo a Rometta con gli amici di sempre. Inizialmente mi offrirono un progetto di ricerca di sei mesi, tra l'altro pagato davvero molto poco, ma non mi scoraggiai minimamente. E del resto ero felice perché la mia laurea alla fine era un punto di partenza e non di arrivo, ma alla fine di quello che io chiamo colloquio semestrale decisero di assumermi».
Il fascino delle antenne
Il nostro illustre concittadino lavora in un settore particolare, avendo a che fare con dispositivi giganteschi che servono per controllare le missioni all’interno del sistema solare: «Il mio è un lavoro – precisa – abbastanza affascinante per un ingegnere elettronico che ha studiato parecchia fisica e che ha scelto la facoltà di ingegneria per passione e non per necessità. La mia attività mi dà infatti l’opportunità di poter applicare buona parte degli studi, anche quelli più teorici, al contrario di buona parte dei miei colleghi che volenti o nolenti sono bloccati a programmare davanti a un computer. Mi occupo di antenne, nello specifico antenne di spazio profondo, che spesse volte si vedono in tv, utilizzate dall’Agenzia per supportare missioni quali Mars Express, o Rosetta, solo per menzionare quelle più note. Non bisogna pensare a queste antenne come alla parabola di casa, perchè in realtà si tratta di strutture enormi. Il diametro della sola parabola è di 35 metri e all’interno del corpo principale si trova ogni sorta di diavoleria tecnologica. Attualmente ne abbiamo 3, una in Australia, una in Spagna e infine una in Argentina, e una è in progettazione». Giancarlo Alessi vive ormai fuori dal 2005, ma in realtà ha la valigia sempre pronta. O forse è stata sempre in un cantuccio, a portata di mano. E fra le attività normali che non può fare annovera annaffiare le piante regolarmente o prendere un cane.
Il rifugio di Rometta
Rometta, invece, resta invece il rifugio del cuore dove torna ogni volta che vuole ricaricarsi tra salsedine, sole, mare e bellissimi tramonti. Ai giovani, invece, raccomanda di non accontentarsi: «Io mi sento fortunato – conclude – ma posso dire che a differenza dei miei colleghi ho sempre puntato in alto e ho cercato di capire come funzionasse la vita fuori da qui divertendomi anche davvero tanto. E per questo consiglio a tutti di fare un viaggio fuori anche per imparare una lingua. Perché questo arricchisce il curriculum più di altre esperienze. E poi, spesso, si possono aprire strade con incontri che possono cambiare un futuro professionale e non solo».