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I due cognati che han portato lo Stretto di Messina in Belgio

Santo e Giuseppe, dopo tanti sacrifici, sono titolari di un ristorante a La Louvière, denominato “Il Siciliano”

Il loro ristorante, “Il Siciliano”, a La Louvière, lo definiscono una finestra sul mare. E c'è in fondo molto dello Stretto di Messina con le sue ricchezze e le prelibatezze nell'impresa messa in piedi da Santo Mondello e da suo cognato Giuseppe De Francesco, figlio di Domenico, colui che, insieme ad altri, ha fatto la storia del Palio dei Rioni marinari. «La nostra, forse, è la storia di tanti – racconta Santo – e forse possiamo dire che ci siamo decisi troppo tardi a fare la valigia. Ma prima che il percorso mio e di mio cognato si unissero, ognuno ha riempito il proprio bagaglio con diverse esperienze.

Gli esordi a Messina

Io sono cresciuto in un quartiere popolare di Messina, ma mi sono sempre tenuto lontano da brutti giri. Dopo il diploma, sono partito militare nei corpi speciali dei paracadutisti e, appena tornato, ho cominciato ad appassionarmi al mondo della salumeria, voglioso di saperne sempre di più sulle composizione dei formaggi e su quali vini potessero accostarsi meglio. Una scuola necessaria che mi aveva permesso di aprire in pieno centro, a Messina, la salumeria "Déjà vu", un nome francese, un segno del destino a pensarci bene perché è una lingua che non masticavo ma che avrei ritrovato in futuro». Un' oasi di 26 mq che costarono a Santo tanti sacrifici e un oneroso impegno economico, in un periodo abbastanza ricco di cambiamenti, condiviso anche con colei che sarebbe diventata sua moglie, Raffaella, sua ex compagna di liceo: «Ho aperto con grande entusiasmo portando a Messina prodotti particolari come la birra belga, i formaggi francesi, e ancora la pata negra. Tutto sommato inizialmente le cose andavano bene e sono riuscito a coprire gran parte delle spese che ho sostenuto per aprire, ma poi la crisi ha preso il sopravvento e cominciai a pensare che dovevo dare una svolta alla stasi che si era creata». Il giovane Santo chiuse i battenti. Si armò di coraggio, salutò sua moglie e i suoi figli e partì nel 2013 con trecento euro in tasca, come gli italiani che emigravano settant'anni fa. Ad attenderlo c'era proprio suo cognato Giuseppe, che a Messina era stato responsabile di una catena di supermercati e che nel frattempo aveva trovato ospitalità in Belgio da un' altra messinese che a sua volta aveva chiuso la sua pizzeria cercando di trovare nuove opportunità in terra belga.

L'avventura in Belgio

«Io e mio cognato ci siamo ritrovati a lavorare nello stesso ristorante. Io in sala e lui in cucina – precisa – e devo dire che lui non aveva mai preso una padella in vita sua in mano o acceso un' affettatrice. Cominciò la sua gavetta nei tre mesi in cui io ancora ero a Messina: davvero dai lavori più semplici come lavare i piatti e pelare le patate. E alla fine restammo lì tre anni». Ad un certo punto però arrivò nei due compagni di avventura la voglia di fare qualcosa in più e dare un senso alla loro vita da emigrati. In verità cercavano sempre la possibilità di fare qualcosa di loro, dove potessero mettere a frutto le competenze ben diversificate: «Trovammo – ricorda – un locale fatiscente e cominciammo ad attivarci per dargli vita. Chiedemmo un prestito in banca che ci venne accordato, non come in Italia, in brevissimo tempo. Solo tre settimane. E molte cose le abbiamo fatte anche con le nostre forze ricevendo aiuto dal suocero di mio cognato che è muratore e ha prestato la sua manodopera. Furono mesi davvero durissimi perché nel frattempo non avevamo altre entrate e dovevamo affrontare solo spese». Santo e Giuseppe, inizialmente, forti del fatto che a pochissimi metri ci fosse una scuola, hanno iniziato la loro impresa imprenditoriale proponendo la “nostra” rosticceria. Ma non andò benissimo.

Dalla rosticceria al pesce

Così decisero di puntare su quello che chiamano “Suggestioni”, ovvero piatti del giorno che cambiano in base al pescato. La rosticceria è stata quasi abolita e si fa solo su comanda, e spopolano gamberi, polipetti pescespada e tranci di tonno. Ovvero, la differenza che fa il successo: «Abbiamo aperto l' 11 marzo del 2019 e un anno e due giorni dopo l' inaugurazione siamo stati costretti a chiudere a causa della pandemia. E quindi con mio cognato e le nostre famiglie abbiamo affrontato questa situazione, fortunatamente ricevendo dei sostegni. Ora abbiamo ripreso quasi a pieno ritmo e andiamo avanti sapendo che almeno qui stiamo costruendo qualcosa per noi e soprattutto per i nostri figli. E sia io che mio cognato ne abbiamo ben tre. Rispetto ai primi tempi non c' è paragone. E di sicuro la mia vita, prima che la mia famiglia mi raggiungesse, avvenimento felice del 2016, era semplicemente grigia, senza calore». I due cognati, insomma, hanno ritrovato la loro dimensione, si sentono realizzati, e Messina resta il luogo dei ricordi e delle vacanze. E ovviamente da incorniciare nelle mura del loro locale. «Tornare non rientra nei nostri progetti – concludono in coro i due soci – ma sicuramente dopo i tanti sacrifici fatti ci impegneremo a portare in Belgio il meglio della Sicilia. Una regione bellissima che ha una lunga storia e una grande tradizione culinaria».

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