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Messina, tutti uniti per la pace senza confini né recinti

La preghiera dei rappresentanti delle varie fedi e confessioni, presenti Chiesa cattolica e ortodossa, buddhisti e islamici

Ukutula è un’invocazione africana che esprime il senso della pace, un canto che si eleva dal cuore di Messina per dire no alla guerra, sì alla fratellanza universale. Radunati attorno a un bonsai di ulivo le comunità religiose della città, S. Egidio, la Piccola comunità Nuovi Orizzonti, l’Azione Cattolica diocesana, i gruppi delle etnie filippine, srilankesi, rumene, ucraine, greche e russe hanno si sono ritrovate domenica scorsa nella chiesa dei SS. Pietro e Paolo per testimoniare la volontà di essere “generatori di vita”, parlando del valore della pace secondo la propria cultura, il proprio credo attraverso un’antologia di parole e canti. Per srilankesi e islamici la pace è spirito di pazienza e segno della nobiltà del cuore – come hanno sottolineato Cristina e Dario Tomasello – ma anche di quel perdono che la Chiesa ortodossa ha celebrato nella liturgia della settimana. «Una provocazione – ha detto il parroco, padre Giovanni Amante – da parte di chi condanna guerre e violenza». Il prezzo più alto della guerra lo pagano i bambini che vedono infrangersi i loro sogni su un inspiegabile muro di violenza: «Ci sono cose da fare ogni giorno, avere sogni da sognare e orecchie per non sentire, ma anche cose da non fare mai né per mare né per terra, per esempio la guerra»; nei versi letti dalla piccola Marta, i sentimenti di pace dei volontari di S. Egidio. Fede e guerra sono un binomio impossibile per il popolo di Dio: Nino Mantineo si è fatto portavoce dell’appello della Piccola Comunità Nuovi Orizzonti ai messinesi, «perché chiedano ai presidenti delle Conferenze episcopali italiana ed europea e ai patriarchi di Mosca e Costantinopoli di fermare subito la guerra». Le giovani Sandu e Tharu hanno spiegato come anche le scritture buddhiste affermano che «l’odio non finirà con l’odio e nessuno va ferito con le parole; felicità e pace sono diritti comuni».
«Non riesco ad accettare che ancora oggi si possa parlare di guerra, dietro a quei numeri ci sono storie che si cancellano con bombe e fucili»: la voce rotta dal pianto di Caterina, della cappellania filippina, ha inneggiato alla diversità. «Siamo esseri umani davanti alla nostra fede, persone davanti alla legge che invocano il diritto alla vita», ha detto. Il presidente dell’Azione Cattolica diocesana Alberto Randazzo e la segretaria Caterina Donato hanno affidato il significato della pace – valore identificativo dell’associazione – alla voce di Giorgio La Pira, «da portare avanti con il cuore e con le mani legate ad altre mani». Non c’è azione che non possa nascere dal cuore dell’uomo, soprattutto la pace; la riflessione di mons. Giovanni Accolla ha amplificato il pensiero dei presenti, richiamando la grandezza di Dio al di là delle singole confessioni religiose: «No all’ipocrisia di Stato che ignora la dignità dell’uomo, favorendo corridoi di fuga e non d’incontro», ha detto l’arcivescovo, ricordando che elemosina, preghiera e digiuno sono l’espressione più eloquente di quella pace invocata da tutti. Al termine del momento di riflessione coordinato dal diacono Santino Tornesi, il direttore della Caritas diocesana padre Nino Basile ha ricordato le azioni concrete messe in campo da Caritas italiana, che sta promuovendo una raccolta fondi per le popolazioni ucraine. La presa in carico delle persone ospitate dalle famiglie potrà essere sostenuta anche dalle 247 comunità parrocchiali dell’Arcidiocesi.

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