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Antonio, il giramondo messinese dei mari. Un italiano nei team dell’Onu

Il prof. di Natale è un biologo che ha svolto gli studi e la parte iniziale dell’attività a Messina e adesso ricopre incarichi in ambito internazionale

«Sono un biologo marino e ho svolto i miei studi e la parte iniziale della mia attività a Messina. Ho vissuto molto all’estero ricoprendo molti incarichi in ambito internazionale». Antonio Di Natale, classe 1953, nato a Taormina, residente a Messina, domiciliato a Genova, è un vero giramondo. Anche se rivela che ancora ha tanto da vedere. E di recente l’Onu l’ha inserito nel nuovissimo UN Team of specialists on environmental, social and governance traceability of sustainable value chains in the circular economy, a Ginevra. E il nostro concittadino, è l'unico italiano che ha ricevuto la nomina diretta dall'Onu. Un orgoglio per la nostra terra.
Quanto è grande la sua soddisfazione e di cosa si occuperà?
«Questo incarico è arrivato improvvisamente e mi ha sorpreso. Abbiamo fatto da poco la prima riunione, sul contesto internazionale delle catene sostenibili con tracciabilità completa e blockchain. Il nostro gruppo definirà lo standard per ogni catena produttiva, che diverrà lo standard Onu di riferimento. Io mi occuperò di sostenibilità ambientale e, soprattutto, delle risorse di origine acquatica, dove ho una lunga esperienza».
Questo è il terzo incarico che ricopre in contemporanea all’Onu. In tutti e tre i casi, è l’unico italiano di nomina diretta. In cosa consistono gli altri due incarichi?
«Il primo incarico, nel 2017, è quello che mi dà la maggiore soddisfazione professionale, perché lavoro con colleghi di altissimo livello in gruppi multidisciplinari. L’Onu di New York mi ha nominato nel Pool of experts for the second and third cycle of the regular process for global reporting and assessment of the state of marine environment, including socioeconomic aspects. A marzo è stato pubblicato il World Ocean Assessment 2, presentato dal segretario generale Onu Antònio Guterres e io mi sono occupato di capitoli di sintesi, principalmente di “Scientific understanding of the ocean”. É un riferimento mondiale fondamentale sull’oceano, gli organismi che lo abitano e le comunità umane che ne usufruiscono. L’incarico è stato confermato sino al 2025. Il secondo incarico è più specifico. Dal 2017 sono inserito nel UN Sustainable fishery team of specialists a Ginevra. Insieme ai colleghi, abbiamo stabilito lo standard Onu per il trasferimento in tempo reale dei dati di pesca (denominato “un flux”), in fase di applicazione sperimentale in alcuni Paesi, che permetterà una gestione più sostenibile della pesca».
Che studi ha fatto a Messina? Ci torna spesso? Cosa l’ha spinta ad andare fuori?
I miei studi sono stati un po’ bizzarri: ho fatto l’Università a Messina con Scienze Politiche ad indirizzo internazionale. Poi ho capito che la mia vera passione era la biologia marina e, con una delibera del senato accademico promossa dal rettore Pugliatti, mi è stata eccezionalmente concessa la doppia iscrizione, cioè anche a Scienze Biologiche. Ho fatto anche il corso per biologi subacquei. Ho avuto la fortuna di avere fantastici maestri: il prof. Temistocle Martines, il prof. Arturo Bolognari, il prof. Sebastiano Genovese e il prof. Luigi Mojo. Ma sono stati tanti gli amici e colleghi che hanno contribuito alla mia formazione. Io mi sono sempre confrontato con i colleghi di altri Paesi ed è stato inevitabile andare in giro. Messina mi stava un po’ stretta, volevo avere orizzonti più ampi e fare esperienze diverse. Ma torno spesso, anche perché ci sono ancora mia madre e mio fratello, oltre che tanti cari amici».
Ha girato 62 Paesi. Che cosa le hanno lasciato le sue esperienze? Quanto è importante viaggiare?
«Sembrano tanti, ma sono pochi. La pandemia mi ha tarpato le ali, costringendomi a cancellare una grande quantità di trasferte. Viaggiare permette di conoscere altre culture, i tanti popoli che vivono nelle varie parti del nostro pianeta, i vari approcci alle difficoltà della vita, sia nelle aree più povere che in quelle più ricche. Ogni Paese mi ha dato qualcosa e spero di aver contribuito anch’io a portare qualcosa».
Quanto è importante la divulgazione scientifica oggi? Lei è anche un giornalista…
«La divulgazione scientifica è sempre stata importantissima, ma lo è ancor di più nei tempi attuali, dove la comunicazione è strabordante. Per questo è importante informarsi e cercare di avere una buona conoscenza delle varie tematiche, anche per tentare di discernere le informazioni attendibili da quelle false o manipolate. Nella testata internazionale di cui sono responsabile (Wastepaper-Cartastraccia) parliamo proprio dell’etica e della critica nel settore scientifico».
Cosa le hanno insegnato le varie culture che ha toccato con mano nel corso della sua carriera?
«É incredibile quanto ogni comunità ci insegni sempre qualcosa, indipendentemente dal suo cosiddetto “sviluppo”. Io ho imparato tantissimo da uomini e donne che vivevano in aree remote del pianeta. In quei posti si apprende ad essere sereni anche di fronte alle difficoltà, a trovare un bilanciamento tra il fatalismo e la resilienza attiva, ad apprezzare anche le piccole gioie, a trovare soluzioni istantanee a problemi reali complessi. Si apprende come le varie genti si rapportino con la natura e questo è particolarmente importante nelle comunità non urbanizzate, che conservano gli antichi e preziosi saperi. I vari popoli filtrano con le proprie filosofie gli eventi della vita, ognuno in modo diverso. Ma soprattutto si impara a vivere con gli altri».
Cosa le manca di Messina? La città dello Stretto potrebbe sfruttare meglio il proprio mare? E come?
«Messina e la Sicilia sono sempre con me, fanno parte del mio essere. Per questo torno sempre, da qualunque parte del mondo. Ho provato una rabbia profonda quando ho visto le recenti riprese subacquee dei fondali ricoperti da plastiche, rifiuti, scarti, relitti urbani; li ho comparati con le immagini degli anni ’70, che mostravano foreste di grandi Laminarie, pareti di idrocoralli, fondali bellissimi: che pena! Messina ha la biodiversità maggiore del Mediterraneo, dove il panorama dello Stretto è magnifico e sontuoso. I suoi cieli sono importantissime vie per l’avifauna migratrice. Le sue acque sono uno scrigno che racchiude veri e propri tesori biologici, ma sono anche autostrade subacquee nelle quali migrano pesci ed altri organismi. Ci sarebbe bisogno di far conoscere meglio ai visitatori i nostri tesori naturali e le antiche culture del mare. I sistemi ci sono. Ne ho parlato tante volte con molti amministratori, ma poi non si conclude nulla e tutto scorre tra gli scogli inesorabili del tempo».

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