«Dal campo alla cucina il passo è stato breve ma la passione è la stessa. Non lavori con i piedi ma con mani e testa e sai che nel tempo a disposizione devi correre e dare tutto». Ha inaugurato con entusiasmo e ottimismo – nonostante la depressione collettiva generata dalla pandemia –, da pochissimi giorni, il suo gastrobar “A fuego Lento”, a Valencia, convinto che bisogna tornare a riappropriarsi in maniera energica del verbo fare. La vita di Pierpaolo Ricciardo, classe 1994, contiene molte anime. E se a Messina lo ricordano tutti con un pallone in mano, in mezzo al campo, all'estero ha completamente stravolto la sua vita, avendo un solo obiettivo: provare a dare una scossa vera per essere padrone del proprio presente. E soprattutto del futuro. «Se penso al mio passato sorrido – ha raccontato Pierpaolo – perché mai avrei pensato di trovarmi dietro i fornelli. A Messina ho frequentato il Nautico, e a dire il vero ero il classico ragazzo che godeva della tavola apparecchiata e non sapevo fare neanche la pasta con il pomodoro. Sono andato via quasi sette anni fa perché ero convinto che la mia città non potesse offrirmi molto. All'estero, invece, si erano già trasferiti molti miei amici e i loro racconti mi hanno trascinato. E così un giorno ho fatto un biglietto di sola andata per Londra». Il benvenuto nella capitale inglese non è stato semplice, e il giovane ha iniziato dalla vera gavetta facendo il lavapiatti: «Ho cominciato in un periodo molto faticoso, sotto le festività natalizie, in un locale che faceva 300 coperti al giorno. Non nascondo che a volte lo scoramento prendeva il sopravvento e piangevo tornando a casa». Ma dopo due mesi qualcosa cambiò perché lo chef di quella cucina, Francesco Zanchetta, capì che questo ragazzo poteva ambire ad altro: «Era entusiasta di me e mi ha preso letteralmente sotto braccio. Mi ha messo alla preparazione dei dolci e degli antipasti insegnandomi tantissime cose. Così ho trascorso, con quello che considero davvero il mio primo mentore, un anno davvero proficuo. Ma poi ho deciso di spostarmi nuovamente per cercare il sole, e sono andato a lavorare a Tenerife, nelle Canarie, dove sono rimasto pochi mesi, ma ho “respirato” a pieni polmoni quelle giornate che avevano la capacità di stamparti un sorriso». Pierpaolo, però, ad un certo punto era tornato pure nella città dello Stretto per riprendere gli scarpini che aveva appeso al chiodo da molto tempo: «In quei mesi avevo firmato un contratto con la Messana. Non giocavo praticamente da due anni. Ho fatto una partita e poi sono ripartito subito per Londra, perché mi ero reso conto che la città mi calzava stretta». Il giovane così ha ripreso servizio proprio dove aveva fatto la prima esperienza . E ad accoglierlo a braccia aperte c'era il suo maestro Zanchetta che gli ha trovato una nuova mansione il giorno dopo del suo ritorno in Inghilterra. E in cucina si occupava di preparare pesce e carne alla brace: «Un altro anno è passato lì, dove tutto è iniziato, e ho capito che amavo davvero la cucina. Ma poi durante un periodo di ferie ho scoperto Valencia: ed è stato amore a prima vista». E la terza città più grande della Spagna, dopo Madrid e Barcellona, baciata da un clima eccezionale e che spicca per vitalità, per fermento culturale e storia da scoprire sembrava che si sposasse bene con la personalità del giovane Ricciardo che cercava perennemente il suo posto nel mondo. Con il passo audace, però, di chi avanza senza perdere tempo: «Sono venuto il 13 marzo in vacanza. Il 15 sono rientrato e il 25 aprile mi ero già trasferito. E da quel giorno sono passati 4 anni. Il primo periodo ho lavorato sodo in ristoranti prestigiosi, poi insieme ad una persona che conoscevo si è concretizzato il mio sogno». Il primo aprile l'apertura, una ventata di ottimismo per i clienti spagnoli e per chi ne segue le gesta da qui. E i sapori messinesi hanno fatto radici come si evince dal menù dove spicca il bocadillo, panino, con braciole messinesi, e il bocadillo de lomo con caponata siciliana: «Qui si usa molto la merenda di metà mattina, e le persone, per dirla alla messinese, spizzuliano qualcosa. Adesso propongo colazioni con ciambelle italiane e cornetti e poi ai loro panini particolari aggiungo il nostro stile e associo caponata, braciole, melanzane sott' olio, tonno fatto rigorosamente in casa e le alici marinate. Insomma ho unito due cucine e due culture e i complimenti non sono mancati». E in realtà i nonni, con le loro tradizioni hanno forgiato il giovane: «Sono cresciuto praticamente pestando l'uva e tutti i nonni, che sono spettacolari, hanno fatto la loro parte inculcandomi molti principi a cui da bambino non davo peso. Mi mandano le conserve e mi hanno spiegato i trucchi del mestiere per replicarle al meglio». Di Messina gli mancano gli amici del pallone e ai ragazzi dice che bisogna osare: «Chi non risica non rosica. Solo la fortuna non basta – conclude – perché bisogna mettere entusiasmo e sacrificio in qualsiasi cosa. Io adesso non mi sento pienamente soddisfatto perché mi sono posto altri obiettivi. Ma sono felice perché pian piano sto realizzando i miei desideri. E la mia famiglia è felice per me».