Messina

Venerdì 22 Novembre 2024

Messina, in Consiglio ennesimo stallo. De Luca si dimette, rinviata di nuovo l'elezione del presidente

 
 

Nuovo nulla di fatto in consiglio comunale per l’elezione del nuovo presidente del consiglio comunale. Come era prevedibile alla luce delle dimissioni di Cateno De Luca dal consiglio mancando un componente al plenum dell’aula la seduta è stata immediatamente sospesa i lavori sono stati posticipati al momento in cui potrà avvenire la surroga con l’ingresso in consiglio comunale di Salvatore Caruso. Mentre Alessandro De Leo anche lui candidato a Taormina, per il momento non si dimetterà (al suo posta, subentrerà Giuseppe Schepis).  Il regolamento prevede che la sostituzione debba avvenire entro cinque giorni dalla lettera di dimissioni del consigliere uscente. -------------------------- Un’Aula a caccia di equilibri... e di nomi. La votazione per il nuovo ufficio di presidenza si è dimostrata una palude, per la maggioranza. I consiglieri di Basile sono rimasti in linea di galleggiamento per un soffio, ma da ieri si può dire che quel gruppo, così forte solo qualche mese fa, non ha più il pieno controllo del Consiglio. Un appoggio che si è eroso molto velocemente. Molto più rapidamente di quanto non potesse dire il contesto di una elezione, quella del giugno scorso, in cui, insieme ai fedelissimi vennero eletti anche consiglieri senza un pieno percorso di condivisione dell’attività di Cateno De Luca. E ieri l’ex sindaco è andato a tanto così dalla clamorosa sconfitta. Sono la frammentazione dell’opposizione sul nome da “spingere” e la neutralità del partito democratico hanno evitato il capitombolo che era nei numeri.

De Luca lascia il Consiglio

Questa mattina Cateno De Luca ha confermato le sue intenzioni di dimettersi e ha presentato la lettera al sindaco al presidente del consiglio e alla segretaria generale alla quale ora spetterà nella seduta delle 11 dirimere anche la non semplice questione delle surroghe. Infatti al posto di Cateno De Luca dovrebbe entrare in consiglio Giuseppe Schepis ma è improbabile che questo possa avvenire già nella seduta di oggi che è dedicata esclusivamente alla elezione del presidente del consiglio. È concreto il rischio di uno slittamento del voto.

La lunga giornata di ieri

E allora, prima di ogni altra considerazione, facciamo la fotografia della giornata. La prima notizia è che in Aula c’era il tutto esaurito: 32 presenti su 32, compreso Maurizio Croce che mancava da parecchi mesi. Ogni voto poteva fare la differenza e nessuno voleva essere il capro espiatorio. Però per arrivare al plenum bisognava attendere la seconda “chiamata”, perché l’opposizione in blocco fa saltare il numero minimo in avvio di seduta: primo scricchiolio della maggioranza. Alla prima votazione servono 17 preferenze per eleggere il nuovo presidente del Consiglio. A guidare i lavori c’è Cateno De Luca, che si è dimesso dal ruolo, ma è il consigliere più votato e tocca a lui dare le carte. Si vota a scrutinio segreto. C’è tensione nell’aria, la si percepisce, durante la “chiama” della segretaria Rossana Carrubba. I consiglieri sono concentrati, anche gli inseparabili telefonini sono poggiati, silenziosi, sul banco. Al massimo, una frase al vicino, una battuta per stemperare il momento in un crocicchio dopo aver espresso il voto. L’esito è la conferma che la geografia d’aula è cambiata che il terremoto è arrivato. Il candidato della maggioranza Nello Pergolizzi raggiunge quota 15 voti. Quello dell’opposizione, Mirko Cantello, arriva a 14. Un voto nullo ( c’è chi ha scritto La Cava) e due voti per Antonella Russo del partito democratico. Nulla di fatto e tutto rinviato alla seconda votazione quando, però, non serve più la metà più uno dei componenti dell’Aula ma la convergenza della maggioranza dei presenti. A quel punto l’opposizione lascia il Consiglio e tutto viene rinviato a stamattina, alle 11, con quorum di presenze a 13 consiglieri e sempre maggioranza dei presenti per l’elezione. L’analisi dice che la maggioranza, 10 mesi fa poteva contare su 20 consiglieri, compresi i tre della Lega. Con l’arrivo di Buonocore dal centrosinistra e D’Angelo da Forza Italia, il massimo fulgore a quota 22. Poi le fuoriuscite in varie fasi di Oteri, D’Arrigo, Cantello hanno limato il vantaggio politico. Fino al “patatrac” di ieri. Il supporto della Lega è venuto meno e sembrano lontani i giorni delle serenate di De Luca sotto il balcone di Nino Germanà. Il tema Ponte li ha divisi perché «resto a favore – ha ribadito ieri De Luca – ma contestualmente vanno programmate anche altre opere che sviluppino tutto il Mezzogiorno». « Avevamo un accordo tecnico – dice Amalia Centofanti della Lega – e siamo stati leali. Adesso facciamo altri ragionamenti e non si torna indietro». Ma forse le defezioni che hanno fatto più male sono quelle di Emilia Rotondo e Giulia Restuccia, che hanno guadato il fiume ieri, senza lasciare formalmente il gruppo. Una scelta definitiva? «Non mettiamo limiti alla provvidenza politica» dice De Luca che, dopo il nulla di fatto, lancia strali, alla vecchia maniera. « È una caccia all’uomo – dice l’ex sindaco –. Tutto l’arco costituzionale si dovrà accordare per fare fuori me, in barba a cosa ha scelto la città 10 mesi fa. Ma io non cedo ai ricatti, non daremo posti nei cda o un assessorato per un voto. Non mi piegherò a chi è stato eletto, con qualche centinaio di voti, solo grazie al fatto che era nelle nostre liste». Il Pd, ago della bilancia, tentato dal poter dare, con i suoi due decisivi voti, una spallata a De Luca, ma con lo scrupolo di doverlo fare con il centrodestra tornato al gran completo. La presidenza a Calabrò o alla Russo, non è nei programmi del resto della compagnia. E allora è stallo, ma il coltello è in mano all’opposizione pronta a diventare, solo dieci mesi dopo, una pesante sconfitta, maggioranza d’Aula.  

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