Gli onori di casa li fa Elvira Amata, che per tutta la fase delle trattative interne al centrodestra messinese ha fatto l’equilibrista su una fune, prima di sciogliere ogni riserva sull’appoggio a Maurizio Croce. Il ruolo della star di giornata, però, se lo prende Ignazio La Russa, come al solito “focoso” quando c’è da lanciare messaggi. Fratelli d’Italia è stato l’ultimo partito, al tavolo del centrodestra, a dire sì alla candidatura di Croce, nelle stesse ore in cui la Lega, per mano Nino Germanà, sanciva la rottura con gli “alleati”, preparando il terreno al patto con Cateno De Luca e Federico Basile. Forse anche per questo il destino ci mette del suo e fa coincidere nello stesso giorno le prime uscite di FdI e Lega (per l’occasione Prima l’Italia) nella campagna elettorale messinese.
In mattinata, ai piedi della chiesa di Santa Caterina, al fianco di Croce ci sono la capogruppo all’Ars dei meloniani, Elvira Amata, la deputata nazionale Ella Bucalo, il responsabile nazionale organizzativo, Giovanni Donzelli, il sindaco di Catania e coordinatore per la Sicilia orientale, Salvo Pogliese («queste elezioni amministrative a Palermo e a Messina rivestono per FdI una valenza di primaria importanza», ha detto) e, appunto, Ignazio La Russa, vice presidente del Senato e, soprattutto, colui che in nome della Meloni ha giocato l’intera partita delle candidature in questa complessa tornata elettorale siciliana. Nella piazzetta, ad ascoltarli e ad applaudirli, si alternano candidati, sostentitori e vecchie conoscenze della politica messinese, dagli ex “duellanti” di An Peppino Buzzanca e Carmelo Briguglio al candidato sindaco del 2005, sconfitto al tempo da Francantonio Genovese (ironia della sorte) Luigi Ragno, fino all’ex assessore deluchiano Pippo Scattareggia, giusto per fare un paio di nomi.
Donzelli e La Russa non amano parlare “degli altri”, ma è anche e soprattutto “degli altri” che si parla in premessa, e cioè della Lega. «Andrebbe chiesto a chi ha spaccato il centrodestra perché lo ha fatto per appoggiare qualcuno che non è del centrodestra», dice il primo, specificando: «Salvini comunque parla di scelta locale». La Russa, dopo aver sottolineato che la figura di Croce è stata «individuata da Forza Italia» (anche se la genesi messinese, si sa, è stata più complessa e con altri sponsor principali), si accoda dicendo: «Non abbiamo capito perché la Lega non ha seguito il candidato scelto da Forza Italia». E aggiunge: «Noi su Nino Germanà non avevamo controindicazioni, credo che la Lega non abbia voluto Germanà e mi assumo la responsabilità di quello che dico». Quindi si lancia in qualche affondo sul quale non è difficile fare interpretazioni: «Maurizio Croce è un candidato vero, non un avatar. È lui il candidato, non dovete guardarlo in trasparenza per capire chi c’è davvero dietro. Ogni riferimento è puramente casuale…».
Quindi si torna sul più ampio scacchiere del centrodestra: «A Palermo – dice La Russa – c’è stata la possibilità di intervenire prima che si facesse una scelta irreversibile, noi per primi abbiamo invitato tutti ad andare su Lagalla, ritirando la nostra candidata. Lo stesso pensavamo avvenisse a Messina, così è stato parzialmente». Ma questo, si dice convinto il senatore meloniano, non inciderà sulle regionali: «Nello Musumeci è il presidente uscente ed è per noi naturale che un governatore, che ha lavorato molto bene e che, caso non troppo normale in Sicilia, non ha avuto neanche un avviso di garanzia e si ripresenta con una volontà di accrescere il rapporto di stima e solidarietà con i cittadini, abbia l’appoggio di tutti».
Elvira Amata prima («Messina ha bisogno di normalità, la nostra scelta non è stata immediata perché prima ascoltiamo il territorio») ed Ella Bucalo poi («dobbiamo invertire il declino sociale, economico e culturale») lanciano ancora Croce. Che svela: «Non avrei mai accettato la candidatura senza Fratelli d’Italia, era una pregiudiziale. E non avrei mai tradito Nello Musumeci, perché prima vengono i valori umani».
L'altro... momento elettorale
Poche ore (la mattina i meloniani, il pomeriggio i salviniani) e pochissimi metri, giusto due isolati, separano i momenti elettorali di Fratelli d’Italia e Lega-Prima l’Italia. Molto più ampia è la distanza politica, quantomeno a Messina (e forse non solo). Nel pomeriggio il Carroccio dello Stretto si ritrova nella sala dell’auditorium Monsignor Fasola ed è Nino Germanà il gran cerimoniere, dopo essere stato il protagonista della clamorosa frattura nel centrodestra messinese. Come spesso avviene in questi casi, fanno rumore le presenze (su tutte quelle di due dei big siciliani della Lega, tra gli ultimi arrivati, il ras delle preferenze Luca Sammartino e Valeria Sudano) quanto le assenze (dal segretario regionale Nino Minardo al capogruppo all’Ars Antonio Catalfamo), segno che le crepe tra i leghisti dell’Isola sono tutt’altro che sanate.
Oltre ai candidati al consiglio comunale (c’è anche un portabandiera di Vittorio Sgarbi), sul palco con Germanà c’è in primis la commissaria provinciale Daniela Bruno, che nei giorni “caldi” della crisi politica era stata defenestrata da Minardo e ora si prende la sua rivincita («Il nostro progetto è l’alternativa nel centrodestra»). E poi il senatore no Vax (ma lui ama definirsi «free Vax») Angelo Giorgianni, il segretario provinciale Matteo Francilia e, per un rapido saluto, il candidato sindaco Federico Basile, che ripete un mantra: «Dobbiamo vincere al primo turno». E sottolinea: «Noi avremo nove liste, non otto più una». E cioè: la Lega è organica al progetto di Sicilia Vera. Quantomeno in questa competizione: «Se appoggeremo De Luca alle Regionali? No, questo è un patto, un laboratorio per Messina», specifica Germanà, secondo cui non ci saranno conseguenze in autunno: «Abbiamo fatto diventare Prima l’Italia protagonista a Messina, a differenza di Palermo, dove la “fusione” era facile. Qui non si poteva digerire un candidato che non è di centrodestra, ma un candidato imposto da Picciolo e Genovese, al quale hanno aderito anche Forza Italia e Fratelli d’Italia».
Insomma, si intuisce subito che l’occasione è ghiotta, per Germanà, per togliere più di un sassolino dalla scarpa: «La Russa è un amico e dice la verità, la Lega non ha voluto la mia candidatura a sindaco. Ma voglio spiegare che la Lega per me ha un solo nome e un solo cognome, Matteo Salvini. Lui è con noi, il simbolo Prima l’Italia lo abbiamo noi, gli altri sono altra cosa, non li definisco Lega, li definisco personaggi squallidi che hanno utilizzato la Lega per il proprio tornaconto personale. E l’attaccamento al partito si è visto quando Prima l’Italia ha scelto di correre con Basile e loro hanno preso una strada diversa».
La forza di Germanà, in questi mesi, è venuta dall’appoggio di Matteo Salvini, più volte sbandierato. E ieri palesato, con un intervento in diretta, seppur a distanza, proiettato sul maxi-schermo: «Sicuramente ci vedremo a Messina prima del 12 giugno – dice il leader della Lega –. Messina e Sicilia sono terra di autonomia, impegno e orgoglio e quindi quando gli amici di Messina mi hanno parlato di quanto fatto dal sindaco uscente e di quanto vuol fare Federico Basile, in termini di pulizia, merito e trasparenza, mi sono convinto e ho detto: mi fido di voi. Sono orgoglioso di questa scelta di libertà. Messina è una terra stupenda, ma anche terra di potere. Non c’è bisogno di fare nomi e cognomi di chi può promettere assunzioni in cambio del voto. Noi non promettiamo nulla».
Caricamento commenti
Commenta la notizia