Sensuale, morbida, stilosa. E chissenefrega del mercato e di quello che si aspettano. Giorgia fa quello che una come lei con alle spalle una carriera come la sua dovrebbe fare arrivata a questo punto della vita: quello che le pare. Questo è l’ultimo album di inediti “Blu” e questo è il tour live che ha toccato Messina e il Teatro Vittorio Emanuele. E così quel «sei l’unica Giorgia che vogliamo...» gridato dalla platea (ma sono lontani i tempi del battibecco con la Meloni) diventa l’essenza e al contempo l’unicità di un’artista che canta e in...canta.
Perdersi per ritrovarsi, partire per ripartire. In un lungo viaggio, che la porterà in giro per tutta Italia, prima nei teatri lirici e poi nei palasport. Per raccontare che Giorgia è tornata, sette anni dopo l'ultimo album di inediti. Per ricordare e ribadire a tutti che Giorgia canta e poco importa che il tempo passi. Canta come nessuno in Italia. «Blu» è album che stupisce, non un capolavoro ma un lavoro onesto e di riscoperta. Big Fish è un drago in materia ed ha fatto un bel lavoro nella produzione dei beat con Giorgia che ci si è buttata dentro alla grande. E poi le collaborazioni musicali che vanno da Elisa a Francesca Michielin da Mahmood a Jake La Furia fino all’ogni presente Dardust e a Ghemon.
«Big Fish è un compagno di viaggio perfetto – ha raccontato Giorgia – e anche lui voleva fare qualcosa che non aveva mai fatto. Ora posso tenere presente quello che il pubblico di me ama ma aggiungere qualcosa che non conosce. L’ispirazione va agli anni Novanta e li abbiamo trasportati a ora. Ho lavorato anche sul canto». E l’impressione è che Giorgia più passi il tempo, meglio canti. Ci sono gli ammiccamenti contemporanei come nel caso di “Senza Confini” e quel ponte di emozioni che è “Meccaniche celesti”. E poi quando torna nella sua dimensione storica, come nel caso di “Se”, è sempre superba. La musica è cambiata, Giorgia si mette in gioco, cerca qualcosa di nuovo che non lasci indietro tutto di sé ma che non sia copia di quello che ha fatto. Se stessa con un suono contemporaneo. L'album e il live si arricchiscono di esperimenti senza dimenticare lei, la ragazza che si emozione per un accordo, che ama la melodia. La recita in teatro sublima vecchio e nuovo repertorio, asciugando alcune cose alla continua ricerca della pulizia del suono e della misura del tutto.
Ventiquattro brani da «Come saprei» a «Gocce di memoria», passando per «Di sole e d’azzurro» e «“Girasole”, che ho scritto proprio qui in Sicilia durante un viaggio d'amore». E ancora «Oronero», «Tu mi porti su», «Tradirefare», l’ultimo brano di Sanremo «Parole dette male» e «Un amore da favola». Quasi due ore di concerto per riabbracciare il suo pubblico e farsi coccolare anche da quel Colapesce di Renato Guttuso che domina la volta del Teatro Vittorio Emanuele e che la cantante romana più volte saluta: «Guardarlo da quaggiù è emozionante – dice poco prima della chiusura del concerto – Difendiamo la bellezza e la nostra cultura e voi siciliani di questa storia e di questa cultura ne avete tanta».
E nella musica italiana difendiamo Giorgia. Perché Giorgia canta, perché Giorgia non è una tra tanti.
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