Arriva un po’ trafelato scusandosi mille volte per un ritardo trascurabile, armeggia invano con Zoom («Non vi vedo, per me è la prima volta dal cellulare»), sorride e inanella battute come se fosse sul palco: Dario Brunori – in conferenza stampa “virtuale” con le testate siciliane dalla sua San Fili, una gigantografia della compagna Simona Marrazzo che campeggia alle sue spalle – sembra davvero carico per l’intrigante appuntamento di giovedì 4 agosto che lo vedrà suonare per la prima volta con la sua Brunori Sas al Teatro Antico di Taormina.
Una data compresa nel secondo leg del suo tour che ha concluso da poco più di un mese la parte indoor (rinviata più volte negli ultimi due anni) con una serie clamorosa di sold out nei più grandi palazzetti italiani. «Un tour liberatorio dopo un periodo terribile per il mondo dello spettacolo; nel dramma collettivo abbiamo vissuto anche il dramma personale dello stop ai concerti, tornare sul palco è stata una sorta di celebrazione del ritorno, anche se non completo, alla normalità. Gli eventi collettivi sono come una medicina ed è stato ancora più bello, quasi non fossimo mai scesi dal palco».
Finora, il tour ha confermato l’impressione destata sin dal primo ascolto dal tuo ultimo album, Cip!, uscito a gennaio 2020 e che sembrava in parte pensato proprio per essere eseguito live per ritmiche, produzione, cori, e in effetti i concerti nei palazzetti, anche a distanza di due anni, hanno mostrato un’energia straordinaria. Passando dai palasport alle arene o comunque a luoghi dall’atmosfera molto diversa come il Teatro Antico di Taormina, hai pensato di riproporre lo stesso concerto o di cambiare qualcosa, magari in acustico o con un’impostazione più intima?
«Stiamo cercando ovviamente di tenere conto dei diversi contesti, pur rimanendo in un’ottica di produzione e tecnica legata a un unico tour che va dai palazzetti alle arene, anche perché non c’è stato tempo di cambiare. In che direzione? Da una parte nella scelta della scaletta, abbiamo provato tantissime cose attingendo a vari dischi, con brani scelti in funzione sia dell’aspetto musicale che di quello testuale, poi sia nella prossima data di Tarvisio il 31 luglio che a Taormina porteremo un approccio più acustico anche se il concerto è comunque tutto “suonato”, appunto in acustico: ho la fortuna di avere un ensemble modulabile che infatti sarà molto similare ma non uguale a quello del tour indoor, oltre alla band storica ci sarà una sezione di fiati aggiuntiva con tromba e trombone. Si tratta di modulare l’attitudine e di fare delle scelte che sono più delle sfumature che altro. La cosa fondamentale è che modifico le battute, da un tour all’altro ho usato sempre le stesse riciclate per anni!».
Parlando della scaletta, il tour indoor era molto centrato su Cip! e in parte sul pluripremiato A casa tutto bene, tanto che nella data di Reggio hai suonato solo Come stai, Guardia ’82, Kurt Cobain e Arrivederci tristezza dai primi dischi. E mancavano brani che hanno avuto un peso nella tua ormai lunga carriera live, da Le quattro volte a Fra milioni di stelle ma anche Secondo me: a quale parte del tuo repertorio pensi di attingere? «Intanto quelle che hai nominato ci saranno, l’unica che non stiamo facendo è Fra milioni di stelle ma, visto che me la chiedi, la inseriamo così facciamo una scaletta strutturata insieme...».
Peraltro tu giochi sempre con il pubblico, facendo finta di arrabbiarti perché vogliono ascoltare le canzoni più vecchie quando invece si vede chiaramente che godi se te le chiedono…
«Certamente. Ho voluto, almeno nelle date nei palazzetti, riproporre tutto Cip! perché altrimenti quest’album non lo avremmo mai suonato per intero dal vivo. Per il tour estivo invece mi sono un po’ emancipato da questa esigenza e ho ripescato dal repertorio quelli che per me erano pezzi importanti. È fondamentale per me assecondare da una parte il pubblico perché mi piace, penso che tutti i musicisti stiano facendo dei tour “celebrativi”, in cui si predilige l’aspetto del far stare bene il pubblico, del cantare insieme, però mi interessa anche che ci siano dei pezzi che per me personalmente sono fondamentali».
L’artista cosentino si sofferma poi più in generale sul ruolo del cantautore nella società di oggi e di alcuni testi che oggi suonano sinistramente profetici come «Accidenti all’America, alla Francia, alla Germania, / Alla Russia, all’Ucraina / Accidenti a chi pensa / A far la guerra e a fare soldi / Dalla sera alla mattina» da Il giallo addosso, tratto dall’EP Cheap che è di fatto la sua ultima fatica (ma si favoleggia anche di un video di Lamezia Milano con Neri Marcorè terrorista nell’aeroporto calabrese, mai pubblicato perché nei giorni immediatamente precedenti all’uscita si verificò l’attentato all’aeroporto parigino di Orly):
«Profetico? Alcuni amici sono stati meno gentili... Io rispondo sempre che non era difficile su questa situazione, non aveva raggiunto questi toni drammatici ma si avvertiva che c’era una forte pressione nell’aria. L’EP mi riservo di portarlo in giro in un’altra occasione perché essendo stato molto rapido nella produzione ha avuto come virtù forse proprio quella di poter fotografare subito la situazione, avessi inserito quel brano in un disco normale sarei stato fuori tempo massimo, forse alla fine l’avrei tolto perché oggi la rapidità è fondamentale. Il ruolo del cantautore è sempre difficile, bisogna sforzarsi di raccontare o di anticipare una realtà molto complessa, quello del lungo lavoro sul testo è un cliché che oggi comporta qualche difficoltà in più anche se non penso che per uno come De Andrè sarebbe un problema... Il passaggio da “venerato maestro” a “solito str...”? farò di tutto per accelerare questo processo, ma devo tirare fuori il peggio di me perché il pubblico ancora mi venera (ride di gusto)».
C’è anche il tempo di parlare dei progetti futuri: un duetto con Samuele Bersani, che ha pubblicato su Instagram un bellissimo video sulla navetta di ritorno dal concerto di Brunori a Casalecchio?
«Me lo auguro, sono stato molto sorpreso conoscendo il suo pudore, è stato un atto istintivo che mi ha fatto un grande piacere. Ci siamo sentiti in privato e gli ho detto “Ormai dobbiamo farlo, anche se forse non è il caso per non mettere in difficoltà gli altri colleghi!”».
E anche un nuovo disco: sono passati tre anni dalla pubblicazione di Poveri cristi al Cammino di Santiago in taxi, altrettanti fra questo e A casa tutto bene, idem per Cip! E ci siamo quasi...
«Sì, io adotto in maniera del tutto casuale questa regola del tre che finora mi ha portato bene, evidentemente è il tempo di gestazione che mi serve tra un disco e l’altro ma questi tre anni sono stati un po’ particolari. Certo, non so se nello stesso lasso di tempo, ma mi piacerebbe raccontare con rapidità quanto è accaduto perché è stato così forte che mi sembra inevitabile. Sto cercando di capire la direzione musicale, la cosa buona è che mi sembra di avere una bella energia; questa fase di concerti, a parte l’affetto e la fiducia forse eccessiva delle persone, mi carica e mi stimola a fare bene, a dare peso a quello che faccio e a lavorare con un certo impegno».
Quindi non dobbiamo temere l’effetto Fiammetta (la figlia di Dario e Simona, nata a ottobre del 2021, ndr) sulla data di pubblicazione?
«Eh, ci potrebbe anche essere, spero che il tasso glicemico non superi i livelli di guardia!».
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