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"Storii", l’impegno... Civile di un'inedita Oriana: 13 ritratti della Sicilia più vera - VIDEO

Fissare la musica su nastro è come mettere al mondo, tracciare fisionomie immutabili, incidere segni indelebili. I dischi, poi, sono come i discorsi che nessuno fa più. Quelli diversi dai pezzi di mezzo infestanti e autoconcludenti. Quelli articolati, sistematici, organici.

“Storii (tra il serio e il faceto)” questo è. Il primo lavoro inedito di Oriana Civile (con la partecipazione del chitarrista Nino Milia) è un album di cartoline dal passato sfumate coi colori di una volta, di suoni come non si suonano più. Di parole vibranti e note narranti. Registrato in presa diretta, praticamente un live in studio senza tagli né sovraincisioni. Naturale, tra il minimo e l'essenziale, perché l’ascolto risulti vivo a casa come sul palco. Lo stile, l'esecuzione poi è una specie di operazione memoria ripresa dai nonni. Cosicché i siciliani ricordino che la loro è una musica impastata di malinconia e ironia, contaminata di sofferenza e semplicità.

Tredici brani, tredici racconti, tredici raccolti accompagnati dagli scatti del fotografo calabrese Raffaele Montepaone. Storie personali e collettive, individuali e universali. Paesaggi, leggende, denunce, provocazioni e strambi interrogativi. Uomini come Attilio Manca (la cui morte è uno dei misteri italiani legati a Cosa Nostra), Claudio (agente di scorta di Paolo Borsellino) e Luciano Traina. Donne com'è Lady Gaga, la pop-star americana originaria di Naso, come Oriana. Ed epiteti. “A 'ngiuria”. Quell’indagare le origini che per noi del Sud è aggettivo qualificativo, carta d'identità sociale, passaporto intercomunitario.

Concepimento, gestazione, parto. È nato prima il concerto poi il supporto…
«L'illuminazione arrivò di notte. Le tracce c'erano già, decisi di farlo. Il problema era… come lo pago? E lì l'altra luce. Il crowdfounding, il disco sulla fiducia. In una settimana ho superato il budget. Un’ondata di stima tutt’ora implacabile».

C'è un figlio prediletto tra le tracce del disco?
«Attilio e poi Claudio e Luciano. Dal vivo si crea un'atmosfera che richiede un enorme sforzo emotivo. Perché le loro sono storie che non si conoscono, o si conoscono poco, o si conoscono male. Raccontarli serve alla verità che si forma se s'informa».

“Attilio Manca” merita una sua “singola” vita?
«Attilio già l'ha avuta, il 19 luglio (per il trentennale della strage di via D’Amelio) uscirà il video di “Claudio e Luciano”. A settembre, invece, “U me ritratto” (testo di Pippo Mancuso) sarà il nuovo singolo. Ma il pallino è realizzare un cartone animato che dia risposta definitiva alla faida tutta regionale sul sesso dell’arancino-a».

E “Unni sini”?
«È il mio personale inno alla Solitudine, compagna inseparabile e fondamentale nel momento della creazione. Che si evolve in un autoerotismo nel quale lui (o lei) si identifica in una immaginaria presenza che lascia spazio ad una fantasia più reale del contatto».

Nel momento creativo pensi in siciliano?
«Sempre. Eppure il disco si chiude con un'apertura all'italiano. “Mi consolo piano e sola/Mentre penso sento e canto/Con la luna anche lei/Sola/Bianca”.

 

TRACCIA DOPO TRACCIA (Guida all’ascolto a cura di Oriana Civile)

01. U ME RITRATTU (testo di Pippo Mancuso - musica di Oriana Civile)

“U me ritrattu” mi descrive con le parole dell’Avvocato Pippo Mancuso. È l’unico brano del disco il cui testo non è scritto da me, ma mi racconta alla perfezione; io non sarei stata capace di descrivermi allo stesso modo. Il componimento è contenuto nella raccolta Malu Tempu - strofe strofacce aneddoti di Pippo Mancuso (Casa Costanza, 2018).

02. PUNTI DI VISTA - 14 LUGLIO 2017

Questo brano racconta l'arrivo dei migranti a Castell'Umberto il 14 luglio del 2017. Una piccola comunità sconvolta dall’arrivo di cinquanta ragazzini neri, accolti con le barricate dal sindaco e pochi suoi seguaci. Il paese, mai considerato prima dai media, è stato letteralmente invaso dalle telecamere; la RAI, Mediaset e persino la BBC hanno messo le tende a Castell’Umberto per settimane, intervistando passanti e abitanti pro e contro accoglienza. Un caso mediatico senza precedenti nelle nostre zone. A Castell’Umberto c’è il seminario vescovile. In questa occasione io mi sono chiesta: ma se queste persone, invece che essere etichettate come "migranti", fossero stati seminaristi? L'accoglienza sarebbe stata sicuramente diversa. Ecco l'importanza dei Punti di vista. Da questa esperienza è nato il Coordinamento Senza Frontiere, la più bella realtà di accoglienza che abbia mai vissuto. Perché, come diceva "qualcuno", se «dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior».

03. ‘A RISURVEMMU

Questo brano racconta l'arrivo dei migranti a Castell'Umberto il 14 luglio del 2017. Una piccola comunità sconvolta dall’arrivo di cinquanta ragazzini neri, accolti con le barricate dal sindaco e pochi suoi seguaci. Il paese, mai considerato prima dai media, è stato letteralmente invaso dalle telecamere; la RAI, Mediaset e persino la BBC hanno messo le tende a Castell’Umberto per settimane, intervistando passanti e abitanti pro e contro accoglienza. Un caso mediatico senza precedenti nelle nostre zone. A Castell’Umberto c’è il seminario vescovile. In questa occasione io mi sono chiesta: ma se queste persone, invece che essere etichettate come "migranti", fossero stati seminaristi? L'accoglienza sarebbe stata sicuramente diversa. Ecco l'importanza dei Punti di vista. Da questa esperienza è nato il Coordinamento Senza Frontiere, la più bella realtà di accoglienza che abbia mai vissuto. Perché, come diceva "qualcuno", se «dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior».

04. UNCIA E SDUNCIA

Qual è il sesso dell’arancin*? Un’annosa questione, questa, per la nostra terra. Io l'ho risolta così: perché mai eliminare l'uno o l'altra? Sarebbe bene che convivessero e che magari lo facessero in pace, anzi in amore. La tradizione va mantenuta anche attraverso la lingua, certe volte, e questa è una di quelle. Dalle mie parti l'arancino è maschio; lo è sempre stato. Se a mio nonno parlavi di "arancine", lui restava dubbioso di fronte a qualcosa che non conosceva. Lo stesso vale per Palermo e i palermitani; lì l'arancina è femmina e così deve continuare ad essere. Le motivazioni possono essere (e sono) svariate; proprio per questo è giusto mantenere e preservare ognuno le proprie tradizioni, senza cercare di eliminare quelle degli altri. D'altronde la diversità è ricchezza da sempre.

05. LADY GAGA NUN NNI CACA

Stefani Joanne Angelina Germanotta, in arte Lady Gaga, la più importante pop-star contemporanea del mondo, è originaria di Naso, il mio paese, in provincia di Messina. Il suo bisnonno Antonino è partito da lì, con la valigia di cartone, alla volta delle Americhe nei primi decenni del 1900, come milioni di altri siciliani. Da allora non è più tornato, ma la famiglia che si è costruito ha sempre avuto un forte legame con la terra di origine e anche Stefania Angelina rivendica spesso e volentieri le sue origini siciliane, nei suoi concerti e nelle sue interviste. Nel suo ristorante nel cuore New York, il padre di Lady Gaga, Joseph, ha appeso ai muri vecchie foto di famiglia in cui Naso è protagonista come le polpette al sugo lo sono sulla tavola. Peccato che Lady Gaga non sia mai venuta a trovarci. Peccato che si dica da anni di volerle dare la cittadinanza onoraria, ma non si sia mai fatto. Peccato che, se Lady Gaga venisse a Naso, non avremmo le risorse per riceverla come si deve. Peccato che le risorse che abbiamo spesso le lasciamo abbandonate a loro stesse, nonostante siano davvero importanti e di notevole interesse storico-artistico-culturale. Da qui il mio invito a curarci del Bello (cose e persone) e di trattarlo come merita. Solo così saremo un paese all'altezza di una diva.

Ma questo non vale solo per Naso; questo vale per tutti i paesini dell'entroterra siciliano che fanno fatica a creare circoli virtuosi di crescita e, piuttosto che puntare sulle proprie risorse, si lasciano andare all'incuria e all'abbandono, non credendo realmente nelle proprie potenzialità e, spesso, anche mettendo i bastoni tra le ruote a chi vuole e tenta di risollevare le loro sorti con tutta la sua buona volontà. La buona volontà però prima o poi finisce, se non è sostenuta dalla comunità e dalle istituzioni. Inutile andare a cercar lontano, se non vediamo quello che abbiamo sotto gli occhi.

06. SABBATURANI ANNACA-PUCCEDDI

In Sicilia, fino a pochissimo tempo fa, esisteva l'usanza di appioppare soprannomi (le cosiddette inciurie) alle singole persone o a intere famiglie, anche per distinguerle le une dalle altre, esistendo una forte omonimia tra i componenti della comunità. Nei Nebrodi (ma girando per la Sicilia mi sono accorta che è una pratica diffusa in tutta l'isola) i soprannomi vengono affibbiati anche a tutti gli abitanti di interi paesi che vengono definiti in un determinato modo a causa di fatti (secondo la credenza popolare realmente accaduti) che ne hanno stabilito l'identità. A San Salvatore di Fitalia gli abitanti vengono chiamati Annaca-pucceddi, cioè Culla-maiali. Il perché lo racconto nella canzone. Da questo racconto emerge forte l'acume del popolo, che fa fronte comune per risolvere problemi importanti.

07. GALATISI ZZAPULÌA-SARDEDDI

Galati Mamertino è un bel paesino di montagna, dedito all'agricoltura e alla pastorizia. Fino a qualche decennio fa, i collegamenti con la costa erano infrequenti, oltre che difficili. La dieta dei galatesi, quindi, ha conosciuto il pesce solo quando il primo pescivendolo si è avventurato fino al paese. Questa storia è simbolo dell'ingenuità del popolo che, legando la propria sopravvivenza alla terra e alla sua coltivazione, si convince che può piantare qualsiasi cosa, per evitare di spendere i soldi che non ha; anche i pesci, invece di comprarli dall'ambulante. L’abbanniata iniziale è di Maurizio Monzù, figlio di Nicola, il pescivendolo che per quasi 40 anni mi ha svegliato col suo canto imbonitore che il figlio replica alla perfezione. Sarà un'emozione fortissima per tante persone ritrovarla qui. In tanti volevamo bene a Nicola e risentire la "sua" voce riporterà, alla memoria di tanti, tanti bei ricordi.

08. FICARRISI 'NFURNA-CANNILI

Anche questo soprannome l'ho scoperto da un modo di dire che usava mia nonna: "Chistu sì chi è veru Diu! Pisciò 'nto furnu e si nni ìu!" (Questo sì che è vero Dio! Ha pisciato nel forno ed è scappato!). Mia nonna lo riferiva ad una persona che si credeva tanto intelligente, ma in realtà era una mezza calzetta. La stessa storia esiste anche nel paese di Ucria dove, invece della cera, per costruire il Bambin Gesù viene utilizzata la neve.

09. ATTILIO MANCA - LAMENTU PI LA MORTI DI ATTILIO MANCA

Il 12 febbraio del 2004 il giovane urologo siciliano venne ritrovato cadavere nel suo appartamento a Viterbo. Il corpo presentava evidenti segni di colluttazione mentre dal naso era uscita una considerevole quantità di sangue. Da quella scena straziante iniziò uno dei casi di cronaca più sconcertanti della storia della nostra Repubblica reso ancor più sinistro dalle innumerevoli menzogne raccontate dal potere. Dipinto come un tossicomane morto suicida per un’overdose causata da un mix di droga e farmaci autoinoculati, Attilio fu oggetto di scherno e di derisione in primis da coloro che avrebbero dovuto ricercare la verità. E i due buchi nel braccio sbagliato, lui che era un mancino? Quisquilie. L’assenza delle sue impronte dalle due siringhe ritrovate con tanto di cappuccio salva-ago inserito? Dettagli insignificanti. Il suo computer? Sparito. Il suo appartamento? Quasi completamente pulito a lucido da impronte. E poi ancora, non c'è spiegazione alla "sparizione" di una telefonata di Attilio dei mesi gennaio-febbraio 2004 giunta ai genitori qualche giorno prima della morte e poi c'è quell'inquietante "coincidenza" dell'operazione alla prostata di Bernardo Provenzano a Marsiglia negli stessi giorni in cui Attilio si spostò in Francia "per lavoro”. Altra "coincidenza” è quella del mafioso Francesco Pastoia che morì suicida in carcere il 28 gennaio 2005 dopo essere stato intercettato mentre parlava di un urologo che avrebbe visitato Provenzano nel suo rifugio da latitante in convalescenza. La morte di Attilio Manca è quindi avvolta dalla stessa coltre nera che ha permesso la latitanza di Bernardo Provenzano. E tante altre sono le ombre sulla scena del caso Manca, ma una più di tutte è la più sinistra, quella dello Stato. Proprio di questi giorni la notizia delle sconcertanti intercettazioni che potrebbero riaprire il caso e riaccendere la speranza di avere giustizia per Attilio.

10. CLAUDIO E LUCIANO

Claudio e Luciano Traina sono due fratelli. Nel 1992 Claudio è stato trasferito a Palermo da poco tempo ed è agente di scorta di un leader di un'associazione antiracket, Costantino Garraffa, che nei fine settimana non è quasi mai in città e perciò Claudio il sabato e la domenica viene utilizzato come jolly a disposizione di chi serve. Il 17 luglio, venerdì, chiama suo fratello Luciano col quale condivide la passione della pesca e lo invita ad andare a pescare la domenica successiva, il 19 luglio. Partono di buon ora, ma intorno alle 9 Claudio dice al fratello che alle 14 deve rientrare in servizio, deve fare una scorta. Luciano si risente un po’ perché uscire per tre ore in barca "non ne vale la pena", ma Claudio risponde che voleva stare un po’ con lui da solo in mare. Prima di andarsene, gli dice: “Mi raccomando, stasera riunisci la famiglia, ci vediamo tutti a casa di mamma”. Claudio quel giorno sostituiva un agente della scorta del Dottore Paolo Borsellino. Muore a 26 anni in Via d'Amelio dilaniato dal tritolo. Luciano è un agente della sezione catturandi della Squadra Mobile di Palermo. Anche lui poliziotto, anzi è il tipo di poliziotto a cui suo fratello Claudio, di tanti anni più piccolo, si è sempre ispirato, anche se fanno lavori diversi. Luciano il 20 maggio 1996 è nella squadra che ha catturato Giovanni Brusca. Entra per primo nel covo del latitante dopo due giorni di appostamento senza neanche mangiare. Il giorno dopo della cattura viene chiamato dal Questore di Palermo e mandato in Sardegna, per motivi di sicurezza; pende una taglia sulla sua testa. Col senno del poi, Luciano ricostruisce tutto e realizza che il Questore di allora, Arnaldo La Barbera (che è stato addirittura promosso per aver messo in atto depistaggi e insabbiamenti su Via d'Amelio) lo manda in Sardegna, non per proteggerlo, ma per punizione. In vacanza prima, in pensionamento anticipato dopo. Le "menti raffinatissime" di cui parlava Falcone avevano voluto mandare Luciano Traina a catturare Giovanni Brusca, pensando che il poliziotto, trovandosi davanti a uno dei responsabili della morte di suo fratello, lo avrebbe ucciso per vendetta. Brusca doveva morire per evitare che diventasse collaboratore di giustizia; avrebbe avuto troppe cose da dire, troppi insospettabili da coinvolgere. Ma Luciano è un uomo per bene, è un poliziotto, e così "si limita" a fare il suo dovere, a catturare un latitante, un uomo seminudo e disarmato che gli fa persino schifo quando lo vede in quelle condizioni. Per questo motivo, per aver fatto il suo dovere, abbiamo perso un valoroso servitore dello Stato, mentre un traditore dello stesso Stato veniva promosso fino ad ottenere persino la decorazione di commendatore dell’Ordine al merito della Repubblica italiana. Luciano adesso continua a portare avanti la memoria di Via d'Amelio e continua a raccontare la sua storia a tanti ragazzi che lo stanno a sentire con le lacrime agli occhi; spiega loro cosa significa stare dalla parte giusta, parla di giustizia e del valore delle Istituzioni, anche se, confessa, a volte gli sembra di prenderli in giro. "Io ci credo poco - dice - ma loro devono crederci".

11. 'NA NUCI

Per questo brano ho preso spunto da una vicenda realmente accaduta ai miei nonni. A tutti capita di dover fare qualcosa, ma dimenticarsene per i troppi pensieri o le troppe cose da fare o per semplice sbadataggine. Così la convivenza, in qualche modo, ne risente.

12. U BOI E U SCICCAREDDU

Un classico: il bue che dice cornuto all'asino. Una storia antica come il cucco! Una prevaricazione talmente evidente che non smetterà mai di esistere perché non smetteranno mai di esistere la prepotenza del più "forte" sul più debole, l'arroganza, il pregiudizio e il silenzio complice e colpevole di chi dovrebbe far notare al bue che le corna è lui a portarle sulla testa. D'altronde chi lavora umilmente, con rispetto e dignità, commu 'nu sceccu, da sempre è soggetto ai soprusi di chi si crede superiore, e per sempre lo sarà. L'importante è essere consapevole del proprio valore e del proprio operato. Tanto, prima o poi, al bue pruderanno; sentirà il bisogno di grattarsi e allora, raspannusi i corna, scoprirà di averle! U boi chi cci dici curnutu ô sceccu è un paradosso destinato a ripetersi fino alla fine del mondo!!!

13. UNNI SINI

È il mio personale inno alla Solitudine, compagna inseparabile e fondamentale nella mia vita soprattutto nel momento della creazione. Nello sviluppo del brano questa solitudine si evolve in un atto di autoerotismo, in cui lui (o lei) si identifica in una immaginaria presenza che lascia spazio alla fantasia erotica più di quanto farebbe un reale contatto.

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