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La poesia s’immerge negli abissi dell’anima: la “Punta” di Alessandro Tumino

Capo Peloro, lì dove sorge “la Punta” dell’isola, ha fatto da sfondo alla presentazione - inserita nell’ambito dell’Horcynus Festival - della silloge di Alessandro Tumino, che porta proprio il titolo de “La Punta”, omaggio a questo luogo mitico ed evocativo, oggetto e soggetto di alcune liriche che Tumino - da circa un trentennio giornalista della “Gazzetta”- ha elaborato in questi anni difficili, scanditi da ferite personali e vibranti ricerche interiori.
Un libro segno di una sensibilità particolare, di un’oscillazione di sentimenti, ricco di pluralità e contraddizioni, come ha osservato nel suo saluto introduttivo Gaetano Giunta, organizzatore dell’Horcynus Festival. Una raccolta che mostra una profonda «domanda di senso», come ha evidenziato la giornalista Milena Romeo - che ha coordinato la serata - una ricerca che Tumino espone nel suo effluvio di scrittura lirica, scandito tra malinconia e stupore, capace anche di «risvegliare le voci dello Stretto», quel mare che il giornalista-poeta ha già esaminato in un suo racconto su Colapesce e in un video artistico dedicato alla zona falcata.
Giuseppe Amoroso nella prefazione del libro parla non a caso di «spezzature verticali» tra «suoni e riflessioni», di uno slancio letterario alto e «autentico», imbevuto di ricerca spirituale e di «memoria del dolore». Quasi una preghiera lirica, come rileva Melo Freni, che ha inviato una sua nota critica, in cui si sofferma sullo scavo interiore che Tumino è riuscito a elaborare, passo passo, con tenacia e sensibilità rara. L’artista Piero Serboli ha curato la vivida copertina.
Una poesia sempre ricca di «illuminazioni», ha osservato Lucio D’Amico, capocronista della “Gazzetta”, che ha analizzato alcuni aspetti della silloge, dialogando con il collega-poeta: i versi di Tumino sono carichi di un’esperienza di amore per i luoghi, per l’amato Stretto e per i suoi miti, ma anche di sguardi imbevuti di dolore personale e familiare, di chi mostra di essere «un cronista dell’anima e un poeta della cronaca».

«La Punta – ha osservato D’Amico – è un libro che sorprende, di rara spiritualità, che fa percepire il “respiro di Dio sul mondo” e una ricerca di speranza autentica». Tumino ha presentato la sua opera poetica in modo innovativo, accostando con umiltà alcune sue liriche, per corrispondenze tematiche, a capolavori della poesia mondiale. Dapprima in merito al tema della morte ha letto una celebre poesia di Borges dedicata ad una veglia funebre, e quindi ha letto la sua intensa “La Fune” dedicata al padre; poi ha proposto con la sua voce “la svolta” opera simbolo della ricerca interiore di Rilke ed ha fatto seguire ad essa la lettura della sua “la punta” che ruota intorno alla ricerca interiore di Tumino nei luoghi messinesi dell’anima da lui prediletti.
Infine il poeta si è appassionato nel leggere la poesia finale del quarto quartetto di Eliot incentrata sul binomio fine-inizio, offrendo di seguito due poesie mistiche focalizzate sull’idea della resurrezione e del contatto con Dio: “Lazzaro, Caravaggio” scritta di getto dopo una visita al Museo, ed Ulisse, in cui la visione della morte diventa apice di fede cristiana e richiamo mitico.

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