A Messina dal gennaio del 1898, chiamato ad insegnare Letteratura Latina all’Università, Giovanni Pascoli amava passeggiare, lungo lo Stretto dove “Il bel monte Peloro verde di limoni e glauco di fichidindia e l’Aspromonte che, agli occasi, si colora d’inesprimibili tinte”, o alla Palazzata, con colleghi e l’adorato cane Gulì . Una foto emblematica di questi momenti di diletto del poeta è quella che lo ritrae a Maregrosso con due amici.
Ecco a sinistra il professore Pascoli , al centro il suo allievo siciliano Giuseppe Sala Contarini e a destra Gian Francesco Sammarco. Si tratta di figure di rilievo che operarono a Messina in quegli anni. Di Sala Contarini ( Girgenti 1876-1942 ), è stato pubblicato il volume “Caro Agente” (tra Giovanni Pascoli e Giuseppe Sala Contarini) Matilde Dillon, Book Chapters/Essays , sul carteggio con il maestro ( 1900-1912) del fondo acquistato dal Comune di San Mauro e conservato nella Biblioteca di Casa Pascoli. Gian Francesco Sammarco invece era uno studioso calabrese, nato a Varapodio in Aspromonte il 7 ottobre 1876, si laureò in Lettere nel 1902 a Messina dove ebbe come maestro Pascoli che frequenterà insieme al fratello Raffaele.
Di questo rapporto con il poeta risaliamo grazie alla presenza di un carteggio, in parte nell’Archivio di Casa Pascoli e in parte nell’archivio della famiglia Sammarco, con lettere e cartoline scritte tra il 1900 e il 1911, di cui ci dà notizia il nipote Roberto Sammarco. Il professore, che lo chiamava confidenzialmente Ciccilluzzo, Ciccillo o Franz , in una cartolina chiede al suo allievo di mandargli un rigo con sue notizie e gli si rivolge chiamandolo familiarmente “Franz” a cui dedica questi versi: “Caro Ciccillo, vuole dunque una poesia? Ma oggi non c’è sole ed ella , o caro, vuole oggi una poesia? Eccola e così sia”. Sammarco ebbe rapporti epistolari con illustri studiosi come Concetto Marchesi e Manara Valgimigli, era autore di versi, come quelli scritti con lo pseudonimo di Hierros e dedicati alla Batteria Masotto su musica del maestro Rocco Trimarchi, cantati al Teatro Vittorio Emanuele il 24 febbraio 1897 dalla cantante Gina Spagna nell’intermezzo della Bohème. Fu Cavaliere della Corona d’Italia e a Messina insegnò dal 1912 al 1915 come “Ordinario del 2° ordine di ruolo” nel Regio Ginnasio Superiore.
Nel 1956 diede alle stampe un volume postumo delle liriche del fratello Raffaele, “Poesie”, editore Febea Reggio Calabria e si spense cinque anni dopo a Reggio Calabria. Raffaele Sammarco frequentò anche Pascoli, come documentano altre fotografie ( di cui alcune inedite che qui pubblichiamo) fatte con il professore e dal professore, verosimilmente, nella stessa occasione a Maregrosso nell’aprile del 1901. Raffaele Sammarco era poeta e giornalista, si scrisse alla facoltà di Giurisprudenza a Messina e (da record) nel 1895 in un'unica sessione riuscì a sostenere 16 esami “speciali”; contemporaneamente in Città fu redattore capo de “La Gazzetta di Messina e delle Calabrie” e fondò “L’avvenire di Messina e delle Calabrie” giornale chiuso per il terremoto del 1908. Dopo la prima laurea si scrisse a Lettere sempre a Messina ( come riporta l’Annuario della Regia Università di Messina, Anno Accademico 1897-98), fu discepolo di maestri come Giacinto Romano, Vittorio Cian, Cosimo Bertacchi e dello stesso Giovanni Pascoli. In una cronaca del tempo, lo troviamo nel discorso inaugurale a Palazzo Cianciafara del Circolo Universitario Filologico di cui era animatore , quando Pascoli intervenne appellandolo “forte e pensoso Sammarco”.
Dopo il sisma, a Messina si prodigò per i soccorsi , ritornò alla Gazzetta di Messina e delle Calabrie, insegnò al Ginnasio del R. Convitto Dante Alighieri e infine diventò Provveditore agli Studi della Città . Fu amico di Luigi Fulci che nel 1922 lo chiamò, come suo segretario particolare, al Ministero delle Poste e Telegrafo a Roma; morì a Reggio Calabria l’8 giugno del 1931. Questi rapporti intellettuali e amicali sono raccontati anche dalle fotografie che Pascoli faceva; il poeta amava scattare foto, possedeva una macchina Kodak a soffietto, un modello del 1895 che gli era stata regalata da amici, con cui si dilettò anche a Messina. Sul bordo delle immagini compariva il suo nome latinizzato “Ianus Nemorinus” nella scritta “Opus aethernii solis et Iani Nemorini” (Opera del sole eterio e di Giovanni Pascoli) come in queste preziose immagini forniteci dalla famiglia Sammarco, in cui si può vedere una foto scattata dal poeta a Gian Francesco nella stessa posa, sul balcone di palazzo Sturiale dove Pascoli aveva fatto un autoscatto appoggiando la Kodak alla ringhiera con un uccellino in mano. Fotogrammi di momenti e amicizie fertili che lo accompagnarono durante il felice soggiorno messinese e gli anni successivi, quando si allontanò dalla città di luce e di poesia che mai dimenticò.
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