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Quanti documenti preziosi nell’Archivio di Stato di Messina

Un luogo simbolo della città, che racchiude rarità e che racconta anche la storia di Messina nel corso dei secoli

Continuiamo il nostro itinerario cittadino tra i luoghi simbolo. E arriviamo all’Archivio di Stato, cercando di ricostruirne la storia delle origini. Circa la presenza a Messina di pubblici archivi nel Cinque-Seicento, è possibile cogliere utili notizie nelle pagine di antichi autori quali Giuseppe Bonfiglio Costanzo o Placido Samperi. Due notevoli archivi stavano nella piazza del Duomo dalla prima metà del secolo XVII, a pianterreno del campanile e nel palazzo del Senato. Un archivio per la custodia degli atti notarili fiorì per volontà del vicerè nell’aprile 1673. All’inizio occupava due sale del palazzo senatorio, dopo il terremoto del 1783 ebbe sua propria sede in via Rovere. Un decreto reale del 1843 consentì la fondazione di un Archivio provinciale, che divenne operativo nel 1854, e sarebbe stato chiamato Archivio di Stato quasi un secolo dopo. Vi confluirono dapprima gli atti di Stato civile dei circondari di Messina, Castroreale, Patti e Mistretta, poi, quelli della corte straticoziale, della Regia udienza, del Consolato del mare e di terra, delle corti e tribunali di Messina, Patti, Mistretta e delle preture di provincia; ed ancora, i riveli urbani e rusticani di Messina e le carte dell’Intendenza borbonica dal 1848 in poi. Vi approdarono anche, nel 1895, gli atti notarili, concernenti Messina e la provincia, dell’ormai cadente Archivio di via Rovere e, tra il 1899 e il 1906, vari fondi della Prefettura, dell’Intendenza di finanza, della Tesoreria provinciale, della Questura. Il già affollato Archivio accolse pure diecimila ruoli d’imposta dei comuni della provincia, relativi agli anni dal 1874 al 1897.

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