Eppure la città è la stessa, la sua luce identica. Quella della Messina ricca e operosa di un’epoca trascorsa, quando sulle rive dello Stretto passò un genio della pittura: Michelangelo Merisi da Caravaggio. In fuga da Malta, nel 1608 si fermò un anno a Messina, dipinse e visse forsennatamente, come «il suo cervello stravolto» lo ispirava. Ci restano, di quella stagione, due dipinti ospitati al MuMe – la macchina da meraviglia che è il Museo regionale – e l’eco d’una fosca leggenda umana e artistica. Ma ora a quel buio si mescola una luce. Quella di Isabella, protagonista, col pittore dannato, della graphic novel “Caravaggio e la ragazza” (Feltrinelli Comics), in uscita domani, firmata da due dei più smaglianti talenti di oggi, entrambi messinesi: la scrittrice Nadia Terranova, finalista allo Strega 2019, e l’illustratore e fumettista Lelio Bonaccorso.
S’incontrano, Isabella e Caravaggio, la rampolla d’una ricca famiglia cresciuta nella bambagia e il pittore perseguitato dai suoi demoni e dalla giustizia, e sembrerebbero irreparabilmente distanti. E invece. La voce che parla in loro – la ragazza innamorata della bellezza e sofferente per i lacci e le prigionie che il suo tempo impone alle donne, l’artista che è “oltre” in ogni visione e comportamento – è, straordinariamente, la stessa. E si scambiano ciò che hanno: lei la luce tenera e imperiosa dello Stretto, della sua giovane volontà di abbracciare, spiegare, capire ogni cosa; lui il potere notturno, pericoloso, oscuro e coraggioso della creatività.
Lui avrà – forse, ci piace crederlo seguendo la traccia narrativa originale e profonda di Nadia Terranova – una scheggia di felicità in questo suo estremo viaggio, appena poco prima di morire; lei trarrà forza dalla forza di lui, sostanza per la sua acerba ribellione. Si scambiano materia e forma anche le arti dei due autori: la raffinatezza dell’immaginario di Terranova, la sua capacità di tessere temi e fili narrativi, e l’abilità da cartoonist di Bonaccorso, che rende eccezionalmente bene pure quel sottile controcanto comico del libro, nelle facce-caricature, nell’umanità popolare che era luogo privilegiato dello sguardo di Caravaggio, oltre alla restituzione inappuntabile dell’epoca, tra costumi e paesaggi (con un grazie speciale per la documentazione al prof. Franz Riccobono).
Entrambi, Nadia e Lelio (con la collaborazione dei coloristi, anche loro messinesi, Alessandro Oliveri e l’assistente Deborah Braccini), mettono la loro indiscutibile arte al servizio, scrivono, d’un “radicale atto d’amore” per Messina. A cui questo libro vuol contribuire a restituire quello che le manca davvero: lo sguardo su se stessa, la capacità di percepire e perseguire una bellezza antica, che possiede malgrado tutto. Messina è la ragazza, e deve solo prendere coraggio.
Come nasce questo progetto, da quale tipo di sguardo e sentimento?
Terranova: «Lelio ha sempre lavorato con le immagini, io con le parole. Ma Lelio ha sempre lavorato con gli scrittori, e io con gli illustratori. Due messinesi che non soltanto hanno Messina nelle radici, nella visione, nello sguardo, nell’aver dedicato a Messina i loro libri non potevano non incontrarsi. Artisticamente è stato quasi un matrimonio inevitabile, necessario. Questo singolo progetto nasce dalla volontà comune di raccontare la città in maniera non vittimista. Di raccontare come buona parte dell’anima messinese, di cui noi andiamo a caccia col nostro lavoro, abbia a che fare con la Grande Storia. Messina ha incrociato la Storia e non soltanto in occasione del terremoto ma in tante altre occasioni: una di queste è stato il passaggio di Caravaggio».
Bonaccorso: «Nasce materialmente dalla proposta di Tito Faraci, curatore della collana Feltrinelli Comics, di collaborazione con Nadia, di cui sono amico e che stimo come scrittrice: abbiamo tante idee in comune. Da qui la seconda motivazione: cercare di ridare ai messinesi un po’ di quella Messina che non c’è più, e andare anche a evidenziare i nostri punti d’ombra e di luce, da cui poter ripartire. È sicuramente un atto d’amore verso la nostra città, perché siamo fermamente convinti, e con noi tutta la nuova generazione di artisti messinesi, che si debba ripartire dall’educazione e dalla cultura».
Chi è la ragazza, e chi è Caravaggio, per voi?
Terranova: «La ragazza per me è la creatività femminile, Caravaggio quella maschile. La ragazza è la creatività giovane, Caravaggio quella al punto massimo della maturità. La ragazza è la creatività che non può esprimersi, Caravaggio la creatività che s’esprime comunque, ma entrambi sono in lotta con le convenzioni. Caravaggio è un uomo totalmente anticonvenzionale, ed è un uomo ai margini, e anche Isabella è ai margini, perché è una donna, e ha una visione artistica del mondo, un desiderio di realizzazione. Son due folli, in realtà, due visionari rispetto all’ambiente, e molto più simili di quel che si potrebbe immaginare».
Bonaccorso: «Sono due figure assolutamente complementari, in uno schema in cui uno completa l’altra e ciascuno lascia nell’altro qualcosa che serve per completarlo. Al di là dello scontro generazionale, sicuramente in lei ha risalto la luce di Messina, la sua forte energia, mentre lui rappresenta l’ombra, il lato oscuro. Anche se nella sua profondità cela anche la luce, perché non possono esistere separati, luce e ombra».
I personaggi si scambiamo qualcosa e da questo scambio nasce una luce, è una storia luminosa. Avete voluto questa luce?
Terranova: «Io credo che Isabella dia a Caravaggio la luce, e Caravaggio dia a Isabella le tenebre: lei dà a lui la possibilità di avere un contraltare fresco, luminoso, per la sua pittura e per il suo sguardo sul mondo, così segnati dal buio. Lui dà a lei la capacità di provare rabbia, sentimenti anche negativi, che poi sono quelli che vanno messi nelle opere d’arte per convertirli e farli diventare qualcosa di autentico e non stucchevole».
Bonaccorso: «Assolutamente, c’è questo scambio. Noi abbiamo messo in risalto un aspetto “alchemico”, in cui ogni elemento serve al percorso evolutivo dell’altro. Questo è il primo piano di lettura. Ma poi si riflette e si allarga alla città. Ci siamo rifatti pure all’opera alchemica di Caravaggio: dall’ombra alla luce, coi tre colori fondamentali, bianco rosso e nero. Detto ciò, questo è un fumetto che può essere letto in più modi, a più livelli. Una cosa a cui tenevamo particolarmente».
Secondo voi come può, come deve cambiare lo sguardo qui? Dico a Messina e sullo Stretto, ma mi riferisco anche al Sud. Forse a tutto il pianeta, oggi.
Terranova: «Al centro di questo fumetto c’è lo sguardo. Io credo che questo fumetto, per me, debba molto al film di Céline Sciamma “Ritratto della giovane in fiamme”, dove c’è una giovane che ne ritrae un’altra e che diventa poi una storia d’amore tra le due, ovviamente a tempo limitato, perché una delle due si deve sposare e in ogni caso è un amore proibito, in quell’epoca. Ma non è tanto una questione di amore erotico, ma del tipo di amore che c’è nel guardarsi: ciò che quella pittrice lascia alla persona che deve ritrarre è la capacità di guardare, e di guardarsi, passare da oggetto ritratto a soggetto che sa guardare. Se sai guardare, sai guardarti, non puoi avere più paura di niente».
Bonaccorso: «Io sono convinto che i momenti di crescita prevedano varie fasi. Prima imparare a guardare, la fase dell’informazione, poi la conoscenza, la consapevolezza, infine l’azione. Credo che per far crescere qualcosa ci voglia solamente un elemento, un tipo di energia: l’amore. Ma come si fa ad amare qualcosa? Lo facciamo quando qualcosa è bello per noi. Di conseguenza se noi riusciamo a vedere la bellezza nelle cose che ci circondano siamo disposti a combattere per quelle cose. Questo è ciò che dobbiamo imparare: scrollarci di dosso questo senso di impotenza, di incapacità, di irrilevanza. Con umiltà, senza stupida vanteria, ci vuole consapevolezza delle nostre capacità. Basti pensare al Museo regionale che conserva i Caravaggio, e che molte persone non conoscono. Se siamo i primi a non conoscerlo e riconoscerlo non possiamo lamentarci se accade anche fuori di qui. Questo fumetto vuole anche dire alla gente: guardate, osservate, c’è altro oltre le macerie del terremoto, la disoccupazione, la pandemia. È giusto secondo noi ripartire dalla bellezza».
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