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I disegni di una messinese sulle scatole della Lindt: una "Virgola" sognante. TUTTE LE CREAZIONI

L’importante multinazionale ha affidato a Virginia Di Giorgio i disegni per le copertine dei famosissimi cioccolattini Lindor. L’infanzia, il liceo “La Farina”, la focaccia. Vive a Firenze: «Adoro la mia terra, è la mia radice»

«Disegno Virgola perché sono di Messina». Chi è Virgola? «Sono io da piccola, è il nome con cui mi chiamava mio papà, forse storpiando il mio, Virginia, ma vallo a capire…». La prima volta in cui hai disegnato? «Impossibile ricordarla, disegno in tutta la memoria che ho».
Certe cose nascono con le persone, crescono insieme, si insediano nei luoghi che vedi e in quelli che senti e prima o poi vengono fuori, tornano al mondo.
Poi capita che un’azienda di cioccolata, la Lindt (una di quelle davvero famose, davvero internazionali) veda le tue opere, quelle che esponi in quella galleria d’arte, virtuale e visuale che sono i social... e ti scelga come “copertina” del proprio prodotto di punta. La proposta in realtà è arrivata il 14 febbraio di un anno fa, «quando ancora il Covid sembrava non ci riguardasse ed eravamo tutti ignari e felici... ti ricordi?».

Le origini a Messina

Perché l’esplorazione sia giunta a lei si legge chiaramente nel suo profilo. Uno stile grafico essenziale, evocatore, fanciullesco e sognante. Che pesca dalle cose di tutti i giorni le cose di tutti i sogni. Indice e sommario della vita tra lo Stretto e il necessario. Tra dolcezza e romanticismo, tutti ingredienti di una ricetta perfetta per stare sulla scatola di uno tra i cioccolatini più famosi al mondo, il Lindor. «Mi hanno chiesto di collaborare e il mio “sì” è stato istantaneo. La qualità è il mio criterio, in questo ci siamo incontrati subito».
È andata così. È successo a Virginia Di Giorgio, 35 anni, la figlia di Antonio e Genni. Una sorella di nome Francesca. Una famiglia messinese, in cui nascere e vivere (studiando, imparando) prima di staccarsi ed andare. Il liceo La Farina a Messina, l’Università a Catania e il trasferimento a Firenze. A ritrovare il proprio rinascimento. Lì, staccata dalla sua città per studiare l’arte, perché lì “fanno della cultura una bandiera”. Lì, legata alla sua città da un accento custodito come identità… «Quanto mi piace raccontare le nostre parole, il nostro dialetto e tutto quello che sa dire!».
Dopo la laurea, un compagno e un figlio che l’hanno radicata altrove. Ma Messina?
«È la Radice. Territorio e famiglia sono un richiamo a cui rispondo ogni volta che posso. Sai quale frase mi risuona di più di quelle lasciate giù? “Non ho voglia di cucinare... andiamo a prendere la focaccia!”».
C’è pure quella storia delle Eolie, isole che ancora di più la legano all’Isola. «Sul primo libro di storia dell'arte che mi hanno regalato, ci ho disegnato un Paperino. Ero a Vulcano nel ’95 e in qualche modo sono ancora lì quando disegno».

La crescita

Incastri perfetti come quelli che solo il caso sa costruire. Virginia “Virgola” Di Giorgio non lo ha pianificato. «Avevo il mio personale profilo, con le mie cose. Un giorno ho deciso di condividere un mio disegno, una bambolina che ho regalato al mio fidanzato. Stavo partendo e gli ho lasciato questo biglietto condiviso su Instagram, come tante altre cose. È piaciuto moltissimo, è stato commentato altrettanto. Non è nato a tavolino, non l’ho mai progettato. Ma è stata la spinta. In meno di un mese, era il 2014, la prima richiesta di collaborazione (disegnare sulla latta del celebre caffè Verniano). C’è di mezzo anche una pubblicazione, immagini e parole che nel 2016 sono diventate un libro. Neanche a dirlo, s’intitola Virgola e sul frontespizio campeggia la sua opera preferita. Con i suoi disegni hanno creato un brand di gioielleria, la Binda Group.
«Stavo ancora finendo di studiare Storia dell’arte. Il lavoro di illustratrice su Instagram me lo sono inventata così». Esatto, questo adesso è il suo lavoro. «Mi sarebbe piaciuto insegnare, l’idea era quella, ma comunque sono rimasta nel mio».

Il futuro

E allora… i progetti? «La mia linea di cartoleria, essere imprenditrice di me stessa. Disegnare per le aziende mi metteva in una posizione di precarietà. Quel… “e se non mi chiamano più?” mi attanagliava. Disegno e produco le mie cose per investire su quello che sono, per mettere tra le mani della gente qualcosa di concreto, per astrarre dagli oggetti la mia anima». Il futuro? «È il presente. Consolidare quello che ho già, col bello che accade qua e là».
Un desiderio? «Vorrei che qualcuno mi rapisse la creatività, che mi portasse dove non sono ancora, mai stata».

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