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I detenuti di Barcellona Pozzo di Gotto raccontano la "loro" pandemia in un corto - Foto

Entrare in un carcere “difficile” e provare a far raccontare lo "tsunami" Covid a un gruppo di detenuti, tra lunghi corridoi opachi e pareti chiazzate d’intonaco. C'è riuscita l'equipe dell'articolazione per la Tutela della salute mentale del carcere di Barcellona Pozzo con “Forse perché eravamo gli ultimi”, cortometraggio che parteciperà al concorso nazionale “Menti in corto” promosso dalla Comunità Terapeutica Assistita di Calatafimi.

Il progetto, presentato in conferenza stampa dalla direttrice del carcere Nunziella Di Fazio, è il un punto di arrivo di un percorso annuale portato avanti dal personale della Casa circondariale che punta alla promozione dell’introspezione e del benessere psico-sociale dei detenuti. Catapultati davanti e dietro una telecamera, sedici ristretti del “Madia” hanno risposto al tema del bando "2020: anno bisesto, anno funesto?” raccontando cosa potrebbe accadere in un ex manicomio abbandonato ai pochi uomini sopravvissuti alla pandemia del funesto 2020 e cercando di proporre riflessioni più profonde sul senso dell’umanità, sulla necessità di combattere l’isolamento e l’alienazione. «E' stata un'occasione unica – ha sottolineato Nunziella Di Fazio, direttrice della Casa circondariale che a breve concluderà la sua esperienza al carcere di Barcellona – frutto di un percorso artistico-riabilitativo che ha coinvolto sedici detenuti, diventati sceneggiatori, interpreti e tecnici di un originalissimo e toccante cortometraggio».

“Noi siamo il doppio errore, e forse perché noi siamo ultimi, tocca a noi ricominciare l’umanità” spiegano i protagonisti all’interno del corto che è un inno «a tornare a giocare e credere alle cicogne, al coraggio di vincere la malattia, alla pazienza in periodi di burrasca per mangiare di nuovo il miele senza mosche, a ringraziare Dio, a rifare tutto e farlo bene”. Mentre tutt’intorno il mondo al di fuori della casa circondariale di Barcellona rimaneva chiuso in casa, i sedici detenuti coinvolti nel progetto hanno avuto l’occasione di vivere una tensione verso l’esterno, la possibilità di tuffarsi in un mondo diverso. "Forse perché eravamo gli ultimi” non è solo l’unica produzione siciliana in concorso, ma è anche l’unico corto, a livello nazionale, in cui sono stati coinvolti i detenuti di una struttura carceraria. Sotto il coordinamento della psichiatra Francesca Cordova e dei tecnici riabilitativi Valeria Schilirò e Paolo Federico, la regia è stata affidata a Salvo Presti, mentre la fotografia e l'editing a Emanuele Torre. La Comunità Terapeutica Assistita di Calatafimi renderà presto visibili tutti i contributi delle realtà che hanno partecipato al concorso, per raccogliere il giudizio di giuria tecnica, di una giuria popolare e mediatica, attraverso la diffusione dei lavori sulle pagine Facebook e Instagram “Menti in Corto”.

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