L'elenco dei palazzi, dei beni monumentali e delle chiese di Messina che furono demoliti, con logiche spietate di uno Stato "nordista", all'indomani del terribile terremoto del 1908.
Il Grande ospedale..Sorgeva sull'area dell'attuale Palazzo di Giustizia, opera del 1542 dell'architetto bergamasco Antonio Ferramolino e proseguita da Calamech e Maffei: il Grande Ospedale poteva benissimo essere restaurato.
È ancora il La Corte Cailler a raccontare, in presa diretta, la storia di questa criminale demolizione: «31 ottobre, martedì 1911. Oggi, a Policara, la ditta Salvago ha chiuso i conti della fornitura di dinamite e capsule al Genio civile per le demolizioni in Messina dal 4 febbrajo 1909 ad oggi... kg. 22.650... L'ing. Ermes D'Orlando può andar contento! Esso ha distrutto Messina più del 28 Dicembre, e al Salvago ha fatto fare affari d'oro! Al resto, ora!... 19 gennaio, venerdì, 1912. L'ing. Ermes D'Orlando ordina al Salvago 700 Cg. di dinamite, a 100 Cg. al giorno, per cominciare la demolizione di quanto resta del Civico Ospedale, già in gran parte abbattuto non dal terremoto, ma dalla dinamite... E perché, intanto, distruggere completamente un vastissimo e robusto edifizio, i cui pianterreni sarebbero ancora utilizzabili tutti? Oh infamia! Sol per fornire guadagni al Salvago, cognato dell'ing. capo Ghersi?... 31 gennaio, mercoledì, 1912. La demolizione dell'Ospedale continua con sforzi enormi. Le mura colossali non vogliono cadere!... 1 febbraio, giovedì. Bombe colossali abbattono stamane l'angolo dell'Ospedale sulla via Porta Imperiale, a tramontana, ma manca la dinamite e l'ing. D'Orlando ne chiede altra al Salvago per domani... 2 febbraio, venerdì, la Chiesa dell'Ospedale cadde oggi, con tutta la facciata, alle 12,40 dopo vari spari di dinamite....».
Chiese demolite senza ragione
Le feroci demolizioni senza freno proseguono e La Corte Cailler, rimasto da solo a difendere i monumenti della città assieme al sovrintendente Antonio Salinas, già avanti con l'età, annota con infinita amarezza a proposito della chiesa di S. Andrea Avellino di Antonio Tardì (1851) che sorgeva sull'attuale sede stradale del tratto di corso Cavour fra via Garibaldi e il viale Boccetta: «23 febbraio, domenica, 1913. Si ha grande interesse di demolire la chiesa di S. Andrea Avellino che essendo intatta minaccia di essere riaperta al culto». E, ancora: 15 gennaio, mercoledì. Era rimasta intatta (meno la facciata) la bella chiesetta della Grazia, a Porta Real Basso... Ma stamane si cominciò a demolir tutto! Fu vana quindi la mia viva raccomandazione al Salinas! Tutto poteva restare, ma… era una chiesa, e bella per giunta!». Ad essere abbattuta con la dinamite fu anche la monumentale chiesa di S. Giovanni di Malta (1588), dopo un braccio di ferro fra Chiesa e Stato.
Un elenco interminabile
A cadere sotto i colpi indiscriminati dell'esplosivo furono anche tra gli altri il Collegio gesuitico San Giovanni Battista di Natale Masuccio (1604-1608), prima Università (1548); il Palazzo della Camera di Commercio ed Arti istituita il 16 ottobre 1862 (architetti Giacomo Fiore, Giuseppe Munagò e Giuseppe La Bruto); il Palazzo Municipale (1803) di Giacomo Minutoli; la monumentale e splendida chiesa delle Anime del Purgatorio (sec. XVII-XVIII) a pianta ottagonale, con una sola parete crollata e perfettamente restaurabile, demolita dall'ing. Luigi Borzì per far proseguire la via Garibaldi verso piazza Cairoli (sorgeva sulla sede stradale all'incrocio fra le attuale via Garibaldi e Primo Settembre); il bel Palazzo Belviso (sec. XVIII) nel corso Cavour; il Palazzo Brunaccini dei principi di San Teodoro (1604) nel corso Cavour dove alloggiò Wolfgang Goethe il 10 maggio 1787; la chiesa di Santa Teresa, opera settecentesca dell'architetto Matteo De Maria; la chiesa e il monastero della Maddalena (1086-1765) dell'architetto romano Carlo Marchionni (sorgeva sull'area dell'attuale Casa dello Studente); il settecentesco Palazzo del banchiere Francesco Fiorentino in via Primo Settembre dove il 28 luglio 1860 venne firmata la “Convenzione di Resa” tra il generale Giacomo Medici e il maresciallo di campo borbonico Tommaso De Clary; il Convento S. Francesco d'Assisi di Giacomo Minutoli (sec. XIX), poi Palazzo delle Finanze nell'attuale via Mons. D'Arrigo; la “Casa Pia”, iniziata a costruire nel gennaio 1853 quale istituto di beneficenza che accoglieva oltre 300 poveri ed invalidi della città e dei Comuni della Provincia; il Palazzo Rosso (sec. XVIII) antistante il Teatro Vittorio Emanuele; l'Istituto Cappellini e chiesa annessa di Gesù e Maria di S. Giovanni, fondato nel 1791 per avviare 40 orfani poveri all'esercizio di dieci mestieri (al suo posto, oggi, sorge la Caserma dei Carabinieri Bonsignore); il Monastero dei Teatini S. Andrea Avellino (sec. XVIII) utilizzato come Tribunale; il Palazzo del Priorato dell'Ordine di Malta, poi Prefettura, di Leone Savoja (1877); la Chiesa di Santa Chiara (1856) di Leone Savoja (oggi sede del Palazzo della Cultura); Villa Lella nel viale Principe Amedeo.
Simbolo dello scempio
Tremenda, nella sua spietatezza, fu la demolizione del preziosissimo atrio medievale di via Rovere nei pressi di piazza Duomo. Scriveva il La Corte in proposito: «26 febbrajo, lunedì, 1913. Oggi il Genio Civile compì un altro dei suoi vandalici atti, al coperto della legge. Minò e fece saltare in aria l'atrio medioevale, bellissimo e conservatissimo, che c'era nella Casa Cammareri in Via del Rovere! Mascalzoni!».
Le accorate e forti denunce di Gaetano La Corte Cailler superano, perciò, i confini locali, diventano paradigma di una sporca storia di ordinaria violenza perpetrata ai danni di una nobile città, cartina di tornasole della scarsa attenzione che il governo centrale ebbe, allora (e non solo), nei confronti delle popolazioni del meridione d'Italia.
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