È stata rimossa dall'aula consiliare del comune di Messina la riproduzione fotografica che, secondo il più tenace assertore del significato offensivo di questa tela, l'architetto Nino Principato, "per 25 anni ha infamato la città di Messina". Si tratta della gigantografia del dipinto “Allegoria della restituzione di Messina alla Spagna” (che campeggiava sulla parete della sala del consiglio a sinistra, entrando). Tale riproduzione su telo intelaiato venne qui collocata dopo la chiusura della mostra “Messina. Il ritorno della memoria”, che si tenne a Palazzo Zanca dall’1 marzo al 28 aprile 1994. "L’opera - ha sottolineato Principato - estremamente infamante per la città di Messina, eseguita da Luca Giordano nel 1678 ed il cui originale si conserva al Museo del Prado di Madrid (olio su tela, mt. 2,72 x 4,43), fu dipinta nell’anno in cui aveva conclusione la rivolta antispagnola scoppiata a Messina dal 1674 al 1678. La feroce restaurazione che ne seguì, col ritorno della ribelle città sotto l’imperio spagnolo, tra l’altro determinò l’illecito trafugamento di ben 1426 pergamene che documentavano la storia civile e i privilegi concessi alla città a partire dall’epoca normanna, un patrimonio di incalcolabile valore storico ed economico che ancora oggi si trovano inopinatamente in Spagna (evento allegoricamente raffigurato, nel dipinto, con un putto alato che porta via da Messina alcuni rotoli pergamenacei mentre altri putti, in basso, si spartiscono, per trafugarli, ancora documenti e privilegi cittadini)". "Messina - prosegue Principato - è allegoricamente raffigurata al centro del dipinto in sembianze di donna con in testa una corona a tre torri, antico emblema civico, e nuda perché spogliata di tutti i suoi privilegi, che invoca clemenza alla Spagna, anch’essa in sembianze femminili, che mentre rientra in possesso della corona, magnanimamente si degna di accoglierla. E’ ulteriormente oltraggiata e dileggiata dal soldato francese, di spalle, che la prende a calci; dal “Tempo”, Kronos, in sembianze di vecchio con la falce che ostenta la clessidra, come per dire: “tempo è passato, ma tu, città ribelle ed ingrata, sei tornata ad essere serva della Spagna”; dalla presenza di un demone femminile alato che la ferisce artigliandola con le unghie a sangue. La città venne, infatti, dichiarata dalla Spagna “morta civilmente” ed ebbe soppresse tutte le sue istituzioni civiche che l’avevano resa opulenta e famosa in tutta Europa: la Zecca, il Senato, l’Università, l’Ordine dei Cavalieri della Stella, il titolo di 'Nobilis et Caput Regni'". Con nota n. 202678 del 10 agosto 2018, la consigliera comunale Serena Giannetto del gruppo 5 stelle aveva presentato istanza al sindaco e all’Ufficio di presidenza del Consiglio, chiedendo e l'immediata rimozione. Da stamane la tela non c'è più. “Oggi – dichiarano in una nota il presidente del Consiglio comunale Claudio Cardile, insieme al vicepresidente vicario Nino Interdonato e al vicepresidente Serena Giannetto, – è stato rimosso dall’Aula consiliare di Palazzo Zanca la brutta riproduzione del quadro ‘Messina Restituita alla Spagna’. Non potevamo consentire che rimanesse ancora in aula la copia sbiadita di un’opera che indica la sottomissione della città di Messina alla Spagna. La sala del Consiglio comunale rappresenta il cuore della città stessa e deve riacquisire la dignità che merita anche attraverso questo gesto. Con il Presidente della Commissione Cultura del Comune di Messina Pietro La Tona ci faremo carico di predisporre un bando per un concorso di idee che veda protagonisti artisti e studenti messinesi al fine di realizzare un’opera d’arte che possa dare lustro alla Città”.