«Appare alla corte indiscutibile che gli odierni imputati abbiano posto in essere il fatto in contestazione per soddisfare un’esigenza abitativa attuale e concreta, da riferire non solo a se stessi, ma anche ai minori dei quali erano responsabili». La sentenza d’appello parla chiaro. L’ha scritta, compresa di motivazioni, il presidente del collegio, il giudice Alfredo Sicuro. E rispetto al primo grado è stato tutto ribaltato, perché adesso si parla di un’assoluzione totale per il gruppo di dieci famiglie, quaranta persone con diciassette bambini al seguito, che nel febbraio del 2016 occupò l’ex caserma dei carabinieri in via Gesù e Maria in San Leone. Un palazzo un tempo nobiliare di proprietà dei fratelli Idelfonsa e Francesco Stagno d’Alcontres, e che dopo la dismissione da parte dei carabinieri era rimasto per un periodo abbandonato. La vicenda dell’occupazione si concluse poi con un’ordinanza di sgombero, e l’allora amministrazione Accorinti provvide ad ospitarli in un albergo cittadino in attesa dell’assegnazione di un alloggio popolare. E per quella vicenda in parecchi finirono sotto processo per quattro ipotesi di reato, ovvero occupazione abusiva di proprietà privata, furto di energia elettrica e acqua con allaccio abusivo, danneggiamento di proprietà privata per la rottura del lucchetto che chiudeva il cancello d’ingresso. Erano: Carla Lo Presti, Daniele Materia, Giuseppe Tidona, Caterina Tornese, Giovanna La Fauci, Roberto Ferrante, Desirè Granata, Filadelfio Granata, Graziella Giannino e Cinzia Materia. In primo grado, eravamo nel luglio del 2022, tutti furono condannati dal giudice monocratico a ben un anno e sette mesi di reclusione, con il beneficio della sospensione della pena e con l’obbligo del risarcimento ai proprietari del palazzo d’Alcontres, costituiti parte civile con l’avvocato Michele Minissale. In appello hanno avuto ragione secondo i giudici i loro difensori, gli avvocati Carmelo Picciotto, Giovanni Caroè, Massimo Marchese, Fabrizio Grosso e Pietro Venuti. Il sostituto procuratore generale Felice Lima dal canto suo aveva rassegnato alla corte d’appello una serie di conclusioni: “non doversi procedere” per mancanza di querela per i furti di energia elettrica e acqua, una valutazione con la massima benevolenza del reato di occupazione, e la mancanza di prova certa per il danneggiamento del lucchetto. I giudici d’appello li hanno assolti tutti con formulazioni precise: per l’occupazione e i furti di energia e acqua con la formula “perché il fatto non costituisce reato”, valutando come prioritario lo stato di necessità, e per il danneggiamento del lucchetto con la formula “per non aver commesso il fatto”, in quanto non è stata raggiunta la prova che siano stati loro a forzare il cancello. Di conseguenza sono “caduti” anche i risarcimenti alla parte civile che erano stati decisi in primo grado.
La nota dell'Unione inquilini
"La sentenza, oggi, - scrivono Gianmarco Sposito e Walter De Cesaris - rende giustizia sicuramente sul piano squisitamente penale ricostruendo storicamente e minuziosamente lo stato di estrema vulnerabilità socio-economica e abitativa in cui versavano le dieci famiglie (con17 bambini); condizione imprescindibile che ha spinto ad occupare tempestivamente una struttura, per altro abbandonata e ammalorata da diversi anni. Questi sono stati gli elementi costitutivi della scriminante ovvero le motivazioni che hanno condotto all’assoluzione degli imputati perché il fatto non costituisce reato o perché il fatto non sussiste. Ci tocca ricordare, anche in questa occasione, che la Procura avanzò richiesta di archiviazione del procedimento già a maggio del 2019 e la famiglia Stagno d’Alcontres con il proprio legale si opposero, animati, da quello che in più occasioni abbiamo definito “un intollerabile spirito punitivo. Ringraziamo apertamente il nostro legale, l’Avv. Carmelo Picciotto, per la meritoria azione svolta e per l’indiscutibile dedizione e perseveranza con cui difende nelle aule dei tribunali i segmenti più fragili della nostra società. Resta tuttavia il problema politico e sociale dell’abitare che sporge prepotentemente il capo anche dalle righe di questa sentenza. Non viene garantito in questo Paese il diritto all’abitare e al contempo centinaia di migliaia di alloggi popolari e privati sono vergognosamente sfitti, inutilizzati e abbandonati. Sarebbe il caso rovesciare il mantra della legalità. Troppo spesso alla sbarra ci finiscono i più poveri del Paese. Il Governo continua a gettare benzina sul fuoco: inasprire le pene fino a 9 anni di carcere per chi occupa un alloggio, senza fare alcuna distinzione tra un alloggio popolare e una struttura abbandonata pubblica o privata o addirittura applicando la norma nei confronti di chi viene sfrattato, che risulta occupante senza titolo per un periodo determinato, è un atto barbaro, incivile, odioso e profondamente classista. Iniziamo a pretendere legalità dallo Stato che dovrebbe impedire che gli sfratti violino i diritti umani e disattendano i Trattati e le Convenzioni ratificati dal nostro Paese. Dobbiamo pretendere, nel rispetto della nostra Costituzione, che i privati non lascino marcire colpevolmente i propri edifici in barba all’ art. 42 della Costituzione che statuisce sulla funzione sociale della proprietà privata".