La morte di Attilio Manca è "imputabile a un omicidio di mafia" e l’associazione mafiosa che ne ha preso parte nel ruolo di mandante o organizzatrice o esecutrice è "da individuarsi in quella facente capo alla famiglia di Barcellona Pozzo di Gotto": sono le conclusioni della relazione approvata all’unanimità dalla Commissione Antimafia della passata legislatura, che ha indagato sulla morte del medico trentacinquenne nel 2004 nella sua casa a Viterbo. Sulla base di questa relazione e delle indagini difensive, l'avvocato della famiglia di Manca, Fabio Repici, chiederà nei prossimi giorni alla Dda di Roma di riaprire le indagini. Manca fu trovato morto l’11 febbraio 2004, inizialmente si pensò a un’overdose, poi il caso fu archiviato come suicidio, ma secondo i suoi genitori e i legali, il giovane mendico fu ucciso per coprire un intervento di Bernardo Provenzano in Francia durante la latitanza. La Commissione Antimafia nel corso dell’indagine è partita dall’assoluzione nel 2021 con la formula «perché il fatto non sussiste» della donna accusata di avergli ceduto l’eroina e dalla dichiarazioni di collaboratori di giustizia che hanno parlato del coinvolgimento di esponenti della mafia, ha poi esaminato la documentazione giudiziaria fornita dai tribunali. "Scriviamo nero su bianco che il dottor Attilio Manca è morto non per overdose ma per omicidio. Mi auguro che questo sia un input per arrivare alla verità», dice la deputata M5s Stefania Ascari, relatrice della relazione nella passata legislatura, in una conferenza stampa alla Camera. «Speriamo che la procura riapra il caso. Noi siamo pronte a testimoniare», sottolinea l’ex deputata Piera Aiello. «Il parlamento - ha detto l’avvocato Repici - è riuscito a fare una lettura critica degli elementi acquisiti migliore di quella compita dalla magistratura. La famiglia Manca ringrazia la Commissione Antimafia per il risultato formidabile, che ci consente di rivolgerci alla procura di Roma con una denuncia per la riapertura delle indagini con le spalle rafforzate dalla relazione, che ha colmato con un importante lavoro un buco nero nella storia d’Italia rappresentato dall’omicidio di questo giovane medico».