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Messina, i pagamenti di "L'Estate addosso" vanno a rilento: «Siamo stanchi»

Piovono segnalazioni dai ragazzi selezionati

Il nome “L’Estate addosso” evoca caldi scenari, lunghe e soleggiate giornate, spiagge e maniche corte. Ma a dispetto del nome, il progetto che ha visto, per la seconda edizione consecutiva, coinvolti oltre 600 ragazzi tra i 16 e i 25 anni, impiegati per due mesi in aziende pubbliche e private, si è svolto in autunno e si è concluso a dicembre. E soprattutto ancora diversi di questi giovani devono essere pagati. Le rassicurazioni da Comune e Messina Social City non sono mancate – prima di Natale l’assessora ai Servizi sociali aveva garantito che i 600 euro lordi che spettano ad ognuno dei partecipanti sarebbero arrivati ad inizio gennaio –, ma ancor più frequenti sono le segnalazioni dei ragazzi, che chiedono di avere quanto maturato.
“L’Estate addosso”, lo ricordiamo, è una borsa d’inclusione sociale che ha come obiettivi «consentire al beneficiario di realizzare un percorso atto a favorire l’autostima, l’apprendimento di nuove specifiche competenze lavorative e un’autonomia personale ed economica». Insomma, l’istituzionalizzazione dei classici “lavoretti estivi” che tanti giovani svolgono per farsi le ossa e mettere da parte, in autonomia, i primi gruzzoletti.
Le graduatorie della seconda edizione sono state pubblicate a fine agosto, ma poi si è partiti effettivamente coi progetti in autunno inoltrato. E adesso in tanti aspettano di essere pagati. «La burocrazia non dura due mesi – scrive uno di loro alla “Gazzetta”– e questa burocrazia poteva essere sbrigata quando noi ragazzi lavoravamo sotto l’acqua, con la febbre o con altro, perché in caso di assenza, pure se giustificata, sarebbero stati 30 euro in meno al giorno. Siamo molto amareggiati, per due mesi ci siamo sacrificati e non ci è stato versato nemmeno un euro, abbiamo passato le feste senza soldi. Siamo stanchi, molti di noi ci teniamo in contatto ogni giorno per sapere se veniamo retribuiti, abbiamo anche un gruppo dove massimo due-tre persone sono state pagate dall’inizio».
Un altro lettore, protagonista de “L'Estate addosso”, spiega che «molti di noi avevano progetti che hanno dovuto rimandare a causa dei ritardi nei pagamenti. Onestamente era una borsa d’inclusione sociale, ma di inclusione sociale non c’è niente. Non sanno né socializzare con noi ragazzi, né darci una risposta certa. Sanno dare solo tante risposte contraddittorie. Diciamo che pagano un po’ a caso. Posso dire solo che questo è stato il mio secondo e ultimo anno nel fare un progetto del genere, perché posso capire i tempi tecnici, ma non riesco a capire tutte le bugie che ci dicono . Mi auguro che la Messina Social City si dia una svegliata, siamo tutti stanchi di avere queste risposte e di vedere ogni giorno sul conto quello “zero” misero, dopo che per due mesi, tra scuola e lavoro, a casa stavo solo per dormire, tornavo distrutto e non accettavano nemmeno certificati medici. “Questo non è un lavoro, se sua figlia voleva essere pagata subito non lo faceva”, hanno detto alla madre di una delle ragazze del progetto».
La Social City (che proprio nei giorni scorsi ha ricevuto dal Comune il secondo acconto per il progetto, oltre 430 mila euro) chiarisce che presto i compensi arriveranno: «Entro la fine del mese contiamo di concludere tutti i pagamenti, ne stiamo effettuando una sessantina al giorno – spiega la presidente della Messina Social City, Valeria Asquini –. Bisogna tener conto del fatto che con questi tipi di progetti, una volta conclusi, bisogna avviare il monitoraggio, le verifiche della spesa e tutta una serie di passaggi burocratici. E il progetto, lo ricordiamo, si è concluso a inizio dicembre». Varrà anche per “L'Estate addosso” il più classico dei “non c'è due senza tre”? L'intenzione sembra esserci: «È stata un'esperienza educativa fortemente apprezzata dalla città, dai ragazzi e dagli enti ospitanti, sia pubblici che privati, il risultato è importante. Mi auguro che ci sarà una terza edizione».

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