Messina-Palermo, sigilli al viadotto “Furiano”: stava per crollare. Indagati 3 dirigenti del CAS
Appena sei centimetri ancora di margine di scivolamento dai piloni di sostegno ed il crollo del viadotto Furiano sarebbe un’eventualità tutt’altro che remota anche in caso di sollecitazioni, sismiche o di altra natura, di bassa entità. È il grave scenario rappresentato dai tecnici che ha indotto la Procura della Repubblica di Patti a sollecitare il sequestro del viadotto Furiano, sulla canna di monte direzione Palermo - Messina della A20, in territorio di Caronia disposto dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Patti Andrea La Spada. Il decreto di sequestro, eseguito dagli uomini della Polizia stradale di S. Agata Militello, giunge nell’àmbito del procedimento che vede iscritti sul registro degli indagati tre dirigenti del Consorzio autostrade siciliane: il direttore generale ingegnere Salvatore Minaldi, il dirigente dell’Area tecnica ed esercizio ingegnere Dario Costantino e l’ingegnere Francesco Castelli, nella qualità di ex responsabile dell’Ufficio controllo strutture. Le ipotesi allo stato contestate sono di rifiuto di atti d’ufficio ed omissione di lavori in edifici o costruzioni che minacciano rovina poiché, secondo l’accusa, «pur consapevoli delle criticità di tenuta del manufatto, mai revisionato e rispetto al quale l’ente concessionario si è mostrato inadempiente nei riguardi del quadro normativo tecnico in termini di controllo periodico della stabilità, hanno omesso di provvedere ai lavori necessari di risanamento o di manutenzione straordinaria». Il viadotto Furiano figurava infatti tra quelli finiti sotto la lente dell’ispezione disposta a marzo 2021 dal Ministero delle Infrastrutture per cui erano state fatte specifiche osservazioni. Ad essere ignorate, in particolare, stando ancora all’ipotesi investigativa, sarebbero state «le prescrizioni di chiusura al traffico impartite dagli ispettori ministeriali, determinando un serio, fondato ed imminente pericolo per la sicurezza dei pubblici trasporti». I riferimenti sono alla già nota relazione tecnica redatta all’epoca dal professore Placido Migliorino, incaricato dal Ministero delle verifiche su viadotti e gallerie della A20, in cui si riferiva appunto di un «eccesso di scorrimento degli appoggi ubicati nella spalla lato Palermo e nella prospiciente pila, con fine corsa ormai prossima a circa 6 centimetri di distanza dal bordo dell’impalcato della spalla. Tale ridotto scorrimento residuo determina un elevato rischio alla sicurezza della circolazione, in quanto l’impalcato potrebbe uscire dall’impronta dei baggioli e cadere, per effetto ad esempio di azioni orizzontali o di un sisma anche di bassa magnitudo». Riscontri, questi, finiti sul tavolo del procuratore della Repubblica Angelo Cavallo e del sostituto Andrea Apollonio, titolare del fascicolo, che hanno ottenuto analoghe conclusioni dalle verifiche del consulente tecnico incaricato, il professore Franco Bontempi, già interessato nel caso del vicino Viadotto Buzza, sequestrato nel 2020 e per cui è in corso il giudizio per gli indagati del relativo procedimento. Nel frattempo la carreggiata lato monte del “Furiano” era stata chiusa ad ottobre 2021, con l’avvio del monitoraggio attraverso nodi sensori per misurare variazioni di temperatura, spostamenti, inclinazioni ed accelerazioni del manufatto, e riaperta a fine maggio scorso, visti i dati emersi ritenuti rassicuranti. Una nuova chiusura al transito, come segnalato ieri dal presidente del Consorzio Filippo Nasca, è quindi in vigore dallo scorso 11 novembre. Secondo il giudice per le indagini preliminari però, le decisioni relative all’apertura o chiusura del traffico sulla tratta a rischio vanno «necessariamente sottratte alla valutazione dell’ente concessionario, che ha dimostrato totale inerzia e disinteresse davanti al concreto rischio di cedimento della struttura».