La morte di Tonino Currò dopo il lancio di una bomba al Celeste: anche il Ministero condannato
A 21 anni e 4 mesi dalla drammatica morte del tifoso del Messina Tonino Currò (seguita al lancio di una bomba da parte dei tifosi del Catania verso la curva Nord) non si è ancora conclusa la lunga vicenda giudiziaria che ne è scaturita. La Corte d'Appello, nel confermare la sentenza di primo grado, e cioè che la famiglia dello sfortunato ragazzo dovrà essere risarcita, ha stabilito che anche il Ministero dell'Interno dovrà farlo.
Così la Corte d'Appello di Messina
"Affermare che in occasione di un gara calcistica, il cui clima di tensione e ostilità fra le contrapposte tifoserie era stato ampiamente preannunciato, la morte di uno spettatore costituisca un fatto quasi inevitabile, un caso fortuito, non può essere condiviso in un ordinamento in cui la persona e la sua tutela costituiscono valori supremi su cui si fonda la Costituzione italiana e che appresta le dovute misure preventive e repressive delle condotte di detenzione di armi o materiale esplodente (vedi fra le altre l’art. 5 l. 152/1975) che possono mettere a rischio quella tutela." "Delle due l’una - afferma la Corte -: o le misure di prevenzione disposte dalla Questura erano inadeguate a fronteggiare i pericoli di scontri ed incidenti prima o durante l’incontro “a rischio” Messina-Catania, oppure, in alternativa, tali misure sono state eseguite con negligenza, se è vero che, alla prima verifica della efficacia delle misure di prevenzione disposte, la situazione di disordine annunciata si manifestava con immediata virulenza non appena i tifosi del Catania facevano ingresso nello stadio".
In primo grado
Il 28 marzo del 2019 il giudice della I Sezione civile Mauro Mirenna, aveva condannato la Lega Calcio, responsabile dell'organizzazione della partita di calcio, l'Fc Messina Peloro, che aveva in gestione l'impianto sportivo, e il Comune di Messina, “titolare” dello stadio, a risarcire i danni in favore dei familiari di Tonino Currò, difesi dall'avvocato Giuseppe Laface. Riconosciute l'inefficienza e l'inadeguatezza della barriera costruita così come imposto dalla Commissione prefettizia di sicurezza e vigilanza. La struttura non evitò che l'ordigno lanciato da un ultrà etneo colpisse il povero Tonino. Il ventitreenne spirò dopo due settimane di coma.