I forti umbertini, considerati “le più belle terrazze sullo Stretto”, possono diventare attrazione turistico-culturale? Ne abbiamo parlato con Enzo Caruso, assessore alla Cultura e alle tradizioni popolari con delega alla valorizzazione del patrimonio fortificato di Messina, profondo conoscitore delle strutture che sovrastano le colline peloritane. All’origine erano 14 le fortificazioni distribuite tra la costa ionica e tirrenica siciliana, e 9 disposte sulle coste calabresi. Di quelli isolani qualcuno come il Menaja (o Forte Crispi) è stato semidistrutto dai bombardamenti del ’43, qualche altro come Forte Mangialupi ha lasciato spazio a lingue di cemento nella zona del Policlinico. Nove di queste imponenti costruzioni, però, si sono salvate malgrado anni di abbandono, qualcuno è stato anche oggetto di importanti forme di restauro. Da anni si vocifera di un piano per riconsegnare i forti al loro antico splendore...
Assessore è utopico pensare di trasformare Messina in città aperta a un turismo culturale e croceristico?
«No, è un progetto condiviso con il sindaco Federico Basile, inserito tra gli interventi che verranno effettuati sulle nostre colline. Praticamente in continuità con quanto posto in essere nel periodo della giunta precedente con il sindaco Cateno De Luca. Purtroppo la pandemia non ha consentito lo sviluppo dello stesso progetto, ma si conta di ripartire al più presto grazie anche a un protocollo d’intesa con l’Agenzia del Demanio che risale a fine 2020, in collaborazione con le associazioni concessionarie dei forti».
Cosa ha impedito di intraprendere un percorso delle vie dei Forti?
«Malgrado gli sforzi delle associazioni per mantenere le strutture per lo sviluppo delle proprie attività la normativa vigente regionale, essendo la Sicilia a statuto speciale, non consente l’immediato trasferimento di questi beni agli enti locali che potrebbero meglio gestire in modo coordinato un’attività di sistema. In questo momento la Sicilia è penalizzata da una legge regionale che a differenza del resto del territorio nazionale, impone sull’Isola il trasferimento dei beni demaniali al Demanio regionale il quale, a sua volta, a fronte dei trasferimenti ai Comuni o alle associazioni, impone il pagamento di un canone. Solo una legge regionale può sbloccare velocemente l’iter del trasferimento ai comuni e quindi una migliore gestione coordinata sul territorio».
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