Letojanni, sullo sfondo dell'omicidio un incontro sessuale a pagamento e cocaina. Convalidato il fermo
È una storia di incontri sessuali a pagamento e cocaina consumata al piano di sotto. Che è finita tragicamente una mattina d’agosto molto presto, non erano nemmeno le otto, mentre Letojanni si risvegliava e i turisti cominciavano ad andare al mare. Dal palazzo di via Nenzi tutti i vicini hanno sentito gridare “Aiuto! Aiuto!” mentre il povero Massimo Canfora agonizzava nella sua stanza da letto con la gola squarciata da una furia omicida improvvisa generata dalla droga. E adesso c’è un diciottenne di origine tunisine, si chiama Feres Bayar, è nato a Taormina nell’agosto del 2004, in carcere a Messina con l’accusa di omicidio aggravato. Anche per il gip Simona Finocchiaro è lui che il 18 agosto poco prima delle 8 del mattino ha ucciso con un coltello da cucina trovato in casa il 56enne netturbino Massimo Canfora in una appartamento del palazzo giallo paglierino di via Nenzi 8, dopo un quarto d’ora d’ordinaria follia accentuata probabilmente dall’uso di cocaina. Il gip ieri mattina ha infatti convalidato il fermo disposto la stessa notte dell’omicidio dal sostituto procuratore Alessandro Liprino e disposto la custodia in carcere, dopo che i carabinieri nel giro di poche ora quella mattina erano riusciti praticamente in tempo reale ad avere un quadro preciso della situazione andando a casa del ragazzo a prenderlo, per poi aprire un drammatico interrogatorio in caserma. A casa c’erano ancora i suoi vestiti sporchi di sangue, aveva una ferita alla mano. Nel provvedimento ci sono alcuni elementi-chiave che il gip Finocchiaro elenca ricostruendo l’intera sequenza con l’ausilio delle testimonianze dei vicini di casa, dei video delle telecamere di zona, e soprattutto del racconto del vicino di casa di Canfora e dell’amico di Bayar che in quei frangenti si è trovato con il presunto omicida proprio nell’appartamento di sotto, insieme ad una terza persona che era lì con l’intento di assumere droga e ha raccontato ai carabinieri la sua versione dei fatti. Il gip non crede poi alle varie versioni che preso dal panico e travolto dagli eventi il diciottenne d’origini tunisine ha incasellato da quando è stato fermato e portato in caserma fino all’interrogatorio di garanzia, cambiando versione e cercando anche in un frangente rievocativo di addossare la responsabilità del delitto all’amico che abita nell’appartamento di sotto. Ci sono perfino testimoni - scrive il gip -, che hanno dichiarato di aver visto uscire sul balcone dell’abitazione di Canfora «... un ragazzo, completamente nudo, scuro di carnagione, con i capelli scuri, corti e mossi, con un in mano un oggetto che mi è sembrato essere un coltello». Il gip non ha dubbi al riguardo, quel ragazzo era Bayar subito dopo il delitto («... il Bayar Feres è stato, d’altronde, identificato da più testimoni, come il soggetto che completamente nudo si aggirava sul balcone dell’abitazione della vittima, mentre quest’ultima chiedeva aiuto...»). Ecco cosa pensa il giudice che ha convalidato il fermo: «Alla luce degli elementi acquisiti - scrive -, sussistendo gravi indizi di colpevolezza dell'indagato in relazione al delitto contestato, e ravvisandosi il pericolo di fuga, veniva disposto il fermo dello stesso. Disposto l'interrogatorio di garanzia, l’indagato ha ribadito quanto affermato nei primi due interrogatori, pur ammettendo di aver fatto uso di cocaina il giorno dell’evento delittuoso... Diversamente da quanto asserito nei primi interrogatori (secondo cui... [l’amico che abita al piano di sotto, n.d.r.] era salito al piano superiore perché allertato da rumori), l’indagato ha dichiarato in sede di interrogatorio di garanzia che il... [l’amico che abita al piano di sotto, n.d.r.] era salito al piano superiore unitamente al Canfora, verosimilmente per consumare un rapporto sessuale omosessuale. Ancora il Feres ha dichiarato, per la prima volta in questa sede, di avere afferrato il coltello per paura che... [l’amico che abita al piano di sotto, n.d.r.], potesse fargli del male, essendo quest'ultimo un soggetto violento e avendo già in precedenza ricevuto minacce dallo stesso». È stato invece proprio l’amico che il 18enne ha tentato di accusare - scrive il gip che cita le testimonianze dei vicini di casa - a correre dall’appartamento di sotto a quello di Canfora per cercare di aiutare la vittima, sentendo le grida di aiuto. Il gip scaletta cioè i tentativi di addossare la colpa del delitto all’amico, una versione che il difensore del 18enne, l’avvocato Giuseppe Marino, ha invece ritenuto credibile e prospettato subito dopo il fatto, dicendosi convinto che riuscirà a dimostrare l’innocenza del suo assistito. Ancora il gip Finocchiaro: «Ebbene - scrive - l’attività d’indagine, non risulta minimamente scalfita dalle dichiarazioni dell’indagato le quali - oltre a risultare non costanti, contraddittorie e inverosimili - sono state smentite dalle dichiarazioni dei numerosi testi escussi, si da non lasciare margini di valutazione allo stato in ordine all’individuazione dell’odierno indagato quale autore del gesto criminoso per il quale si procede, il cui movente deve individuarsi verosimilmente in contrasti economici sorti nell’ambito di una relazione omosessuale occasionale tra la persona offesa e l’indagato, il quale a sua volta si trovava in stato di alterazione psicofisica per aver fatto uso di cocaina».