Quattro fucilate notturne. Tre sparate da più lontano mentre stava arrivando in contrada Ferrera con la sua Toyota, e l’ultima da vicino, a poca distanza dal finestrino, il classico colpo di grazia. Poi il rogo per cancellare tutto. Sembra questa la sequenza di morte che il killer, o i killer, ha messo in atto martedì sera per uccidere il pastore 34enne Riccardo Ravidà, nelle sperdute campagne tra Fiumendinisi e Alì Superiore. Ma non c’è alcuna certezza anche perché l’autopsia sui resti dell’uomo, il cui corpo è stato quasi completamente carbonizzato, quantomeno nell’immediatezza sembra che potrà dire molto poco. Saranno necessari esami più approfonditi per il medico legale Giovanni Andò, il consulente scelto dal procuratore aggiunto Vito Di Giorgio e dal sostituto Giulia Falchi, i magistrati che seguono le indagini dei carabinieri. Il “responso” sulla sequenza dei colpi viene per adesso dai ritrovamenti effettuati dai carabinieri del Ris sul luogo dell’omicidio, che hanno repertato i resti di quattro spari da due differenti distanze, mentre per avere qualche elemento in più dall’esame autoptico a quanto pare bisognerà attendere più tempo. Chi lo voleva uccidere conosceva le sue abitudini, avrà programmato tutto con cura, aspettando che passasse con la sua jeep da quella stradella di contrada Ferrera. Poi ha sparato i primi colpi, e qualcuno è sicuramente andato a segno, quindi è sceso dalla collinetta che domina la strada e si è avvicinato, sparando l’ultimo colpo da vicino. E poi il rogo, per distruggere tutto, e rendere molto più difficili le indagini. Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Messina