Il primo gruppo è arrivato alle ieri mattina a piazza Duomo, il secondo la notte scorsa. Cinque giorni di viaggio per lasciare un segno tangibile di quanto sia vicina Messina all’Ucraina. Non certo geograficamente, ma con la solidarietà che spontanea e appassionata che ha portato a termine una vera missione umanitaria. In totale sono stati una trentina gli ucraini strappati ai bombardamenti del loro Paese grazie alla carovana partita dallo Stretto con l’impegno organizzativo del Cngei ( 18 gli “ospiti” quasi tutti lasciati in altre città d’Italia durante il viaggio di ritorno) e della chiesa ortodossa di Messina che hanno coagulato la generosità di tante associazioni di volontariato e cittadini messinesi che hanno consentito, di tasca, il dispendioso viaggio. All’andata sono stati trasferiti quintali e quintali di materiale che sarà distribuito in Ucraina, al ritorno è stato fatto posto ai profughi in fuga. Ieri mattina il pullman della chiesa ortodossa ha finito il suo viaggio. A bordo undici ucraini, 7 adulti e 4 minori tutti accompagnati. «Li abbiamo presi a 6 km dalla frontiera con l’Ucraina in territorio polacco – spiega il medico volontario Pietro Bitto che ha viaggiato con il gruppo per assicurare che tutti stessero bene e che non vi fossero positivi al Covid –. Speravamo di portarne di più in Italia. Abbiamo atteso 19 bambini che avrebbero viaggiato con un tutor, ma al punto d’incontro in Polonia non sono arrivati. Allora ci siamo spinti alla frontiera e scoperto che c’erano problemi burocratici. Avendo spazio, abbiamo anche scritto un cartello dando disponibilità al trasferimento in Sicilia, ma un militare ci ha bloccati, a quel punto siamo ripartiti verso l’Italia con i nostri 11 profughi. Altri sceglievano mete diverse, soprattutto in virtù dei ricongiungimenti familiari. Sono felicissimo di quello che ho fatto – conclude il medico volontario – spero ci sia un secondo viaggio». Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Messina