Messina

Sabato 23 Novembre 2024

Messina, processo “Gotha 6”: ergastoli definitivi ai capimafia barcellonesi

Giuseppe Gullotti
Salvatore “Sem“ Di Salvo
Antonino Calderone “Caiella“
Pietro Nicola Mazzagatti
Carmelo Giambò

Si chiude una pagina antimafia importante con la sentenza-sigillo della Cassazione per l’operazione “Gotha 6” su Cosa nostra barcellonese. Adesso gli ergastoli per i capimafia che l’hanno governata negli ultimi trent’anni pesano, sono diventati definitivi. Forse cambierà perfino qualcosa all’interno dell’organizzazione, sulle prospettive future, sugli aggiustamenti, sulle ipotesi di pentimento. E senza alcun dubbio la “famiglia” barcellonese esce fortemente indebolita da questa fondamentale sentenza così come, se si guarda al quadro generale siciliano in questo determinato momento storico, sta accadendo per Cosa nostra palermitana con tutte le sue derivazioni. La mafia siciliana è in difficoltà ma ovviamente non bisogna credere che sia ancora sconfitta. Il dato “nudo e crudo” è che la prima sezione penale della Cassazione per l’operazione “Gotha 6” che si occupava della impressionante catena di omicidi, diciassette, decisi da Cosa nostra barcellonese nell’ultimo ventennio, ha rigettato tutti i ricorsi di capi, killer e gregari; fatta eccezione per due capi d’imputazione a carico di Salvatore “Sem” Si Salvo (si tratta degli omicidi Iannello e Pelleriti), per i quali ha disposto un nuovo processo da celebrare in corte d’appello a Reggio Calabria (Di Salvo è condannato per altri omicidi, quindi anche per lui ci sono altri ergastoli che diventano definitivi). Poi i giudici hanno preso atto del decesso, avvenuto di recente, di Angelo Caliri, un altro degli imputati.

Diventa quindi definito quello che la Corte d'assise d'appello presieduta dal giudice Maria Pina Lazzara, decise il 21 maggio del 2021: il carcere a vita per i boss Giuseppe Gullotti, Giovanni Rao (fu comunque assolto dall'omicidio di Carmelo Mazza) e Salvatore “Sem” Di Salvo. La stessa pena fu sentenziata anche per Antonino Calderone “Caiella”, Carmelo Giambò, Pietro Mazzagatti e Angelo Caliri (che nel frattempo è deceduto), la pena fu invece ridotta per l'altro Antonino Calderone (cl. 1988), che fu condannato a 16 anni e 3 mesi.

Gullotti, Di Salvo e Rao sono i tre boss che hanno governato al vertice di Cosa nostra barcellonese per molto tempo, con profili comportamentali anche molto diversi. E per Gullotti, il boss plurilaureato mentre era in carcere, si tratta senza dubbio di una mazzata perché, con il processo di revisione in corso a Reggio Calabria per la condanna a trent'anni come mandante dell'omicidio del giornalista Beppe Alfano, probabilmente sperava di poter riacquistare la libertà se le cose si fossero messe bene su quel fronte e sull'ergastolo che pendeva per la “Gotha 6”. Ma adesso lo scenario, per lui, è cambiato. Ma la “Gotha 6” che cosa è in concreto? Si tratta di una lunga catena di omicidi avvenuti a Barcellona e in vari centri della zona tirrenica tra il 1993 ed il 2013, anche tra Terme Vigliatore, Falcone, Oliveri, Santa Lucia del Mela, Brolo e Milazzo. E praticamente in questi atti c'è la storia delle organizzazioni mafiose della provincia tirrenica, le esecuzioni e le preparazioni tra auto da rubare e pistole da caricare, le riunioni per “deliberare”. Diciassette omicidi di mafia a Barcellona sparpagliati in questa terra per un ventennio. Boss, gregari e irregolari che sgarravano ammazzati per varie ragioni su decisione della “cupola”, e il compenso per i killer spietati e sanguinari che variava da 5 a 20 milioni di lire, oppure 5mila euro, a seconda del personaggio da eliminare. L'operazione è del febbraio 2016. La coordinarono gli allora sostituti della Dda Vito Di Giorgio e Angelo Cavallo, lavorando con una impressionante mole di atti e con grande dedizione per mesi insieme ai carabinieri del Ros. E si può considerare tra le varie operazioni Gotha senz'altro quella veramente fondamentale per aver portato fino all'ergastolo i veri vertici vecchi e nuovi della famiglia mafiosa barcellonese. Che in passato erano stati sostanzialmente solo “scalfiti” da alcune condanne, non devastanti per la propria storia personale come il carcere a vita in regime di “41 bis”.

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