C’è una zona del Cimitero monumentale che mette angoscia. È quella dedicata al seppellimento di bambini e ragazzi, salendo verso il Conventino, dove una o più mani hanno decapitato quasi tutte le colombe di marmo che adornano i piccoli monumenti funebri risalenti alla fine dell’Ottocento. Che non sia stato il vento, o la pioggia o una poco probabile grandinata a staccare la testa dei volatili di marmo è facile capirlo, il resto del monumento è integro, anche se spesso riverso a terra. Così come non sono state né il vento, né la pioggia né la grandine a spaccare la maggior parte delle piccole lapidi e svellere i recinti di ferro battuto. Fenomeno che si ripete in buona parte della parte alta del cimitero nei pressi del Famedio e del Conventino.
Lo sfacelo è poi tangibile in tutte le zone monumentali, con tante tombe a rischio crollo, con statue che necessiterebbero di interventi di salvaguardia, con cappelle che restano in piedi solo per un strano equilibrio stabilitosi con la natura, che se ne è ormai appropriata. Vedasi, per tutte, quella della gloriosa e autorevole famiglia Mauromati, tra le dinastie più facoltose e importanti della Messina Ottocentesca, sulla quale sono cresciuti due alberelli.
«Vedere ridotto il Gran Camposanto in queste condizioni è una pena, fa proprio male. E per fortuna che abbiamo apposto il vincolo, altrimenti avremmo assistito alla progressiva distruzione di tutte le tombe e monumenti antichi, per fare posto a nuove edifici». Grazia Musolino, già dirigente della Soprintendenza di Messina, ha lavorato alacremente perché si ponesse fine a un fenomeno che aveva come obiettivo quello di mandare in malora la parte monumentale del nostro cimitero, per poi costruirci quegli orribili e anonimi edifici (la Piramide, il Cinquemila) che hanno stravolto quello che era uno dei cimiteri più belli d’Italia e non solo.
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