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Il deserto delle aree industriali nel Messinese, tutti i più grandi monumenti allo spreco - FOTO

dall'ex Sanderson alla Pirelli di Villafranca, da Giammoro a Barcellona: il futuro dei vecchi poli produttivi è appeso alla Zona economica speciale

Un viaggio nelle realtà industriali della provincia che dopo decenni di fiorente attività hanno chiuso i battenti e si sono trasformate in non luoghi. Cimiteri di mattoni e ruggine, spesso ancora carichi di inquinanti, che non hanno un futuro di rigenerazione. Questo, sebbene la politica, gli amministratori si siano più volte spesi in favore di una riconversione di questi posti da scenario post bellico.

Un caso emblematico è quello della ex Sanderson, a Messina. Uno spazio enorme a Pistunina, schiacciato fra il mare, la ferrovia e lo svincolo autostradale. La gloriosa azienda agrumaria fondata nel 1895 è stata chiusa 40 anni fa. Dal 2018 c’è una legge regionale che prevede il passaggio delle aree dall’Ente di sviluppo agricolo al Comune e anche lo stanziamento di 25 milioni di euro per la bonifica, viatico per la Zes.

Eppure quell’industria fantasma è sempre lì, con i suoi veleni. In provincia, spiccano i casi dell’ex Pirelli e Italcementi, a Villafranca, mentre la zona tra Furci e Santa Teresa di Riva un tempo era sede di impianti per la produzione di calcare, conglomerati bituminosi e calcestruzzo. A Giammoro si attende il rilancio di una zona industriale divenuta “polo” fantasma.

A San Filippo del Mela è legata l’ex Nuova Sacelit. A Barcellona, invece, sui terreni dell’Esa nascerà un Polo florovivaistico. E che dire della “porcilaia” di San Piero Patti? Un inno allo spreco, un’opera mai realizzata, nonostante i fondi stanziati.

Sulla Gazzetta del Sud in edicola oggi, uno speciale con i servizi di Domenico Bertè, Maria Caterina Calogero, Andrea Rifatto, Giovanni Petrungaro, Leonardo Orlando e Nino Todaro

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