Sotto i nostri piedi. Dove non immagineremmo mai. Lì c'è un'altra città, un'altra Messina. Un dedalo di vie, un labirinto buio di romanticismo che ci riporta indietro nel tempo, alla nostra storia. Sette gallerie, le più famose. Sette cunicoli che attraversano la città, collegando punti nevralgici.
Ieri sottopassaggi strategici per gli eserciti o tunnel che servivano a rifornire d'acqua la città, oggi "vie urbane" per ratti, pipistrelli e qualche altro essere mostruoso che anima le nostra fondamenta. Domani, chissà. Forse percorsi turistici per raccontare ai tanti croceristi la storia di una città che fu e che prova a ripartire. L'attuale assessore Enzo Caruso ci ha sempre creduto. In altre città italiane ed europee hanno realizzato interi progetti sullo sfruttamento di questi cunicoli, qui la maggior parte dei messinesi non ne conosce l'esistenza.
Sette condotti, dicevamo. Alcuni interrotti, altri quasi integri, almeno per lunghi tratti. A cominciare dalla galleria che nasce a Piazza Duomo sotto la Fontana d'Orione, il capolavoro del Montorsoli realizzato nel 1553. Alla fontana si lega proprio la progettazione nel 1530 del primo acquedotto messinese a cura dell'architetto Francesco La Cameola. Acquedotto che fu completato nel 1547 e che captava le acque del fiume Camaro e del Bordonaro. Proprio nel tunnel che nasce a Piazza Duomo e che sbucava a Camaro, è possibile osservare una lapide nella quale si legge la storia della fontana e dell'acquedotto. Per collocare l'opera del Montorsoli nel punto dove si trova oggi – si legge nella lastra in pietra – fu necessario abbattere la chiesa medievale di S. Lorenzo e costruirla poco più distante. La chiesa, realizzata anche questa dal Montorsoli in pieno stile rinascimentale, crollò con il terremoto del 5 febbraio 1783. Il tunnel che parte dalla fontana del Montorsoli è percorribile per alcune centinaia di metri, almeno sino a oltre il Corso Cavour. Che sboccasse a Camaro è provato da un aneddoto che in passato alla Gazzetta è stato raccontato dall'architetto Nino Principato, che dei tunnel di Messina si è occupato spesso. «A Catarratti qualche anno fa, durante la costruzione di un complesso di edilizia popolare, venne ritrovata dall'architetto Carlo Fulci una targa marmorea risalente all'epoca della costruzione dell'acquedotto con l'iscrizione: "Mastru Chicu La Camiola pirciau li tri muntagni, fici veniri l'acqua". La lapide, consegnata alla Sovrintendenza, verosimilmente, era posta all'ingresso del tunnel che partiva da Camaro».
Altro sotterraneo, altra storia, altra suggestione. L'imbocco è in via S. Pelagia, al fianco del Monte di Pietà di via XXIV Maggio, e il tunnel porta al Castello di Roccaguelfonia, oggi Sacrario di Cristo Re. Attualmente è percorribile per una trentina di metri, oltre la Cripta che si trovava sotto la Chiesa Santa Donna della Pietà, oggi completamente distrutta. «La galleria – racconta Principato – veniva utilizzata nell'antichità dai confratelli dell'Arciconfraternita degli Azzurri per prelevare i condannati a morte dal carcere ri Roccaguelfonia e portarli al patibolo».
Da un altro castello cinquecentesco della città, Castel Gonzaga, parte una galleria che collega la struttura realizzata sulla collina di Montepiselli, dal vicerè Ferrante Gonzaga nel 1540 (progetto attribuito al Ferramolino, con il contributo del messinese Francesco Maurolico) al Castellaccio di Gravitelli. La galleria è percorribile per una ventina di metri, mentre è completamente percorribile la parte del tunnel che gira tutto attorno al castello che pare una stella a cinque punte. «Ma non è escluso – continua l'architetto Principato – che esistesse una galleria che collegava Castel Gonzaga con la zona Falcata. Anzi, a tal proposito, come raccontava lo storico Vittorio Di Paola, quando furono realizzati gli sbancamenti per la costruzione del Palazzo di Giustizia, negli anni '20, fu rinvenuto proprio un tratto di questa galleria».
Un condotto ad altezza d'uomo attraversa tutta la via Santa Cecilia sino a Maregrosso. Si tratta del collettore principale fognario progettato dall'ingegnere Giuseppe Arolla nel 1929, di cui esiste anche un album fotografico custodito a Palazzo Zanca. Un tunnel in perfette condizioni, ancora oggi totalmente percorribile.
E ancora la galleria del Torrente Trapani, poco sopra il campo di Atletica Cappuccini, un vero e proprio inferno dantesco, dove vivono centinaia di pipistrelli, che porta alla chiesetta sulla collina del Trapani; la galleria Santa Marta, costruita nel 1930 in marmo di Baveno, che durante la seconda Guerra Mondiale fungeva da ricovero. E infine il tunnel che parte da San Filippo e passando sotto la via Comunale arriva sino a contrada Sivirga a Bordonaro.
I sette sotterranei principali della città di Messina
1) Da piazza Duomo, sotto la fontana del Montorsoli, a Camaro
2) da Castel Gonzaga al Forte Castellaccio
3) dal Monte di Pietà al Castello di Roccaguelfonia (oggi Sacrato di Cristo Re)
4) Sotto via Santa Cecilia sino a Maregrosso
5) da via Protonotaro a via Santa Marta
6) dal Torrente Trapani, sopra la piscina Cappuccini, alla chiesa nella collina in alto
7) da San Filippo, passando sotto la via Comunale, sino a contrada Sivirga a Bordonaro
Caricamento commenti
Commenta la notizia