Lo spaccio di droga nei locali frequentati dal popolo della movida e anche davanti alle scuole continua a rappresentare un tema “caldo” soprattutto a Patti e dintorni. Mentre scocca l'ora degli interrogatori di garanzia dell'operazione “Piramide”, con cui i carabinieri, all'alba di martedì scorso hanno sciolto un gruppo di giovanissimi dedito al traffico di cocaina, hascisc e marijuana, adesso è tempo di sentenze per quattro imputati in una precedente e analoga inchiesta, denominata “Scala reale”. Uno dei quali, il “cubano”, ossia Ignacio Francisco Gonzalez Perez, incassa una condanna che segue l'ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari consegnatagli poche ore fa dai militari dell'Arma. Al ventinovenne sudamericano il Tribunale di Patti ha inflitto 13 anni di reclusione. Peggio è andata a un'altra componente della banda, Romina Lamazza, a cui sono stati affibbiati 14 anni e 6 mesi di reclusione. Un verdetto più severo, quest'ultimo, rispetto a quello invocato, nella requisitoria, dal procuratore aggiunto di Messina Vito Di Giorgio, che aveva sollecitato per la donna 13 anni e 4 mesi. Molto più lievi le condanne per Giuseppina Merlo (2 anni e mezzo e 5mila euro di multa) e Antonino Niosi (1 anno e 6 mesi e 2.250 euro di multa). Inoltre, Gonzalez Perez e Lamazza dichiarati interdetti in perpetuo dai pubblici uffici e in stato di interdizione legale per la durata della pena. Si è concluso così, quindi, il troncone del procedimento penale per quanti hanno optato per il rito ordinario. L'indagine. L'operazione “Scala reale” è scattata nel luglio 2017, quando i militari hanno arrestato sei persone e smantellato un gruppo criminale ben strutturato, dedito allo smercio di marijuana e cocaina, provenienti da fornitori esponenti delle 'ndrine di Vibo Valentia e Rosarno. Vasta la clientela, con un giro d'affari redditizio. L'indagine, all'epoca, è stata condotta dai sostituti procuratori della Dda di Messina Vito Di Giorgio e Angelo Cavallo (oggi procuratore di Patti). Gli accertamenti dei carabinieri del Nucleo investigativo, guidati dal maggiore Ivan Boracchia, hanno affondato le radici nel settembre 2016 e si sono concentrati su un sodalizio di narcotrafficanti legato a doppio filo alla criminalità reggina e vibonese. Smerciavano prevalentemente marijuana e cocaina nella zona di Patti e nei centri tirrenici circostanti. Gli acquirenti erano per lo più ragazzi appartenenti a ogni ceto sociale, raggiunti dai pusher addirittura davanti alle scuole medie e superiori. Spesso, le dosi erano cedute al dettaglio in altri luoghi maggiormente frequentati dalle giovani generazioni. I membri del sodalizio sono diventati pure un punto di riferimento per altri spacciatori dell'hinterland tirrenico. Ancor più inquietante il fatto che nell'indagine risultano coinvolti pure un 15enne, nel luglio del 2017 accompagnato nell'Istituto penale minorile di Palermo, e un altro ragazzino accompagnato in una struttura di accoglienza. Di particolare «allarme sociale», ha parlato il gip nell'ordinanza di custodia cautelare, a causa della «disinvoltura dimostrata dagli associati sia nell'operare cessioni di droga a ragazzini in giovane età, sovente da loro “iniziati” al consumo di droghe, sie nel coinvolgere congiunti minori negli illeciti, avvalendosene come pusher o copertura». Infatti, la “roba” era spacciata perfino davanti alle scuole, soprattutto a Patti. Al centro le figure dell'ex appuntato dell'Arma Paolo Brigandì, del figlio Alessandro e della convivente del primo, Romina Lamazza. I Brigandì, nel gennaio 2018, sono stati giudicati con il rito abbreviato davanti al gup di Messina De Rose e condannati Paolo Brigandì a 7 anni e 1 mese di reclusione, Alessandro Brigandì a 5 anni e 10 mesi. La pena più pesante inflitta a Romina Lamazza: 14 anni e 6 mesi di reclusione.