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La pittura di Ignazio Pandolfo è un’incursione nel mondo interiore

Messina

Un percorso artistico che conduce negli anfratti dell’amiguità e dell’ignoto, ma che, nell’intensità della suggestioni emotive e visive, induce ad un’incursione nel mondo interiore abitato da presenze inquietanti come da luce e bellezza, nell’eterna dialettica di vita e morte che segna l’umana esperienza dell’esistere. “Le porte della percezione” di Ignazio Pandolfo - nuovo appuntamento con la sezione Arti visive del “Vittorio Emanuele”, promossa da Giuseppe La Motta nell’ambito del progetto “Opera al Centro” - ci pone a contatto con una forma d’arte di grande impatto comunicativo, non immediatamente leggibile nei meccanismi simbolici della rappresentazione, ma per questo ricca di suggestioni che spingono verso livelli di significato più profondi, aldilà di un’immediata fruizione visiva.

La mostra è stata inaugurata in teatro da La Motta e l’artista col sovrintendente Egidio Bernava, il sindaco Renato Accorinti, l’assessore alla Cultura Federico Alagna e la prof. Patrizia Danzè, autrice del testo che introduce il catalogo delle opere esposte.

“Le porte della percezione” raccoglie una buona parte dei quadri che Pandolfo - radiologo, pittore autodidatta e scrittore - ha realizzato dal 2000, legati da un fil rouge ben preciso.

«Il titolo - ci dice Pandolfo - cita Aldous Huxley, il celebre scrittore inglese che nel saggio omonimo sosteneva che per accedere a un livello di coscienza superiore, avere una creatività e una visione universale della realtà materiale e spirituale, è necessario superare le porte della percezione; obiettivo che egli cercava di raggiungere usando la mescalina, sostanza a sua volta utilizzata dagli sciamani nativi americani, per rompere i limiti della percezione posti dal cervello».

Per tradurre questo concetto nell’arte figurativa, Pandolfo è partito nel suo iter artistico da un tratto figurativo di tipo simbolista, gradualmente decomposto, per arrivare a un informale di forte potenza espressiva, ancora più pregnante nell’ottica di penetrare con la pittura attraverso quelle “porte della percezione” che danno titolo a molte delle tele esposte.

Lavori che, assieme a quelli della serie “Cercando la luce”, mostrano universi fantasmagorici: mondi trasfigurati, pieni di reticolati, elissi e porte dell’universo, simboli posti al centro di una natura meravigliosa e tremenda, sacra e violenta, dove non ci sono uomini o dei, ma esseri che appaiono illogici, reduci da una qualche forma di apocalisse.

Significativo - come sottolineato dalla prof. Danzè - è anche il colore vivo che caratterizza i quadri: un colore spalmato, lavorato, stratificato, che pur andando in direzione contraria rispetto all’Ikebana, l’arte orientale del fare il vuoto, ne riprende, mettendoli in evidenza, i concetti di provvisorietà e impermanenza.

Ma Ikebana è anche principio di libertà, come la via estetica seguita da Ignazio Pandolfo, che è fondamentalmente tensione ad andare oltre l’immediatezza del dato oggettivo e spirituale, per abbacciare una dimensione in cui far convivere forme e istanze universali. Tutti i quadri sono acrilici su tela e tavola, alcuni mischiati con l’olio, altri con spray, smalto e applicazioni.

“Le porte della percezione” sarà disponibile fino al 18 aprile tutti i giorni, tranne il lunedì, dalle ore 10:00 alle 13:00 e dalle 16:30 alle 19:00.

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