Messina
Alle dodici del mattino del 20 aprile 2017 – un giorno da ricordare tra molti anonimi – quando dopo 4 mesi di lavoro, una gru dell’impresa “Messina Sud” ha squarciato e fatto crollare la prima delle quattro pareti portanti dell’ex inceneritore comunale di San Raineri. Sparisce così l’impianto inquinante piazzato alla fine degli anni 80 dal Comune, in pieno centro città e in riva allo Stretto, e, come se non bastasse, dentro un Bene storico-architettonico come la Real Cittadella spagnola. La grande fortificazione voluta dall’imperatore Carlo V: le architetture che di lì a qualche anno, in una Falce ormai sventrata e inquinata da ogni parte, sarebbero state “tutelate” dalla Regione Siciliana.
Il pensiero di chi ha superato i quaranta, dinnanzi a questo Scempio che scompare, torna indietro al giorno in cui l’inceneritore fu sequestrato: il 18 dicembre 1998. Fu quello il primo ma isolato segnale che tutta quella folle storia dell’industrializzazione pesante della Falce – coda ben diversa dalla cantieristica navale – poteva realmente cambiare, cioé finire per sempre. A far apporre i sigilli fu l’allora comandante della Capitaneria di porto, il capitano di vascello Carmelo Maccarone, alle cui direttive agiva con coraggio – quale responsabile del demanio-contenzioso – l’attuale comandante della Polizia municipale, Calogero Ferlisi
Ci sono voluti circa quindici anni perché, nel successivo secolo e millennio, ovvero nel 2011, la città di Messina riaccendesse una prima luce della civiltà e del suo orgoglio timidamente ritrovato in questo lembo della Falce, ottenendo dalla Regione un primo intervento di demolizione: caddero allora l’edificio della foresteria e la rampa d’asfalto dalla quale i camion carichi d’immondizia erano invero saliti solo per poco tempo, tanto sconsiderata era l’ubicazione dell’inceneritore, e tanto importanti e in evoluzione le norme da rispettare a tutela della nostra comunità.
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Foto Alessio Villari