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Rio 2016: "inviato speciale" il messinese Andrea Celi

Fra pochi giorni parte. Va a portare un po’ di magia dello Stretto nella cerimonia di apertura delle Olimpiadi di Rio, in programma il prossimo 5 agosto. Andrea Celi, messinese, 40 anni da festeggiare proprio durante il soggiorno in Brasile, figlio del pittore Enzo e dell’esponente del Pd peloritano Lucia Tarro (in più una sorella attrice, Simona) è direttore creativo di Filmmaster Events di Milano, la società che, in partnership con la brasiliana SRCOM, è il produttore esecutivo delle Cerimonie Olimpiche e Paralimpiche di Rio 2016, del viaggio della torcia Olimpica e degli eventi live. Celi, visionario e iperattivo, è capace di interpretare diversi ruoli sia in fase di progettazione sia di produzione: dalla direzione creativa al copywriting (l’arte di scrivere la pubblicità), dal ruolo di autore a quello di coordinatore di team e processi creativi.
«Sono uno specialista, un marine della comunicazione – spiega -. In 10 anni di lavoro, ho ideato oltre 500 format di comunicazione legati agli eventi: sviluppando una grande quantità di progetti, inventando contenuti, scalette, videoclip, presentazioni, format di intrattenimento per aziende pubbliche e private, dai live show alle convention, dai lanci di prodotto ai flash mob». E aggiunge: «Dai club alle società di eventi, mi porto dietro un’unica passione: il Live Entertainment». Celi è laureato in Filosofia con specializzazione in Estetica nell’Università di Messina. Insegna allo IED di Milano nel Master in Event Management. È disegnatore da sempre (influenza paterna, naturalmente) e appassionato di linguaggi televisivi e arte contemporanea.
Con sedi operative a Roma, Milano, Dubai, Londra e Rio, e 35 anni di esperienza, Filmmaster Events è oggi tra le società internazionali leader nel settore degli eventi. Tra i protagonisti delle cerimonie di Rio ci sono personalità di calibro internazionale: Andrucha Waddington, uno dei registi più importanti in Brasile, Daniela Thomas, Fernando Mereilles, conosciuto a livello internazionale per il film “City of God”. Le cerimonie paralimpiche avranno al timone Marcelo Rubens Paiva, Vik Muniz e Fred Gelli, creativo che vanta un Leone a Cannes.
Andrea Celi ha un’esperienza specifica nel campo dei grandi appuntamenti internazionali dello sport. Per capire meglio l’importanza del suo lavoro gli abbiamo rivolto alcune domande.

Sulla serata del 5 agosto e anche sui suoi compiti specifici il segreto è d’obbligo, ma proviamo a capire: quali potrebbe essere il suo ruolo?

«Il nostro team di produzione è a Rio da 4 anni. Io lo raggiungerò in corsa. Lavorare per una delle società di eventi più importanti al mondo e vivere una cerimonia olimpica da vicino, è già una grande conquista. Sarò a stretto contatto con i maestri delle cerimonie e l’intero team. In prima linea come sempre: per imparare, inventare e correre i 100 metri se sarà necessario»

Lei crede negli avvenimenti sportivi che diventano anche intrattenimento sui modelli americani: ci può spiegare meglio questo concetto?

«Siamo nel 2020 e lo sport fine a se stesso non basta più. La gente allo stadio si annoia, preferisce stare a casa. Società e istituzioni sportive europee hanno bisogno degli “Entertain-Men! Figure specializzate nella cultura dell’intrattenimento, capaci di far divertire ed emozionare il pubblico rendendolo protagonista, trasformando l’evento sportivo in un happening memorabile. Negli Usa hanno capito che il vero business è coinvolgere la gente prima, durante e dopo l’evento sportivo in sé (vedi il Super Bowl, la NBA, il mondo del baseball). La gente va allo stadio 4 ore prima del match. Interagisce con una grande quantità di servizi, giochi e attività studiate ad hoc. Gli appassionati e le famiglie partecipano a una festa senza fine, grazie ad un bombardamento di stimoli che vanno al di là del gesto sportivo in sé. Gli speaker sono diventati DJ, il pubblico dialoga con i maxischermi, le coreografie sono interattive. Bisogna imparare dai grandi eventi dal vivo (Coldplay, U2, Burning Man), dai musical, dalla Tate Gallery e perfino dalle tragedie greche. In Europa, qualcosa si muove (vedi lo Juventus Stadium o alcune società inglesi), ma siamo ancora all’anno zero. Bisogna avere idee e coraggio! In tutto questo, i nostri eventi legati allo sport hanno fatto scuola. Gli ultimi sono stati la Cerimonia degli Europei 2016 e lo show di inaugurazione del circuito Formula 1 di Baku. Far ballare uno stadio intero piazzando David Guetta a centrocampo, all’interno di una coreografia incredibile è stato uno show senza precedenti. Autentiche liturgie complesse che aumentano il grado di coinvolgimento delle persone».

Fra i momenti più interessanti della sua carriera ci sono molti altri appuntamenti legati al calcio. Per esempio, l’inaugurazione dello Juventus Stadium nel 2011, e – recentissimo – lo show per la finale di Champion League a Milano. Ci può raccontare come si crea tutto questo?

«C’è un lavoro di coordinamento impressionante. Sono macchine complesse che coinvolgono centinaia di persone con competenze diverse. Il segreto è sempre lo stesso. Se il budget lo permette, devi scovare i migliori. Professionisti che vengono dal mondo del cinema, dell’architettura, dello spettacolo, dei musical, della tv, dei nuovi media. Inoltre, c’è un grande lavoro di ricerca. Devi conoscere alla perfezione il contesto culturale in cui ti muovi. Inaugurare uno stadio di calcio a Torino è diverso dal creare una cerimonia di Formula 1 in Azerbaigian. La capacità di generare emozioni, divertire, sorprendere cambia dal contesto in cui ti muovi. E poi la regia live fa la differenza: ci sono tecniche precise per creare quel ritmo che rende unico l’evento. È come una partitura musicale. Infine devi essere costantemente aggiornato sulle nuove tecnologie, intercettare i trend, osservare quello che accade nel mondo, cosa colpisce la gente, come interagiscono le persone nello spazio. Osservare tutto: dagli stadi ai grandi spettacoli mondiali, dalla fermata dell’autobus al ristorante, dalle piazze ai musei».

E qual è stato il suo ruolo?

«Questi eventi iniziano da lontano. Dietro quello che vedete c’è sempre una gara per aggiudicarsi il lavoro. Il mio ruolo inizia lì. Tutto nasce da un’idea. Devi essere abile a convincere il tuo cliente. Devi essere credibile. Devi emozionarlo ed esaltarlo. Farlo sentire un bambino che non vede l’ora di tuffarsi a bomba in una mega piscina. Il segreto è avere l’idea giusta nei tempi giusti e un super team che sappia raccontarla attraverso un progetto molto articolato. Come la sceneggiatura di un film che poi vivrai dal vivo. Quando poi vinci la gara, inizia la produzione vera e propria. Non si torna indietro. Il mio ruolo continua lavorando sul posto insieme agli altri professionisti. Dirigo la costruzione dei contenuti con registi, coreografi e autori, rimanendo sempre il punto di riferimento creativo per il cliente. E poi, mi è capitato di fare di tutto: l’autore, l’aiuto regista, il coordinatore di facchini. La capacità di leggere le situazioni, mantenere la calma ed essere versatili è fondamentale. Ho avuto maestri diversissimi e ho rubato il più possibile da loro. L’universo degli eventi è una palestra senza eguali al mondo. Non esiste un ambito così trasversale che insegna a gestire così tanti linguaggi diversi tra di loro».

Lei ha fatto moltissime altre cose che non hanno a che fare con lo sport: quali ricorda con maggiore soddisfazione?

«Ogni evento ha la sua storia. Mi è capitato di inaugurare grattacieli, di far divertire 150 mila persone in Piazza Plebiscito per i 50 di Nutella con un evento no stop di 13 ore, di lavorare per Expo, di inventare show a Cinecittà, di creare una convention aziendale in uno stadio, di trasformare il lancio di un SUV in uno show immersivo, di lavorare con i più grandi chef stellati del mondo, di trasformare dirigenti aziendali in frontman, di lavorare per aziende internazionali a Valencia, Berlino, Parigi. Tanti aneddoti. Come quella volta in cui io e Del Piero siamo stati “prigionieri” nell’ufficio di Boniperti che ci dava consigli sulla vita. Indimenticabile. O quando, a Cinecittà, con Giancarlo Giannini andavamo a spiare le ballerine nel back stage. E poi, vedere che un tuo disegno fatto in fretta diventa la coreografia di 20mila persone in una finale di Champions League, fa un certo effetto (Berlino 2015)».

Qual è la sua prossima ambizione?

«Cambiano ogni giorno. Forse troppe. Anche perché ogni giorno succede qualcosa di diverso.
Dico quelle di oggi, in questa caldissima giornata milanese. La mia prossima ambizione è dormire un po’ di più. Poi mi piacerebbe fare un evento a New York, gestire l’intrattenimento e la comunicazione di un Museo di arte contemporanea o di uno stadio, aprire un locale tutto mio a Milano con un format top secret, scrivere uno show teatrale, trasformare un hotel in un teatro, fare un talk show con tutti i miei amici, fare l’attore in un film con Nicholas Cage e poi… organizzare la mostra di mio padre, portare mia madre a Parigi e giocare con mia sorella. Perché io credo nell’entertainment ovunque. Perché vedo quello che non c’è. Io credo nei teatri che diventano dance floor, nei bar che diventano eventi, nelle strade che diventano film giganti».

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