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Il vento della fede
a spingere le Barette

Fotogallery di A. Villari

Gli applausi di massa sollevati ad ogni “’nacata” hanno scandito i tempi di una tradizione che, dopo più di quattrocento anni dalla sua nascita, non smette di incantare. Ha richiamato anche quest’anno migliaia di persone di tutte le età, dalla Sicilia e dalla Calabria, la processione delle Barette, che si conferma l’appuntamento pasquale più sentito nel Messinese. Al suggestivo sfilare “dondolante” delle statue di grande pregio, infatti, arrivavano dalla folla le continue ed appassionate acclamazioni, ora con voci mature di adulti ora con tenere voci di bambini. Alcune donne al passaggio dell’Addolorata si sono portate fin sotto la statua per guidare un collettivo e ripetuto “Viva Maria” davanti a quella che è una delle Barette più apprezzate, insieme con quella dell’Ultima cena. La secolare processione, che rientra nell'ambito delle iniziative promosse a Messina per la Settimana Santa dalla Confraternita “S.S. Crocifisso”, con il patrocinio del Comune, ieri, ha preso il via poco prima delle 18, dalla chiesa Nuovo Oratorio della Pace, dopo i saluti da parte del governatore della Confraternita SS. Crocifisso, Giacomo Sorrenti, ed un momento di preghiera con i portatori. Il corteo ha attraversato le vie XXIV Maggio e S. Agostino, piazza Antonello, Corso Cavour, Tommaso Cannizzaro, Garibaldi, I Settembre, piazza Duomo, dove è stata impartita la benedizione da monsignor Santo Rocco Gangemi, via Oratorio San Francesco, per la “‘nchianata di Varetti”, e via XXIV Maggio, per rientrare quindi in chiesa circa tre ore più tardi. È stato come sempre proprio quello della ‘nchianata di Varetti il momento più atteso e suggestivo. Un corteo carico di fede, emozionante tanto per coloro che vi hanno preso parte per la prima volta quanto per le tantissime persone che hanno spiegato di averlo «seguito ogni anno fin da bambini, per poi continuare con i nostri figli e nipoti». «Lungo questa processione – ha affermato mons. Gangemi –, ho visto tante famiglie giovani portare i loro bambini, ho visto anziani che si appoggiavano al braccio dei loro parenti, ho visto persone con il volto rigato di lacrime. Questo vuol dire che a Messina il patrimonio della fede è ancora vivo. Da qui nasce l’impegno, non spegniamo la fede, la fiaccola che ci è stata donata, ma così come l’abbiamo salvaguardata per noi stessi, adesso consegniamola ai più giovani affinché anch’essi un domani la testimonino a coloro che verranno dopo di loro. Essa è il segno che Messina è veramente rinata, è rinata da oltre un secolo, dalle macerie del terremoto e della guerra, ma vuole rinascere anche dalle macerie di quanto ancora oggi l’affligge». E sono soprattutto le macerie dell’ignavia e della rassegnazione.

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