Il sole splende sugli oltre trentamila che hanno invaso le strade di Messina per gridare la propria opposizione a criminalità e malavita, rendendo onore a tutti gli innocenti che hanno pagato con la morte i folli e deviati piani delle organizzazioni a delinquere o di semplici “soldati del male”.
Messina è libera per “Libera” che ha scelto Messina per l’annuale Giornata della memoria e dell'impegno. È il primo giorno di primavera, trionfa la luce per questa marcia che si rinnova da ventuno anni in tutta Italia e ormai anche all’estero. Una brezza di vento accompagna il corteo che dal concentramento di piazza Juvara ben presto invade la via Garibaldi prima della partenza che scatta poco dopo le 9.
In testa un pulmino dotato di altoparlante che ad ogni sosta scandisce i nomi delle vittime di mafia, alle spalle la marea umana aperta dai cinquecento familiari di coloro che in questa “guerra” tra valori e interessi ci hanno rimesso il bene più sacro, la vita. Sui lati gli scout fanno da cordone, è il simbolo di una terra che si prende per mano.
Il corteo si snoda per quasi un chilometro, ci sono tanti sindaci con le fasce tricolori, alcuni sostenuti dai gonfaloni istituzionali: oltre Messina si riconoscono quelli di Reggio Calabria, Catania, Saponara, Vittoria, Gioiosa Jonica, Polistena, Avola, Cinquefrondi, Santa Venerina, Mesagne, Francofonte. Sfilano issati verso il cielo vessilli e striscioni, che siano identificativi, commemorativi o di lotta. Ci sono associazioni, sindacati, scuole e semplici cittadini. Ci sono i messinesi ma soprattutto migliaia di persone provenienti da ogni parte del Paese, come dimostrano i tanti pullman parcheggiati nel cuore della città. Forze dell’ordine e volontari controllano i varchi, la polizia municipale controlla che il traffico sia scorrevole, anche da questo punto di vista tutto va straordinariamente liscio.
I momenti di raccoglimento si alternano ai cori e agli slogan dei tanti studenti che non hanno voluto mancare all’appuntamento: occhiali a specchio, look ribelli ma idee chiare. Loro non ci stanno, vogliono un mondo diverso dal vuoto lasciato da chi ha agito illegalmente, applicando la legge della sopraffazione e della violenza. Le voci si uniscono ad intervalli, dal corso Cavour alla via Tommaso Cannizzaro. Davanti al Tribunale qualcuno si ferma in segno di rispetto e fiducia, quasi un passaggio di testimone, dalla domanda di verità alla risposta che deve essere di giustizia.
C’è anche chi dai gradini di Palazzo Piacentini si aggrega all'urlo “chi non salta una mafioso è”. Le bandiere colorate segnano la via, da viale San Martino a via I Settembre con rotta verso piazza Duomo, per la conclusione della marcia. Si arriva alla spicciolata. Davanti, nelle prime file, nell’area transennata, si accomodano familiari e rappresentanti istituzionali in ordine sparso, non conta il ruolo che si ricopre ma l’unione di intenti, forza che lega gli uomini. Ci sono diversi deputati e cariche dello stato, il presidente della Regione, Rosario Crocetta e la presidente della commissione parlamentare antimafia, Rosy Bindi. L'adesione va oltre gli steccati politici. Poco dopo le 11 si attivano i “ponti di memoria”, in diretta su RaiNews24, in contemporanea con altri mille luoghi, con la lettura a blocchi di tutti i nomi delle vittime delle mafie.
Le note leggiadre del gruppo “Sinfonietta” cullano il lungo elenco talvolta interrotto dagli applausi, fino alle parole conclusive di Vincenzo Agostino, l’uomo che ha deciso di non tagliarsi più la barba fin quando non verrà fatta pienamente luce sulle morti del figlio Nino e della nuora Ida: «La verità possa illuminare la giustizia». È il messaggio partito dallo Stretto, assieme a quelli che hanno riempito il discorso del personaggio più atteso, Don Luigi Ciotti, per quasi un’ora sul palco allestito ai piedi della Cattedrale: «Abbiamo scelto Messina per stare vicino a chi, in Sicilia come in altre regioni, non si rassegna al malaffare, alla corruzione, agli abusi di potere. Messina perché pensiamo che più che un Ponte che colleghi due sponde servano ponti che allarghino le coscienze e veicolino le speranze, non di grandi opere ma di gesti quotidiani responsabili».
Una sfida da non affrontare però in solitudine, ma divenendo «comunità solidale e corresponsabile», in grado di fare del “noi” non solo una parola ma una crocevia di bisogni e desideri, passando dal grande impegno di forze di polizia e magistrati». La folla si disperde ma i fotogrammi, le sensazioni, la certezza di stare dalla parte di chi non molla resta. Oltre ogni vuoto moralismo.