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Sciotto: "Lascio il Messina solo in mani sicure"

«Il prezzo non c’è: m’interessa l’aspetto progettuale. Lascio da vincitore. Il rimpianto? Italiano»

Camicia bianca di fresco lino, un'abbronzatura pre-estiva da far invidia, la puntualità che fa sempre eleganza: Pietro Sciotto si presenta all'appuntamento con un bel sorriso e tanta voglia di parlare di passato e presente: «Il futuro non so ancora cosa mi riserverà, però sono certo che resterò un grande tifoso giallorosso». Il patron ha una risata dal retrogusto amaro. Conferma di voler vendere il Messina dimostrando, altresì, orgoglio per i risultati raggiunti nella sua gestione. Deluso da una città che poco lo ha appoggiato nel progetto di rinascita, speranzoso che da questo appello possa nascere un futuro più ambizioso per quella che è «la mia creatura».

Pietro Sciotto è un mix di emozioni e sentimenti all'indomani del comunicato in cui ha manifestato l'intenzione di voler cedere il Messina. Il presidente dichiara agli sgoccioli la sua esperienza al timone del club biancoscudato e aspetta che qualcuno bussi alla sua porta per creare le condizioni di un domani migliore.

«È la chiusura di un cerchio. Sono stato l'unico nel 2017 a manifestare interesse per il rilancio del calcio messinese con un preciso obiettivo: riportare il Messina tra i Pro. La strada è stata lunga e irta di ostacoli. Ho commesso tanti errori, anche fidandomi delle persone sbagliate, ma investito tanti quattrini: tutto questo per la mia grande passione verso i colori giallorossi. L'ho fatto più col cuore che con la testa, ma non rinnego nulla. Ho dovuto attendere tanto prima di raccogliere i risultati sperati. Ma gli ultimi due anni mi hanno ripagato di tutti i sacrifici. Una promozione in C e una salvezza sono il frutto di 5 anni di investimenti. Ora è giunta l'ora di passare la mano».

Quali sono le condizioni di vendita?

«Non ho fissato un prezzo, l'unico obiettivo è che l'acquirente potenziale dimostri credibilità e intenzioni serie a sviluppare un progetto a medio-lungo termine per il Messina. In questo momento l'aspetto economico viene dopo quello progettuale: il club ha bisogno di mani solide per crescere ancora di più e risvegliare gli entusiasmi di una città che ha smarrito l'amore verso la propria squadra».

È una decisione irrevocabile?

«In questo momento non sono disposto a tornare sui miei passi. Sono deciso a portare a termine la mia esperienza da proprietario del club. Non voglio minimamente pensare che una squadra che sia chiami Messina non faccia gola a nessun imprenditore. Oggi chi arriva trova una società sana, una base tecnica e un settore giovanile importante. Non è poco».

Nella nota di martedì ha evidenziato che attorno al club di recente ci sono state solo chiacchiere...

«E lo confermo. Non si è mai intavolata una trattativa, neanche nelle settimane in cui è emerso che un gruppo si era avvicinato con intenzioni serie. C'è stato un mediatore sardo che ha agito per conto di una cordata che poi ha preferito defilarsi, non dando seguito alle iniziali intenzioni».

Che Messina è pronto a cedere? Un club sano o con qualche debito?

«Una normale passività di una società ora attesa da qualche scadenza. Bisogna saldare tre mensilità entro il 22 giugno (per una cifra che si aggira sui 300mila euro, ndr) e in più versare gli F24 contribuitivi (da dicembre a giugno dopo proroga della Lega Pro, ndr). Il mio è un club virtuoso e il patrimonio della Serie C rappresenta una grande base di partenza per puntare in alto. Ma solo i referenziati possono presentarsi, non lascerò mai la società in mano a chi non garantisce un futuro importante».

Ritiene concluso, quindi, il suo compito?

«Assolutamente sì. L'ultimo è quello di trovare nuovi proprietari che come me abbiano a cuore le sorti del Messina. Quando si è troppo tifosi si sbaglia per amore. E io ho commesso troppi errori per l'eccessiva voglia di fare bene. Tuttavia, lascerei con l'orgoglio di chi ha fatto il massimo per riportare in alto il vessillo biancoscudato. Nonostante gli errori, le contestazioni, gli insulti, le umiliazioni subite, i giorni vissuti con la gente a urlarmi di tutto e di più, posso dire che lascio da vincitore. Lasciando il calcio rimango un imprenditore di successo e un padre felice di due figli più bravi di me».

L'ultima stagione cos'ha detto?

«Che la salvezza vale quanto la promozione dell'anno prima. Siamo partiti male, andando in affanno e disattendendo i programmi iniziali. Siamo stati costretti a cambiare anche “modus operandi”. Mi sono avvicinato di più alla squadra che a gennaio è diventata una vera famiglia. La pizza del giovedì sera è stata una piacevole novità, i sorrisi e gli abbracci dei ragazzi a fine allenamento mi hanno fatto capire che ce l'avremmo fatta. E così è stato».

Il suo più grande rimpianto?

«Non aver preso mister Italiano nel 2018. Era in vacanza ad Agrigento e aspettava la mia telefonata per fare un salto a Messina e firmare. Ma la contestazione dei tifosi di quei giorni mi fece temporeggiare e così arrivò il Trapani che gli affidò la panchina».

E adesso?

«Stiamo lavorando per completare la documentazione in chiave iscrizione. Non c'è tempo da perdere: chi vuole il Messina sa dove trovarmi».

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