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Il "condor" Riganò è tornato a Lipari...da allenatore

Inizia la carriera nell'isola in cui è nato e ha vissuto momenti magica nella carriera da calciatore: "Rimpianti? L'unico è la Serie D non conquistata a Milazzo, avevamo una squadra fortissima. Ripartire dalle Eolie è una scelta di cuore, ho tanti amici"

Il “condor” torna a volare. Massimo Riganò si rimette in gioco e lo fa dalla panchina, dall'altro lato della barricata insomma. Lui, bomber e calciatore dai piedi buoni, classe '73, ha accettato, nei giorni scorsi l'offerta pervenutagli dal presidente del Lipari Ic, Andrea Tesoriero, che lo ha fatto piombare ala guida tecnica della squadra eoliana dopo l'esonero di Giovanni Di Bartola. E Massimo Riganò non ha potuto dire di no alla squadra della sua terra natìa (da tempo vive a Milazzo), che milita nel campionato di Prima Categoria. Unica formazione, in questo momento, a rappresentare l’arcipelago eoliano in campionato di calcio federali. «Ho accettato subito con grande entusiasmo - ha detto Riganò -. Una scelta di cuore che mi permetterà di tornare a calcare un campo a cui sono particolarmente legato. In società ci sono tanti amici come il presidente Tesoriero, il dirigente Mimmo Parisi e tanti altri. Ho preso il patentino nel 2015 e questa, per me, sarà la prima esperienza da allenatore. Proprio bello cominciare da Lipari».

Con tuo fratello Christian eravate lo spauracchio delle squadre di Eccellenza a metà anni Novanta.
«Che anni! In quattro stagioni con la maglia del Cs Lipari ho realizzato oltre 100 gol. Con mio fratello eravamo una coppia micidiale. Ci integravamo benissimo per le nostre diverse caratteristiche fisiche e tecniche. Ci siamo divertiti tanto».

Christian, poi, ha fatto una carriera straordinaria...
«Lo chiamarono i Massimino e andò a giocare nell'Acr Messina in Eccellenza, per poi passare all'Igea con Gaetano Auteri allenatore, dove vinse la serie D. Il secondo anno di Taranto, fu capocannoniere in C1 con 27 reti e sfiorò la B, consacrandosi definitivamente alle grandi platee. Ero sicuro, quando accettò Firenze in C2, che avrebbe fatto la scalata sino alla serie A. Lo meritava. Adesso, allena in Toscana nei campionati dilettantistici e gestisce una scuola calcio. È stato ed è un esempio per tanti giovani che vogliono emergere».

E tu, perché non hai mai giocato nei professionisti?
«Questione di scelte e di priorità. Ho ricevuto parecchie offerte da club di serie C, ma ho sempre preferito restare in D vicino casa. Ho privilegiato innanzitutto, la famiglia e ne vado fiero. Non ho alcun rimpianto nella mia carriera da calciatore. Mi dispiace soltanto non esser riuscito, all'inizio del millennio, a vincere il campionato di Serie D con il Milazzo. Sono molto legato alla città del Capo ed ho uno splendido rapporto con i tifosi rossoblù. Specialmente nel mio secondo anno con i mamertini, avevamo una squadra pazzesca con Alfredo Aglietti in attacco, Stefano Ambrosi in porta, Gaetano Catalano in difesa e tanti altri bravi calciatori. Ci allenava Andrea Pensabene, fu un vero peccato. Erano gli anni del presidente Cilento».

Il calciatore più forte con cui hai giocato?
«Devo rispondere? (ride, ndr). Dico mio fratello Christian. Ma sono davvero parecchi i giocatori di livello assoluto con i quali ho avuto il piacere di giocare. Mi sono trovato molto bene con Aglietti, con Prete, con Antonio Cannistraci a Capo d'Orlando e potrei continuare ancora».

Adesso, però, inizia un'altra avventura. Con quale spirito?
«Ci tengo molto a fare bene. Questo dovrà essere un anno di transizione per gettare solide basi per il futuro. Ho parlato con la squadra, che sta seguendo un training personalizzato. Non vedo l'ora di cominciare a lavorare con l'organico al completo».

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