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Acr Messina, Sciotto rompe il silenzio: "Sto pensando di lasciare"

Pietro Sciotto

Deluso, sconfortato. Anche sul punto «di chiuderla qui col calcio». Pietro Sciotto torna a parlare dopo mesi di incomprensibile silenzio. Dopo aver metabolizzato l'ennesima delusione e con davanti un futuro sempre più incerto. «Mi creda, non ho ancora preso una decisione sul futuro del club. Sto riflettendo, sono qui per dire all'ambiente che ci sono sempre stato, anche quando ho subìto in silenzio insulti e accuse che mi hanno profondamente ferito».

Il silenzio simbolo della delusione?

«È così. L'amarezza mi ha spinto a fare un passo indietro. Ho preferito stare in disparte quando gli insulti della gente hanno superato il limite della tolleranza. Gli errori fanno parte del gioco, ma nei miei confronti si è andati fin troppo oltre. Ho lasciato il club a mio figlio Paolo, a un certo punto ero così deluso che non riuscivo più a prendere la minima decisione».

Se n'è andata via un'altra stagione deludente vissuta esattamente come le precedenti due tra esoneri, rivoluzioni, ridimensionamento, contestazioni e mancato rilancio...

«Fino a dicembre tutti a dire: “Quest'anno Sciotto ha fatto le cose per bene”. Poi, quando i risultati sono precipitati mi sono trovato tutti contro. Avevo dato carta bianca ai dirigenti del Camaro e al ds Obbedio per disputare una stagione da protagonisti. Un budget iniziale di 750mila euro, poi sforato fino a quasi un milione, non è bastato per invertire la rotta con i primi due anni. Ho fatto tutto quel che mi hanno chiesto. E poi mi sono sentito scaricato. Anche da chi era arrivato per fare ordine in società».

Si riferisce agli ex Camaro?

«Mi hanno deluso. Da loro mi aspettavo certamente di più. E invece hanno sbagliato come tutti gli altri a cui mi sono affidato. Obbedio è uno di questi. La squadra che il ds ha messo su in estate era costosissima e piena di lacune, anche anagrafiche. Contratti altissimi per la categoria, alcuni di durata biennale. Siamo partiti con la zavorra e non ci siamo più ripresi. In tre anni mi sono affidato in società alle peggiori figure che potessi prendere. E i risultati lo confermano».

Non dimentichi che le responsabilità sono sempre di chi è al timone.

«Non lo nego. Sbagliando gli uomini, ho sbagliato tutti i campionati. Ho sempre avallato scelte altrui, poi rivelatesi disastrose. Mi rimprovero di non aver mai fatto una sola annata mettendo in campo tutte le mie capacità imprenditoriali. Sembra esserci una maledizione contro di me in questo mondo. Agli errori si è sempre aggiunto un enorme grado di sfortuna».

L'avversità della piazza, gli scarsi risultati, la concorrenza di un'altra squadra che porta il nome di Messina, il problema stadio: quante volte ha pensato di farla finita col calcio?

«Tante volte. Tuttora sto riflettendo se sia davvero giunto il momento di chiudere qui col calcio. Ho dato tanto, tutto. Ricevendo zero. In tre anni ho tolto quasi un milione e mezzo dal mio conto corrente, soldi guadagnati con la mia attività e sottratti alla famiglia, per incassare solo amarezze. Non ho mai comprato una villa ai miei figli, ma ho investito per il Messina».

Non accetta che venga definito presuntuoso...

«Se lo fossi stato avrei sbagliato con la mia testa. Invece ho sempre accettato le decisioni di chi mi ha affiancato, non tirandomi mai indietro quando bisognava mettere mani al portafoglio. Al primo anno certe dichiarazioni («La B in tre anni» e «In D non serve un ds»), frutto dell'inesperienza, furono strumentalizzate. Tant'è che poco dopo mi affidai a Ferrigno che aggiustò la squadra. Ho sempre pensato al bene primario della squadra. E non mi si dica che abbiamo ridimensionato quest'inverno: sono andati via i giocatori che non valevano quei soldi che guadagnavano e ne sono venuti altri più funzionali alle idee dell'allenatore (Zeman, ndr). Solo che la sconfitta interna col Troina ha dato inizio a una nuova campagna di odio verso la proprietà. La squadra ha sempre subìto questo clima negativo».

Una parte della tifoseria ha smesso di seguire l'Acr. Altri sono in aperte contestazione con il suo operato.

«Vivo male questa situazione. Le offese mi continuano a ferire. Dopo tre anni mi sento stanco e non riesco ad accettare di ricominciare con le contestazioni. S'immagina alla prima partita? E alla prima sconfitta?».

In questo triennio due fattori sono mancati all'Acr: la serenità e la fiducia al gruppo di partenza.

«La serenità la fanno i risultati. E siamo sempre partiti ad handicap. Il primo anno con Venuto, che non ho mandato via io; poi con il mercato di Ferrigno e l'arrivo di Modica ci siamo ripresi, ma i playoff mancati sono una pecca dell'allenatore. Al secondo e terzo anno potevamo arrivare al massimo secondi: con Bari e Palermo, che di base avevano 15mila abbonati, era impossibile battagliare. Ma noi abbiamo continuato a sbagliare. Infantino l'ha portato Polenta, le squadre erano disegnate secondo le visioni dei vari direttori. L'ambiente sconfortato non aiutava la squadra, e si sa quando mancano i risultati è tutto più difficile per una piazza che vuole vincere».

Guardiamo avanti: adesso cos'ha in mente di fare dell'Acr Pietro Sciotto?

«Mi voglio prendere un'altra settimana di riflessione. Sono giorni decisivi per me e la mia famiglia. Non è facile decidere. Da un lato c'è il cuore e la voglia di continuare, dall'altro la ragione mi spinge a pensare che sarebbe da pazzi sfidare ancora la sorte».

Circola una voce in città: Sciotto è pronto a portare il titolo di D a Milazzo. Cosa c'è di vero?

«Assolutamente falsa. Nulla di tutto ciò. Se finisco l'esperienza di Messina, chiudo col pallone. A Milazzo ho fatto calcio nel '94. Durante quell'esperienza dissi proprio alla Gazzetta del Sud che il mio primo amore era il Messina…».

Ha saldato tutte le spettanze della stagione?

«Ho chiuso i conti con staff e collaboratori. Restano in sospeso solo gli emolumenti dei calciatori. A loro devo solo pagare una percentuale (il 20%, ndr) di gennaio e tutto il mese di febbraio. Se ne sono dette tante in questi anni della mia gestione, ma ho sempre pagato i miei giocatori».

Arena e l'Fc chiederanno a Roma il ripescaggio in Serie C...

«Se lui fa il ripescaggio, io divento il primo tifoso dell'Fc. Però sappia che si tratta di un'operazione molto onerosa. Tra fideiussioni cash, iscrizione e tanto altro serve oltre un milione di euro. Se riesce a portare a termine l'operazione, è certamente lui il futuro del calcio messinese. Anche se…».

Dica.

«Le polemiche dei led e dello stadio non le ho dimenticate. Nell'impianto che gestivamo era giusto che il signor Arena interpellasse anche la nostra società. Ora il Comune ci vuole togliere l'accordo per la gestione sino al 2021, ma siamo pronti a difenderci nelle sedi opportune».

Ai tifosi cosa vuole dire?

«Sono dispiaciuto quanto loro. Per me è un fallimento non aver portato il Messina dove avrei voluto. Prima che un presidente sono un tifoso del Messina, se penso a come ho vissuto l'ultimo periodo non mi vedo ancora al timone del club. Ma mai dire mai…».

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