Dopo 258 chilometri e 6h46'41" in sella alla bici, procedendo alla media di 38,064 Km/h, dopo avere bruciato allo sprint il francese Romain Bardet, il canadese Michael Woods e l’olandese Tom Dumoulin, Alejandro Valverde ha pure voglia di ridere: e come dargli torto? Il murciano a 38 anni, dopo avere vinto praticamente tutto, aggiunge una perla a una carriera di magnifiche affermazioni: il Mondiale su strada. Lo fa a Innsbruck, su un tracciato micidiale per durezza, con pendenze che arrivano al 28 per cento e soprattutto al culmine di una carriera lunga, controversa, macchiata dalle accuse - con condanna prima in Italia, poi estesa dal Tas anche alle gare internazionali - di doping. Il suo coinvolgimento nell’Operacion Puerto non è stato mai chiarito del tutto, la Federciclismo spagnola lo ha sempre difeso dalle accuse, evitangogli ulteriori indagini. La favola in chiaroscuro di Valverde, che da non gradito al Mondiale (nel 2007) diventa campione del mondo, somiglia a quella del brutto anatroccolo: il lieto fine c'è e Valverde oggi se lo è goduto tutto, ricevendo la medaglia d’oro del Mondiale austriaco da Peter Sagan, che aveva vinto le ultime tre maglie iridate. Solo per un attimo lo spagnolo ha temuto di veder sfumare il proprio sogno, come gli era capitato altre sei volte (che equivalgono ad altrettanti podi iridati) in carriera: quando l’olandese Tom Dumoulin, al termine dell’ultima discesa, a alcune centinaia di metri dal traguardo, ha riacciuffato i tre fuggitivi, Bardet, Valverde e Woods. Il 'Tulipano volantè, però, si è limitato a una prova di scatto, piantandosi subito e mettendosi a ruota dei tre che si sono giocati lo sprint. Deve essere stato terribile per Tom, quest’anno sempre piazzato, sia pure in modo eccellente. Valverde si è preso la responsabilità di lanciare lo sprint in testa al trio, regolando Bardet e Woods. Quinto il primo degli azzurri, che pure sono stati protagonisti della gara, Gianni Moscon. Il trentino è stato con i primi fino all’ultimo muro, staccandosi progressivamente e giungendo da solo a 13". Un quinto posto che gli fa onore e lo proietta nell’Olimpo del ciclismo. Del resto, non è un caso se un team come Sky decise di puntare su di lui. Bene Damiano Caruso, De Marchi e Brambilla, come Pelizzotti, meno bene Pozzovivo. E Nibali? Vincenzo ha illuso tutti, ma la sua condizione era troppo precaria per sperare: alla fine si è arreso, staccandosi ad alcuni chilometri dalla fine e presentandosi sul traguardo a 6'02". Sarebbe stato impossibile pretendere di più dallo Squalo. Senza quel maledetto incidente al Tour de France, chissà, magari la sua stagione avrebbe preso un’altra piega. Non si saprà mai. «Magari mi aspettavo qualcosa di più purtroppo all’ultimo giro, quando il forcing era veramente molto alto e i chilometri si facevano sentire sulle gambe, è arrivato il black-out, quindi mi sono spento completamente. Cosa posso dire? Penso di avercela messa tutta fino alla fine, purtroppo di più non potevo fare». Così Vincenzo Nibali commenta il 49/o posto nel Mondiale di ciclismo su strada. «Posso però dire di avere fatto parte di un bel gruppo, che è rimasto sempre molto unito: ci siamo parlati e questo è molto importante anche per il futuro», conclude.