E’ un clima da “Day after” quello che si respira in casa Messina dopo la debacle di Barcellona, contro un avversario, tra l’altro, dominato due settimane fa in Coppa Italia. Quello che i tifosi temono è il dover assistere a un inquietante “deja vu”, il ripetersi dell’avvio dello scorso campionato, con quelle sei sconfitte e tre pareggi nelle prime nove partite; una partenza a handicap che costò probabilmente il campionato, e sicuramente la conquista dei play off. Gli ingredienti, del resto, sembrano gli stessi: undici giocatori superiori tecnicamente agli avversari, ma incapaci, in campo, di essere una squadra; la conseguenza, inevitabile, è quella di finire con l’essere presi a pallate, a prescindere dall’avversario che si ha di fronte. Il problema, evidentemente, sta nelle gambe e nella testa. Il gap fisico che questa squadra ancora sconta è sotto gli occhi di tutti, così come lo è una mentalità lontana ancora anni luce dal calarsi nella dura realtà della serie D. Ed è qui che entrano in campo le responsabilità del tecnico. Al di là dell’euforia dell’ambiente per l’arrivo di giocatori del calibro di Genevier o Arcidiacono, in questa fase Pietro Infantino non è stato in grado di “sentire” il polso della squadra, lasciando eventualmente fuori qualche big a vantaggio di chi in questo momento sta meglio fisicamente, o schierando diversamente una squadra che attualmente non può permettersi di giocare con la difesa a tre, né di supportare le tre punte. E’ una fiducia a tempo, quella che mantiene ancora Infantino sulla panchina giallorossa, in questi momenti di riflessione per Pietro Sciotto; la posizione del tecnico è in discussione, anche se un esonero dopo soltanto due giornate di campionato vorrebbe dire disconoscere il progetto tecnico intrapreso.