Occhiali da sole, abbigliamento casual e un sorriso da regalare ai tantissimi fan che hanno sfidato temperature agostane pur di strappargli un selfie o un autografo.
Alessandro Del Piero, reduce dalla gara d’addio di Pirlo («Andrea è stato un grandissimo del calcio»), accende una Taormina invasa da un fiume di turisti nel giorno programmato per presenziare a un evento promozionale. Un “lunch” veloce in un ristorante del corso, l’arrivo tra due ali di folla a Palazzo dei Congressi nel quale a fatica ha fatto ingresso, quindi un breve passaggio davanti a taccuini e microfoni prima di farsi travolgere dall’entusiasmo di tanti tifosi juventini, ma non solo, che lo hanno accolto al grido di “c’è solo un capitano”. Perché l’indimenticato fuoriclasse è e resterà per sempre nell’immaginario del tifoso bianconero, soprattutto negli under 50, “la Juventus” o più semplicemente “il capitano”, icona delle icone di un club che con lui ha vinto tutto quel che poteva vincere, simbolo di più ere a tinte bianconere, dagli anni di Lippi a quelli di Capello e Conte, che Alex ha sempre marchiato con gol e favolose prodezze. Una leggenda bianconera oggi sempre in giro per il pianeta tra eventi, partite-ricordo e la collaborazione con Sky grazie al quale commenterà i prossimi Mondiali orfani - ahinoi! - dell'Italia.
La Sicilia è storicamente un feudo bianconero e Alessandro parte proprio dall’affetto che gli ha sempre dimostrato una terra («meravigliosa, Taormina è un bellissimo colpo d’occhio», ha detto, ammaliato, dalle bellezze del posto e dalla classica vista sullo Jonio) che gli ha anche portato bene: il 15 marzo ‘92 l’avventura professionistica dell’allora diciassettenne Del Piero cominciò proprio da Messina, avversario in Serie B: «Sì, ricordo con grande emozione quel giorno, anche se parliamo di una vita fa: avevo più capelli e meno rughe (ride, ndr)! Era la prima volta con i grandi e l'esperienza al Padova fu fantastica. Poche partite ma molte al Sud. Mi presentai al “Celeste”, poi anche Taranto, Palermo, Andria, tutte unite da un denominatore comune: l’entusiasmo della gente. E come oggi è sempre bello tornare al Sud, certamente una terra che amo».
Dalla Sicilia, poi, la carriera di Del Piero schizzò, anno dopo anno, verso la leggenda. Nel '94 divenne campione d’Italia, l’anno dopo d’Europa e quindi del mondo: una storia meravigliosa in bianco e nero arricchita da altri allori e dalle gioie in Nazionale. Con la notte di Berlino «a rappresentare l'apice della mia vita professionale, la chiusura di un cerchio, la realizzazione a 360° di quanto avevo sognato da bambino». Un Coppa del Mondo da urlo vinta a distanza di tanti anni dagli storici successi con la Juventus di Roma e Tokyo «che metto un pelino sotto nella mia classifica dei trionfi più belli. Tre pagine meravigliose, ma alzare con l’Italia quella Coppa dorata è stato qualcosa di magico».
Un azzurro oggi maledettamente sbiadito da una mancata qualificazione all’edizione in Russia che fa ancora tanto male. E rumore. «È stata una pagina amara e anche imbarazzante per il nostro calcio – sottolinea l'ex numero 10 – ma lacrime e lamentele dobbiamo lasciarle alle spalle e iniziare a guardare con fiducia al futuro. D’ora in poi bisogna pensare a costruire un nuovo ciclo, sperando che sia vincente. Tutti, ovviamente, ci auguriamo che la nuova Italia di Mancini sia il punto di partenza verso qualcosa d’importante, perché il calcio nel nostro Paese è troppo importante per restare ai margini dei grandi eventi e la nostra prestigiosa tradizione parla da sola. Non siamo abituati agli insuccessi, ma la vita impone di guardare avanti».
E conclude con un augurio al neo ct: «Spero che la scelta della Figc sia quella giusta e che i club garantiscano la necessaria collaborazione. L’obiettivo deve essere tornare presto protagonisti, migliorare anno dopo anno e, perché no, un giorno ripetere le gesta più belle. Come successe quella meravigliosa notte a Berlino». Così bella e anche così lontana.
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