Una resa, dolorosa. In un afoso pomeriggio di luglio il Messina dice addio al calcio professionistico. L’epilogo più amaro della gestione Franco Proto si materializza con la mancata deposizione del ricorso avverso la mancata iscrizione, in prima battuta, dei giallorossi al campionato di Serie C. Senza la certezza di una fideiussione valida i dirigenti giallorossi, impossibilitati a trovare soluzione idonea entro il termine ultimo delle 19, hanno alzato bandiera bianca, trasformando una giornata di speranze nell’ennesimo momento sconfortante della gloriosa storia giallorossa. Un finale amarissimo per il club biancoscudato la cui pesantissima esposizione debitoria, unita alle risicate disponibilità finanziarie manifestate da Proto, hanno finito per cancellare dalla mappa professionistica una città senza pace anche nel calcio.
La polizza fideiussoria da 350mila euro la causa di un fallimento che ha radici anche lontane. Il Messina ha provato sino all’ultimo a strapparla agli istituti di credito individuati per un’emissione di tipo assicurativo. Un tentativo risultato vano nonostante la regia a distanza dell’avvocato Mattia Grassani grazie al quale, nei giorni scorsi, i dirigenti avevano allineato il proprio bilancio risparmiando, di fatto, 300mila euro.
Un ponte di speranze tra Messina e Roma crollato intorno alle 17, quando di fronte all’ultimo tentativo andato a vuoto la proprietà ha dovuto suo malgrado rinunciare al ricorso alla Covisoc. Senza fideiussione, il Messina ha evitato di presentare tutto il resto della documentazione. Dai 28mila euro necessari per pareggiare il bilancio del 2016 ai 20mila euro di credito vantati dalla Lega fino all’assegno circolare di 9mila euro necessari per presentare il reclamo. Le liberatorie dei calciatori, firmate dopo un accordo tra le parti, sono rimaste nel fascicolo così come gli F24 per i contributi, operazione da 600mila euro che non ha visto la luce tra la rabbia dei tesserati che ora potranno attingere solo da un fondo di garanzia della Figc che potrebbe non assicurare loro l’intera somma vantata.
La giornata è vissuta con i continui contatti tra la dirigenza, presente al gran completo nello studio del direttore organizzativo Vittorio Fiumanò, e l’avvocato Massimo Rizzo, il delegato della società a raggiungere la sede federale per la presentazione del ricorso. Un passaggio che non ci sarà mai. Il legale, presente a Roma e in attesa di notizie positiva mai arrivate da Messina, non presenterà mai la documentazione al completo per la C. A causa di una fideiussione che i dirigenti mai hanno avuto tra le mani. La “Argo”, l’istituto scelto dalla Lega Pro, quello avente il rating più alto, a rilasciare le polizze per l’iscrizione, non ne ha voluto sapere di sbloccare la situazione avendo inserito l’Acr in una sorta di “black list”: ad aggravare la situazione, oltre all’etichetta negativa del club giallorosso in merito alla passata stagione (polizza poi non ritenuta valida) il “premio” da 12mila euro al broker proprio della stagione 2016/17 mai versato. Negli ultimi due giorni la corsa contro il tempo ha visto l’Acr bussare alle porte di altri due istituti: prima la “Unipol Sai” (che ha chiesto 15 giorni per le verifiche, tempo ovviamente impossibile da rispettare), poi la “Elite”, depennata dalla Lega lo scorso 5 giugno e con la quale, quindi, si sarebbe rischiato un caso Gable-bis. Una corsa terminata quando in città era già rimbalzata la sensazione di non farcela più. Una mazzata per chi ci ha creduto sino all’ultimo, per quei tifosi che hanno dato fiducia cieca alla proprietà sottoscrivendo quasi 1200 abbonamenti – la società presto renderà noti tempi e modalità per la restituzione delle somme –, per una città che ha assistito a una pagina umiliante per l’incapacità di assicurare anche il minimo sindacale per evitare il finale più amaro.
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