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Capo d’Orlando, crisi senza fine
Ecco cosa fare per la salvezza

Capo d’Orlando, crisi senza fine Ecco cosa fare per la salvezza

Capo d’Orlando - Innanzitutto partiamo dai nostri errori e quindi oggi facciamo nuovamente mea culpa. Sia per aver indicato a bocce ferme l’Orlandina tra le possibili candidate all’ottavo posto, sia per aver rafforzato questo convincimento dopo le prime quattro giornate, nelle quali la squadra ha vinto splendidamente tre partite (con una lezione di basket all’attuale capolista Reggio Emilia), perdendo dopo un supplementare a Venezia sol perché al 38’ si è infortunato Bowers, sino a quel momento brillante.

La realtà è ben differente e dice “senza se e senza ma” che abbiamo sbagliato le ottimistiche previsioni. Da quel giorno – era il 1 novembre e si sognava addirittura lo storico aggancio al primato – i biancazzurri hanno infatti incassato nove sconfitte in dieci giornate, con sei ko consecutivi e altrettanti di fila in casa (strisce aperte). Un crollo verticale che ha determinato l’ultimo posto in classifica (in condominio con Torino) ed ha portato all’esonero di Giulio Griccioli, sostituito dal vice Gennaro Di Carlo che sarà presentato nel pomeriggio.

Cos’è successo in 2 mesi?

Anche se manca un turno alla fine del girone d’andata e alla sosta del campionato, anticipiamo il bilancio a fine 2015. E partiamo con una doverosa giustificazione: la squadra è stata aggredita e indebolita da infortuni in serie, quasi tutti di natura muscolare (Ilievski, Jasaitis, Nicevic ma anche Stojanovic prima di essere firmato), oltre a quello di Bowers, un’assenza che soprattutto nella partita con Varese, quella della svolta in negativo, si è rivelata molto pesante.

Sottolineato questo aspetto, ma aggiungendo che altre concorrenti (Bologna, Caserta, la stessa Torino) hanno avuto uguali problemi di infortuni, proprio dalla quinta giornata è finito brutalmente l’effetto-sorpresa che di sicuro è quello che aveva illuso noi e i tifosi. E sono emerse le lacune di un progetto giovani-veterani “made in Europa” – con la presenza di due soli americani – che si è capito presto non avrebbe avuto un grande futuro (noi lo scriviamo dallo stop con Cremona). Sì, perché era diventato fin troppo lampante che costruita così com’è, l’Orlandina avrebbe faticato a trovare con regolarità la via del canestro.

Tutto è diventato tremendamente difficile senza un playmaker e una guardia con punti nelle mani, capaci di creare spazi e di inventare una soluzione offensiva quando il passarsi la palla alla ricerca dell’uomo libero non produce nulla oppure di mettersi in proprio senza paura nelle determinanti fasi finali di un incontro; giocatori bravi anche a penetrare, attirare chiusure e raddoppi e scaricare per il fuoriclasse Jasaitis che piedi per terra o in uscita dai blocchi è una sentenza, ma che in “uno contro uno” è, da sempre, uno dei tanti.

Impietosi numeri di squadra

Nei 60 giorni di crisi nera, l’Orlandina ha realizzato una media di 63.4 punti, fermandosi sotto quota 60 in tre occasioni. E nelle sei sconfitte interne, si è segnato ancora di meno: 62.8! Un paio di statistiche totali - il 29% da tre e le 16.6 palle perse - completano il desolante quadro.

Male i “piccoli”

Non c’è infortunio che possa essere sbandierato come alibi. Laquintana è il migliore dei giovani, ma non può essere utilizzato 25 minuti di media perché alla lunga alterna momenti eccellenti a evidenti errori di gestione e inesperienza, che lo spingono a strafare.

L’ungherese Perl dopo un avvio da rivelazione è tornato sulla terra: spesso parte bene (8 punti con 4 su 4 nel primo quarto contro Avellino), ma quando la partita sale di tono sparisce dal campo (su entrambi i lati).

I 41 anni di Basile non possono essere cancellati dal carisma e dalla classe. L’icona azzurra ci mette tutto se stesso e pure di più, difende come un ossesso ma non segna mai: 3 punti di media, con il 23% al tiro (!). C’è un però: gioca 20 minuti di media (addirittura 30 contro Avellino). Un’enormità, che diventa un problema ma anche un controsenso se c’è la pretesa del progetto giovani da portare avanti a tutti i costi. A Stojanovic bisogna dare tutta la fiducia del mondo. Ha 18 anni ed è reduce da un infortunio. Ma le aspettative sul ragazzo non le abbiamo create noi. E oggi non è Danilovic, ma neppure Flaccadori (Trento), mentre domani gli auguriamo di sbarcare nella Nba. Ma intanto c’è una realtà difficile da affrontare e dopo aver mostrato sprazzi positivi contro Avellino (assist, stoppate e difesa su Nunnally), nella ripresa (oltre 12 minuti sul parquet), quando la temperatura è aumentata, il serbo è naufragato: 1 su 4 al tiro e quattro perse. Aggiornando i numeri arriviamo a 4,7 punti, con il 27% al tiro e 2.5 di valutazione in ben 20 minuti. Aspettare, dopo l’investimento fatto, che possa diventare un fattore è sacrosanto anche perché Stojanovic è in crescita, ma caricarlo di responsabilità ci sembra un suicidio cestistico.

E chiudiamo con Vlado Ilievski, 36 anni il prossimo 19 gennaio. È vero, ha avuto un infortunio che ha spezzato il suo ritmo. Ma senza girarci troppo intorno, il macedone dall’illustre passato è sulla strada del tramonto sportivo. E lo è già da un paio di stagioni. La scommessa con i “vecchi campioni” molto spesso vinta dal management paladino (da Fantozzi, Pozzecco, Wojcik e Soragna sino a Basile e Nicevic) stavolta ha fatto flop. E la storia, con le ovvie differenze, ricorda quella dell’ex prima scelta Jonny Flynn, per la cronaca ancora fermo (purtroppo) dalla breve parentesi di Capo d’Orlando. Le cifre di Ilievski sono impietose: 4,5 punti in 26 minuti, con il 14% da tre (29% totale). Unica luce: i 4.7 assist. Poco per un giocatore che ha 163 presenze in Eurolega.

Gli altri giocatori

Poco da dire. Promosso in blocco il settore lunghi (anche se Nicevic prima dell’infortunio era in calo e Oriakhi non sa tirare i liberi), mentre Simas Jasaitis, così come ci eravamo immaginati, ha avuto una partenza da Mvp della Serie A. Poi le difese hanno cominciato a puntare tutte le attenzioni su di lui, mettendogli le mani addosso e il suo rendimento, senza compagni sul perimetro in grado di “aprire la scatola”, ha avuto una flessione. Ma si deve al lituano l’unico successo nelle ultime dieci gare.

Griccioli & Di Carlo

Il coach senese appena mandato via ha commesso tanti errori, andando spesso in confusione. L’esonero era inevitabile perché non esisteva più la fiducia del club. Ma noi lo avremmo voluto giudicare con una squadra che avesse i giocatori e i ruoli giusti nei posti giusti.

La soluzione interna Di Carlo? Il tempo ci dirà se è stata scelta corretta. Una cosa però è chiara: dopo che Vitucci, Caja e Calvani hanno trovato sistemazione in corsa, un allenatore pronto ad affrontare di petto la crisi orlandina sul mercato non c’era più. Anche perché la bacchetta magica non l’hanno ancora inventata.

Cosa fare per salvarsi?

Con tutte le avversarie dirette che si sono rinforzate (o lo faranno) in maniera rilevante (basti pensare a Cantù, Torino e Pesaro), bisogna inserire subito in quintetto un play-guardia e un esterno con spiccate doti offensive, rispettando la formula del 3+4 (quindi anche due americani, considerato che Oriakhi ha passaporto cotonou). In uscita dalla panchina, oltre alla saggezza di Basile, ecco il migliore utilizzo per il trio Laquintana-Perl-Stojanovic che avrebbe l’opportunità di offrire un prezioso contributo, senza la necessità di fare pentole e coperchi.

La società

Fiducia massima. Abbiamo l’assoluta convinzione che Enzo Sindoni troverà il bandolo della matassa, individuando le necessarie contromisure per battere la crisi.

L’artefice di una delle più belle favole sportive nazionali è pronto a tutto pur di non vanificare l’oneroso ripescaggio di un anno e mezzo fa, centrando per la quinta volta quella salvezza sempre conquistata sul campo in Serie A.

A Capo d’Orlando, ne siamo certi, nessuno vuole fare come Tafazzi, il personaggio interpretato 20 anni fa in “Mai dire gol” da Giacomo (del celebre trio con Aldo e Giovanni), la cui principale caratteristica era il masochismo.

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La presentazione

Oggi alle 16.30, nella sala stampa “Daniele Di Noto” sarà presentato a stampa e tifosi il nuovo coach Gennaro Di Carlo, che prende il posto di Giulio Griccioli. Insieme al nuovo tecnico dell’Orlandina ci saranno il presidente Enzo Sindoni e il direttore sportivo Peppe Sindoni.

Gennaro Di Carlo è nato a Santa Maria Capua Vetere ed ha 42 anni. Ha iniziato la sua attività di allenatore con le selezioni Under a Caserta. Ha ricoperto il ruolo di capo allenatore in B Dilettanti a Maddaloni, alla Lottomatica Roma in Serie A maschile è il vice di Gentile e poi di Boniciolli. Nel massimo campionato affianca anche Alex Finelli a Montegranaro. Esperienze anche a Imola, Sant’Antimo, Scafati e Treviso.

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