Col passepartout della gentilezza, George James ce l’ha fatta. Una storia di coraggio e determinazione, cominciata con sole incertezze nel bagaglio con cui ha lasciato l’India 17 anni fa. Oggi imprenditore pattese, ha creato la sua attività raggranellando al centesimo il budget per dare sfogo ai suoi sogni, mossi dal desiderio di migliorare la sua esistenza e quella della sua famiglia. Partito dal Kerala con l’animo in pena di chi non avrebbe visto nascere il secondogenito nel grembo della moglie, si è separato anche dal figlio di due anni, troppo piccolo per capire i sacrifici a cui i genitori stavano andando incontro anche per lui. In Italia, ha affrontato la solitudine di chi, non conoscendo la lingua, non può nemmeno verbalizzare i sentimenti. Ad aiutarlo il garbo dello sguardo con cui comunicava anche con gli anziani che inizialmente ha accudito come badante, fin quando dai volantini dei supermercati ha cominciato ad acquisire le prime parole. Di quella parentesi, George si porta ancora dietro l’affetto delle famiglie con cui è a tutt’oggi in contatto. Un lavoro condotto con rispetto e devozione, ma lontano dalla sua professione di commerciante. Diplomato in Tecniche bancarie, prima di partire era infatti proprietario di una ferramenta, poi chiusa per la crisi economica, ma l’animo da imprenditore non ha mai smesso di pulsare: «Aiutavo i miei connazionali in arrivo in Italia a sbrigare le pratiche nei patronati, mi chiedevano come poter mandare i loro risparmi alle famiglie rimaste a casa, da qui – racconta George – l’idea di aprire nel 2014 un money transfer, che ho accostato a un minimarket. Pagare l’affitto non sarebbe stato un investimento, e quindi ho stretto forte la cinghia fino ad acquistare le mura».
È nel cuore del centro pattese che oggi alza tutti i giorni le saracinesche, nuovo inizio di una storia in divenire: «Il mio primogenito, oggi 18enne, mi ha appena raggiunto, il resto della famiglia lo farà il prossimo anno. Per loro la mia mente continua a puntare a nuovi traguardi». Ma qual è la casa di George? «Sono una pianta sradicata da un terreno e interrata in un altro. C’è voluto tempo e impegno per farla tornare verde, in attesa dei frutti. L’India è mia madre, l’Italia mi ha nutrito, senza entrambe non sarei l’uomo che sono oggi. Non ho parole per esprimere la mia gratitudine».
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